Nuova puntata della rubrica di Franz Russo sui Social Media che cambiano. Twitter e Elon Musk sei mesi dopo l’acquisizione, con gli utenti divisi tra innovazioni e provocazioni
Continuando il nostro viaggio per scoprire come i Social Media stanno cambiando e verso quale direzione decideranno di indirizzarsi alla ricerca di una nuova identità, non si poteva non citare e analizzare i sei mesi che Elon Musk ha appena trascorso come nuovo proprietario di Twitter. Si tratta di un periodo importante, da qualsiasi parte lo si guardi, perché indicativo di un cambiamento importante nel mondo dei social media. Certo un cambiamento a tratti turbolento, come quello generato da Elon Musk su Twitter, ma sicuramente indicativo di un forte cambiamento. Perché un elemento è ormai chiaro. Il cambiamento in atto comporterà una conseguenza inevitabile: indietro non si torna più. Sia chiaro, andare avanti no significa sempre che le cose procedano bene per tutti, ma è evidente che questo cambiamento finirà per modificare per sempre i Social Media che non saranno più come li abbiamo conosciuti nel corso di questi 15-20 anni.
A fine ottobre del 2022, Elon Musk diventava formalmente il proprietario di Twitter, la piattaforma co-fondata da Jack Dorsey nel 2006, che nel corso degli anni è riuscita a ritagliarsi una posizione salda come strumento attraverso cui condividere, anche in tempo reale, informazioni e notizie. L’acquisizione da parte del proprietario della Tesla viene vissuta come uno shock. Da subito, Elon Musk, senza definire il suo progetto d’azione, inizia il suo programma di licenziamenti, con lo scopo, lo dirà molto più tardi, di snellire la società considerata “pesante” e dare vita a Twitter 2.0.
Musk mani-di-forbice per Twitter
Appena insediato, Elon Musk inizia a licenziare i top manager, tra cui il CEO, Parag Agrawal, il CFO, Ned Segal, il responsabile degli affari legali e della policy, Vijaya Gadde, il CTO Mike Montano, il CPO Kayvon Beykpour e il general counsel Sean Edgett. Per poi continuare a tagliare drasticamente la forza lavoro di Twitter, riducendo il numero dei dipendenti dagli oltre 7.500 ai 1500 attuali. Musk ha giustificato questa decisione affermando che Twitter era sovradimensionato e inefficiente, e che voleva rendere la società più snella e agile. Ha anche promesso di reinvestire i risparmi ottenuti dal taglio dei dipendenti in nuove funzionalità e servizi per gli utenti e gli inserzionisti. E comunque, molti ex dipendenti di Twitter hanno denunciato le modalità con cui sono stati licenziati, accusando Musk di averli trattati con disprezzo e arroganza. Alcuni hanno raccontato di aver ricevuto una semplice email con la comunicazione del licenziamento, senza alcuna spiegazione o ringraziamento. Altri hanno affermato di essere stati convocati in una riunione virtuale con Musk, in cui l’imprenditore avrebbe pronunciato la frase “You’re fired” (sei licenziato) a tutti i partecipanti, senza dare loro la possibilità di replicare.
Queste testimonianze hanno scatenato una forte indignazione sui social media, dove molti utenti hanno espresso solidarietà ai lavoratori licenziati e criticato l’atteggiamento di Musk. Alcuni hanno anche lanciato una campagna di boicottaggio di Twitter, invitando gli utenti a cancellare i loro account o a passare ad altre piattaforme concorrenti, come Mastodon ad esempio. Il programma di ridimensionamento di Twitter, che nel frattempo è diventata una società privata, dopo il delisting da Wall Street, e si chiama X Corp., ha proseguito fino a mettere in fuga buona parte degli inserzionisti da sempre fedeli a Twitter. Una fuga provocata dal timore che la piattaforma si trasformasse in qualcos’altro, visto che le prima mosse di Elon Musk avevano come obiettivo quello di permettere a tutti di esprimersi liberamente. Un approccio che ha finito per rendere la piattaforma sempre più di parte, lasciando agli utenti di Twitter la percezione, spesso fondata, si ritrovarsi all’interno di una piattaforma profondamente cambiata, sempre più lontana da quella che da sempre ha, per davvero, dato voce a tutti, sempre nel rispetto delle sensibilità altrui e nel rispetto dei contenuti da condividere. E cioè che non fossero contenuti d’odio, spam, disinformazione.
