Scarsi investimenti e stadi anti-tech penalizzano le startup sportive. Ma c’è ci fa la differenza tra dispositivi hi-tech e tessuti innovativi. Federico Smanio, ex calciatore oggi Ceo di Wylab e program director di WeSportUp e Vincenzo Rollo, Operations Manager, raccontano problemi e prospettive dell’ecosistema
Gli italiani allo sport e al benessere individuale ci tengono. E la pandemia ha rappresentato uno stimolo in più per concentrarsi sul proprio stato psico-fisico. Le startup attive nel settore in Italia ci sono; in particolar modo negli ultimi due anni, alla luce dei vari lockdown, sono sbocciate tante realtà dedicate soprattutto agli allenamenti individuali. Se, da un lato, c’è un ecosistema che vuole crescere, da un altro gli investimenti nel settore sportivo sono veramente scarsi. A penalizzare le nascenti idee innovative non è soltanto la poca attenzione da parte degli investitori al settore ma anche il fatto che i nostri stadi siano davvero poco all’avanguardia. Abbiamo fatto una panoramica sull’argomento con Federico Smanio, ex calciatore, CEO di Wylab e program director dell’acceleratore WeSportUp e Vincenzo Rollo, Operations Manager di WeSportUp.
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Startup sportive in numeri
«Negli ultimi 2 anni, a livello globale sono stati investiti 23 miliardi di dollari in startup che si occupano di sport: un incremento netto se paragonato al 2018, quando se ne contavano 3.7 miliardi. Per metà si tratta di finanziamenti in startup di fan experience, per il 40% dedicate alle performance e il 10% di management. Gli investitori, a livello mondiale, premiano soluzioni rivolte al consumatore finale», racconta Federico Smanio a StartupItalia. Ma se questo è il trend globale, in Italia non si verifica la stessa situazione.
«Nel nostro Paese si investe meno, siamo stati 25esimi a livello globale per 5 anni e siamo 20esimi nell’ultimo anno, con 37 milioni di euro investiti in startup in Italia nello sport lo scorso anno – continua Smanio – E anche i settori di interesse si invertono rispetto alla tendenza globale: il 55% degli investitori italiani premia le startup che si occupano di performance, il 25% di fan experience e la restante parte di organizzazione. In generale, le startup italiane sono più propense a creare software e piattaforme di gestione mentre scarseggiano quelle che si occupano di fan experience».
I dati emergono anche dall’ultimo report diffuso da SportstechX, che si è occupato di analizzare il settore su scala globale. Ma quale è la ragione di questa inversione di trend tutta italiana? «Nel nostro Paese le organizzazioni sportive lavorano tanto sulla fan experience ma non ci sono stadi moderni dove poter applicare le nuove tecnologie – continua Smanio – Inoltre, le startup fanno fatica a superare lo stadio preseed prima di presentarsi con una value proposition solida. Siamo molto distanti da altri scenari come quello francese e tedesco, dove si investono miliardi di euro in realtà sportive, ma c’è speranza».
Un ecosistema che deve crescere
Quello delle startup dedicate allo sport è un ecosistema che deve ancora maturare. A livello nazionale c’è soltanto un grande acceleratore di riferimento: WeSportUp, nato da un’iniziativa di Cassa Depositi e Prestiti con Sport e Salute, la società statale che promuove lo sport e i corretti stili di vita. Al suo interno, Wylab, il primo incubatore italiano che si occupa di startup che sviluppano tecnologie e soluzioni innovative per lo sport dal 2016 e StartupBootCamp, uno dei più grandi acceleratori a livello globale, contribuiscono a formare un network per il matching tra startup e investitori. «L’anno scorso abbiamo accelerato 9 startup con l’aiuto di 60 mentor – spiega Vincenzo Rollo – Tra le candidate, il 60% erano italiane, molte della quali si occupano di management per i gestionali dei club e le organizzazioni, altre di performance e, inoltre, in diverse trattano soluzioni per trovare luoghi dove allenarsi e corsi. Poi c’è chi si occupa di blockchain, NFT, nutrizione, fisioterapia, ecc.. Poche sono quelle che propongono soluzioni per gli stadi e gli impianti sportivi».
