L’intervista al Ceo Hassan Metwalley, imprenditore italo-egiziano. L’azienda ha sede a Torino e ha un team di 35 persone. Il lead investor del round è Sinergia Venture Fund
Un passato prima nel mondo della consulenza e poi nel settore IT di un’azienda storica come Ferrero. Infine il salto nell’ecosistema startup, grazie al dipartimento di tech transfer del Politecnico di Torino che a quel team impegnato sulla cybersecurity aveva suggerito: perché non aprite un’azienda? A 36 anni, l’italo egiziano Hassan Metwalley ricorda così le origini di Ermes Cyber Security, startup innovativa che ha da poco chiuso la prima tranche del Serie A con 3 milioni di euro grazie al lead investor Sinergia Venture Fund. La chiusura ufficiale del round con l’ingresso di ulteriori fondi e nuovi investitori è prevista entro fine anno come ci ha spiegato il Ceo e Founder.
Una startup ispirata dall’università
Contestualmente al round Serie A, la nuova struttura in società per azioni servirà a un rafforzamento del progetto Ermes Cyber Security. «Il nostro sogno è diventare un’azienda di stampo europeo nell’ambito della cybersecurity – ha spiegato il Ceo – L’Spa viene spesso associata alla parte di quotazione in Borsa, ma dal nostro punto di vista questa novità punta a dare maggiore stabilità e rassicurazione al mercato». Ovvio poi che exit o IPO restino le strade standard per un qualsiasi percorso di successo.
Di formazione ingegnere informatico, Hassan Metwalley ha studiato al Politecnico di Torino, dove si è specializzato nel settore della cybersecurity. A un certo punto del proprio percorso professionale ha deciso di investire in un dottorato di ricerca tra Stati Uniti e Italia, sponsorizzato da una startup americana, contractor di giganti come CIA e FBI in materia di sicurezza informatica. A metà percorso, l’azienda innovativa ha fatto però exit, chiudendo di fatto il capitolo dei dottorati.
Il team di Ermes Cyber Security – composto da Hassan, Marco Mellia e Stefano Traverso – si era intanto già formato, ancora prima di dare il via alla società (nel 2017). Il gruppo ha lavorato su algoritmi, intelligenza artificiale, fino a quando dal Politecnico di Torino non è arrivata la spinta a buttarsi nel campo del business. «Dovrebbe essere un’abitudine in tutti gli atenei. Molto spesso in abito scientifico si gareggia soltanto per la pubblicazione», ci spiega il Ceo. Le cose stanno comunque cambiando come abbiamo avuto modo di notare grazie al lavoro da parte degli incubatori universitari.
Il profilo aziendale
Quello che ha fatto Ermes Cyber Security in questi anni è stato sviluppare un algoritmo di intelligenza artificiale per proteggere gli utenti dagli attacchi informatici. Il mercato di riferimento è il B2B, con oltre 80 clienti tra Italia ed Europa. La startup, con sede a Torino, ha 35 dipendenti e dialoga con imprese che in genere vanno dai 300 dipendenti in su e che di conseguenza hanno un enorme bisogno non soltanto di proteggersi dagli attacchi informatici, ma anche di ridurre il più possibile i rischi derivanti da quotidiani errori umani.
Ermes Cyber Security, peraltro, non è un nome scelto a caso dai founder. «Parliamo della divinità greca che, tra le tante cose, era incaricata di proteggere le comunicazioni. Ecco: quello, oggi, è il nostro obiettivo». Gli attacchi informatici sono all’ordine del giorno e soltanto quelli più imponenti fanno notizia sulla stampa. Nel quotidiano sono tantissime le realtà che devono far fronte a attacchi che, come ci ha spiegato il Ceo, non mirano frontalmente all’infrastruttura di rete di un’azienda, bensì alle persone, che possono commettere errori.
«Grazie agli algoritmi siamo in grado di riconoscere un potenziale attacco in pochissimi minuti». Il software non ha bisogno di una mano esperta, perché funziona come un secondo browser, uno scudo che protegge l’azienda in ogni suo punto. La tecnologia di Ermes Cyber Security è stata scelta da realtà come KPMG, Carrefour e Reale Mutua. In un momento non facile per la raccolta di capitali, il round va commentato alla luce del contesto. Con questa operazione l’obiettivo è continuare a spingere sull’acceleratore, in un mercato dove la competizione è globale. «Abbiamo certificato che il problema che vogliamo risolvere esiste. Ora dobbiamo continuare a investire sulla parte tecnica».