Il cambiamento dell’algoritmo, quello che ha introdotto le due sezioni principali “Per te” e “Seguiti” è il frutto di questo nuovo corso. L’algoritmo ora riprende un po’ quello che fa TikTok e quindi nella sezione “Per te” ci si imbatte spesso in contenuti di account che non si seguono, con cui spesso non si condividono neanche le idee. La variabile presa in considerazione è il tempo trascorso su un tweet e non più l’interesse verso lo stesso contenuto. Una condizione questa che ha generato ben più di un malumore tra le aziende inserzioniste di Twitter che hanno vissuto con molta preoccupazione questa transizione. Le aziende advertiser erano preoccupate da un allentamento nei controlli sui contenuti e da una perdita di reputazione, per il fatto di continuare a investire in pubblicità su una piattaforma che viene progressivamente percepita come di parte. Secondo alcuni dati, il fatturato pubblicitario di Twitter è calato del 15% nel primo trimestre del 2023, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, quando era ancora una società quotata in borsa.
Musk ha cercato di rassicurare gli inserzionisti, spiegando che Twitter non sarebbe diventato “un inferno aperto a tutti” e che sarebbe stato un luogo dove “si può dire qualsiasi cosa senza conseguenze”. Ha anche promesso di introdurre nuove funzionalità per rendere più efficace e trasparente la pubblicità sul social network, come la possibilità di modificare i tweet dopo averli pubblicati, di scegliere il target e il budget delle campagne e di monitorare le performance e il ritorno sull’investimento. Ma nonostante le rassicurazioni da parte di Musk, non tutte le aziende si sono fidati delle parole di Musk, che si è guadagnato la fama di essere un provocatore e un visionario, spesso in contrasto con le autorità e i regolatori. Alcune grandi aziende, come Coca-Cola, Nike e McDonald’s, hanno deciso di abbandonare definitivamente Twitter e di spostare i loro budget su altre piattaforme social, come Facebook, Instagram e TikTok. Altre, invece, hanno preferito aspettare e vedere come si sarebbe evoluta la situazione, mantenendo una presenza ridotta o sperimentale su Twitter. Se le aziende smettono di investire in pubblicità su Twitter la stessa piattaforma rischia di essere messa in difficoltà. E questo perché Elon Musk ha promesso di portare la società a realizzare 3 miliardi di dollari entro la fine del 2023. Un obiettivo che corrisponde a più della metà di quello che aveva previsto la società di Jack Dorsey prima dell’acquisizione.
Le reazioni all’arrivo di Musk
Se guardiamo ai numeri, più della metà dei primi 1000 inserzionisti su Twitter, riferendoci sempre a prima dell’acquisizione, ha smesso di fare pubblicità sulla piattaforma a partire da febbraio, secondo i dati forniti dalla società di analisi di marketing digitale Pathmatics. Dei 10 principali inserzionisti di Twitter prima dell’acquisizione, solo sei fanno ancora pubblicità sulla piattaforma. Questo incide sui profitti di Twitter: Le entrate sono diminuite di oltre il 40%, secondo un rapporto di dicembre del Wall Street Journal. Sembra che meno persone visitino anche il sito web di Twitter, dove gli inserzionisti creano le campagne pubblicitarie: Il numero di utenti che hanno visitato la pagina del portale pubblicitario di Twitter è sceso del 18% a febbraio rispetto all’anno precedente, secondo i dati della società di digital intelligence SimilarWeb. Senza dimenticare il brutto pasticcio fatto con l’introduzione della spunta blu legacy, che ha avuto forti ripercussioni anche sulle aziende. Nel programma di verifica per le aziende, per ottenere la spunta color oro si deve pagare 1.159 euro al mese, più 61 euro al mese per ogni account affiliato. Una condizione che può essere ovviata, per le organizzazioni, spendendo in pubblicità la cifra equivalente. Anche se qualche giorno fa Elon Musk ha twittato che su questo ci sarà molto da rivedere, visto che quella cifra riguarda le grandi organizzazioni e bisognerà realizzare un programma per le piccole e medie imprese. Ovviamente non ha fornito altri dettagli.