La pandemia ha permesso di fare un salto nello sportech. Con l’obbligo del lockdown, le app di allenamento individuale e personal training sono, di fatto, esplose. Ma il rovescio della medaglia fa anche riflettere sul fatto che avere a disposizione un personal trainer in presenza non è, certamente, la stessa cosa rispetto all’allenamento a distanza, anche perché il professionista riesce a individuare e correggere gli errori: cosa che, da remoto, risulta molto difficile. «Sicuramente, un valido consiglio è quello di selezionare sempre con cura le app che si scelgono di seguire – continua Vincenzo – Informarsi sul team che ha costruito quella piattaforma e ottenere consigli professionali è essenziale per il proprio benessere. D’altro lato, seguire gli allenamenti tramite app è un’opzione più economica rispetto alla presenza e gli incentivi a fare sport come il “contapassi” o la possibilità di ricevere un reward per l’attività compiuta rappresentano un valido stimolo a fare sport. La modalità ibrida, secondo la mia opinione, rappresenta una valida opzione».
Mancano gli investitori
«WeSportUp sta mettendo in piedi una struttura seria, ma manca ancora una spinta culturale per aprirsi all’innovazione e c’è un comparto che deve lavorare con le startup: gli investitori – afferma Smanio – Il settore dello sport è ancora percepito come mercato di nicchia, ma in realtà la cassa è di grande risonanza e noi stiamo facendo la nostra parte con un grande impegno. La nostra seconda call, rivolta a startup nazionali e internazionali, punta a espandere il network che già abbiamo costruito spingendosi anche oltreconfine. Il mercato italiano è comunque molto attrattivo e lo testimoniano anche i nuovi partner di eccezione che ci supportano in WeSportUp, come la Juventus: segnali che fanno ben sperare. Spesso le startup partono dallo sport come settore di riferimento ma poi si propongono con soluzione per l’healthcare, l’industria pesante, la prevenzione del rischio, creando un network assolutamente virtuoso».
Da calciatore a imprenditore
Noi di StartupItalia abbiamo colto l’occasione di intervistare Smanio, ex calciatore, per chiedergli quali sono i valori che ha appreso dallo sport e che lo hanno aiutato nel suo percorso imprenditoriale. Ci ha risposto così: «Chi ha vissuto la fatica di fare sport ad alti livelli è vicino all’imprenditore. Ci sono determinate caratteristiche come la resilienza, la capacità di reagire alle sconfitte, l’adattamento, l’abilità di superare gli ostacoli e di lavorare in team che sono essenziali anche nel mondo dell’imprenditoria. Infatti, questi valori li ho capiti davvero quando ho iniziato a lavorare con le startup. Quando un atleta arriva al termine della propria carriera professionale, accusa un contraccolpo psicologico ma lavorare con realtà di alto livello gli permette di iniziare un nuovo percorso da un’altra prospettiva, in nuovo network, sviluppando nuove competenze: aspetti che mi fanno pensare al matrimonio perfetto».
Tutte le startup dello sport (in aggiornamento)
Di seguito trovate un elenco delle startup e PMI che si occupano di sport mappate da StartupItalia. Nella filosofia della nostra redazione, è una lista e non una classifica e, soprattutto, si tratta di un articolo aperto perciò aspettiamo le vostre segnalazioni: scriveteci alla nostra mail [email protected] per aiutarci a renderla sempre più esaustiva.
Beaths, brand italiano di abbigliamento streetwear per chi ama il gaming e l’esport attraverso un linguaggio innovativo e moderno, costruito a colpi di bit negli ultimi anni;
Care, tramite smartocker e box, propone non solo attrezzatura sportiva a portata di mano ma anche gli strumenti in grado di creare le circostanze adatte a fare allenamento ovunque, laddove possibile;
Cube Controls è tra i maggiori produttori internazionali di volanti per il sim racing (i simulatori di guida) disegnati, sviluppati e realizzati completamente a mano;
Eathlon offre servizi digitali di nutrizione personalizzata con soluzioni nutrizionali tailor made sulle esigenze dei clienti sfruttando l’intelligenza artificiale;
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