Xi, più volte chiamato “nuovo timoniere” dai media (sulla scia del “grande timoniere” Mao Zedong e il “piccolo timoniere” Deng Xiaoping), sembra pensare a progetti che riguardano anche le auto. La fine del controllo del fondatore di Alibaba su Ant Group sembrava aver mandato in archivio la stretta alle Big Tech cinesi. Ma le mosse del Partito su ride-hailing e non solo danno segnali opposti. Il resoconto dal nostro inviato in Asia
Secondo indiscrezioni circolate nelle ultime settimane, il Partito comunista cinese sta valutando il possibile lancio di un servizio di ride-hailing a controllo statale. Non c’è ancora l’ufficialità e le autorità hanno per ora rallentato, ma la sensazione di fondo è che non sia ancora arrivata la frenata decisiva sulla grande stretta sulle Big Tech cinesi. E Xi, più volte chiamato “nuovo timoniere” dai media e funzionari cinesi negli ultimi tempi (sulla scia del “grande timoniere” Mao Zedong e il “piccolo timoniere” Deng Xiaoping), sembra pensare a progetti che riguardano anche le auto.
Xi Jinping
Il progetto si chiama Qiangguo Jiaotong, traducibile come “trasporto forte della nazione”, e ne hanno parlato direttamente i media di Stato cinesi. Sia Quotidiano del Popolo (l’organo di stampa ufficiale del Partito comunista cinese) e il Beijing Daily (quotidiano della sezione del Partito di Pechino) hanno spiegato che la Cina lancerà una piattaforma di trasporto di proprietà statale che includerà servizi di ride-hailing e di volo. Qiangguo Jiaotong avrebbe già completato i test interni e presto dovrebbe lanciare i suoi servizi per il pubblico.
Ride-hailing e volo in mano al Partito?
La ragione del lancio del programma, così come spiegato direttamente dai media cinesi, è il contrasto “all’espansione disordinata e i problemi di sicurezza dei dati che esistevano un tempo nell’industria del car-hailing online”. Il ministero dei Trasporti ha smentito la notizia, dopo che questa aveva però già aumentato la preoccupazione di un settore che sperava di essere uscito dalle strette maglie della “campagna di rettificazione” lanciata dal governo cinese nell’autunno del 2020 con la mancata quotazione di Ant Group e che sembrava essere terminata con la cessione del controllo della maggioranza delle quote del braccio fintech da parte di Jack Ma lo scorso gennaio. Eppure, c’è chi ritiene che la smentita possa servire più che altro a calmare le acque agitate di un comparto che ora ha bisogno di ritrovare fiducia per contribuire a rilanciare la crescita cinese. Ma il progetto potrebbe presto o tardi trovare la luce. Anche perché i dettagli forniti dai media di Stato, solitamente piuttosto parchi di informazioni così precise se non si tratta di notizie certe, sono molti.
La piattaforma sarebbe stata creata con il coinvolgimento di Xuexi Qiangguo, una piattaforma web e mobile creata per diffondere la filosofia di Xi Jinping. Addirittura, si prevede che alla fine conquisterà oltre il 90% del mercato del ride-hailing. Anche perché la piattaforma dovrebbe essere collegata a WeChat, Alipay e Douyin, la versione cinese di TikTok. Vale a dire tutte le applicazioni più diffuse nella Repubblica Popolare.
I timori di Didi Chuxing
Didi Chuxing, il colosso cinese che ha battuto internamente la concorrenza di Uber e che negli ultimi anni si è lanciata anche in decine di paesi a livello internazionale osserva con attenzione per capire se la nuova piattaforma si limiterà a consolidare queste app private o se introdurrà anche i propri servizi di ride-hailing. Anche perché Didi aveva ricevuto segnali positivi negli ultimi tempi. Proprio a gennaio, l’applicazione principale dell’azienda è tornata negli app store cinesi per iOS e Android, un passo fondamentale per la società per riprendere pienamente la sua attività dopo che Pechino le aveva vietato di registrare nuovi utenti per 18 mesi. Divieto finalmente decaduto, anche se ha lasciato le sue ferite. Tra luglio 2021 e dicembre 2022, gli ordini mensili ricevuti da Didi sono crollati quasi della metà. Nello stesso periodo, alcuni dei suoi rivali più forti come Meituan – il gigante delle consegne di cibo a domicilio che si è espanso nel territorio di Didi nel 2017 – e T3 – una joint venture di tre case automobilistiche statali – hanno visto i loro ordini aumentare rispettivamente del 63 e del 103%.
Ora che Didi ha visto nuovamente la luce, spera di non dover competere con un concorrente imbattibile: lo Stato. Ma nelle ultime settimane sono arrivati segnali contrastanti sull’allentamento o meno della stretta tech. Da una parte il via libera alla distribuzione di nuovi videogiochi a Tencent, dall’altra l’intenzione di acquisire “golden shares” all’interno dei colossi tech, che darebbero al Partito la possibilità di orientare in modo ancora più incisivo le scelte e le politiche dei giganti privati. Ammesso e non concesso che la briglia sia stata effettivamente allentata, questa non verrà sciolta. La rettificazione ha lasciato spazio a un settore privato “normalizzato” in cui nessuno può pensare di dominare il proprio segmento di mercato da una posizione di monopolio, soprattutto se non si muove in completo allineamento strategico con le necessità nazionali. Anche Didi non potrà guidare da sola. Può al massimo sperare che alla fine Xi non voglia mettere direttamente le sue mani sul volante.