Twitter in numeri
Dal punto di vista degli utenti, invece, l’acquisto di Twitter da parte di Musk ha avuto effetti contrastanti. Da un lato, molti hanno apprezzato la maggiore libertà di espressione garantita dal nuovo proprietario, che ha riabilitato alcuni account controversi, come quello dell’ex presidente americano Donald Trump, cancellato dopo l’assalto al Congresso del 6 gennaio 2021. Da un altro lato, però, molti hanno criticato la scarsa moderazione dei contenuti e la diffusione di fake news, odio e violenza sul social network. Sempre Elon Musk ha chiesto attraverso un sondaggio ai suoi followers che impressione hanno di Twitter sei mesi dopo. E quando mancano poche ore alla chiusura del sondaggio il 56% dei suoi follower ritiene che Twitter sia cambiata in meglio.
Ma c’è, forse, un fatto che meglio di altri accaduti in questi sei mesi spiega un po’ quale sia la filosofia di Twitter, targato Elon Musk. E il riferimento è all’altro pasticciaccio creato con Substack. Brevemente, la piattaforma di newsletter, e blogging, sta ormai crescendo a dismisura rischiando, ora, di diventare un ulteriore concorrente della piattaforma Twitter che sta modellando Elon Musk. Ricordiamo che Elon Musk ha abbattuto il limite dei 280 caratteri, per gli abbonati a Twitter Blue, portando a 10 mila caratteri. Proprio con l’obiettivo di rendere Twitter una piattaforma più estesa, trasformandosi in altro rispetto a quello che era, e rappresentava, in origine. Ebbene, Substack, il mese scorso, ha lanciato una funzionalità, denominata Notes, che permette ai suoi utenti di pubblicare brevi contenuti. Una modalità che ricorda molto i tweet. Il risultato è che questa funzionalità ha fatto andare su tutte le furie il patron di Twitter, al punto di bloccare la condivisione dei link di Substack su Twitter, proibendone la promozione di fatto, rendendo non più rintracciabile, per un po’ di tempo, la parola “substack” sul motore di ricerca interno che restituiva solo risultati per “newsletter”.
Mentre Twitter sosteneva che non ci fosse alcuna operazione di oscuramente, nei fatti si metteva in pratica una operazione di censura sulla piattaforma dove “tutti possono esprimersi liberamente”. Il caso ha fatto molto discutere proprio per il fatto che è avvenuto tutto quello che Elon Musk riteneva impossibile che accadesse sulla piattaforma, facendo cadere una spessa ombra sul modo in cui Musk intende per libertà di espressione.
Twitter è sempre Twitter (anche con Musk)?
La situazione si è poi risolta nel giro di pochi giorni ma certamente Twitter e Elon Musk non hanno brillato come nuovi paladini della libertà di espressione. Si tratta di una vicenda pratica che spiega bene quale sia il timore per le aziende di continuare ad investire in pubblicità su Twitter. Al di là di ogni considerazione, Twitter continua, tutto sommato, a mantenere il suo ruolo perché sono le persone a determinare una piattaforma, sulla base delle caratteristiche della stessa, cosa che Elon Musk continua ad ignorare. Ma certo è che se il cambiamento in atto va in questa direzione, prima o poi, come sta accadendo, quelle stesse persone saranno costrette a ricreare le condizioni ottimali per ridare vita ad una nuova forma di Twitter però altrove. Anche se una versione come Twitter non sarà ma i più replicabile, da nessuna parte. E questo è un vero peccato.