In collaborazione con |
È quanto emerge dall’ultimo rapporto annuale ENEA-Assobiotec che aggiorna il quadro del settore biotech a livello nazionale. Tutti i dati del nuovo report
Più di 800 imprese, 13.700 addetti, oltre 13 miliardi di fatturato stimati nel 2022. È la fotografia scattata dall’aggiornamento congiunturale del report ENEA-Assobiotec “Le imprese di biotecnologie in Italia”, giunto all’ottava edizione. Ad emergere è un mercato che registra una crescita su diverse variabili, a testimonianza di un comparto resiliente, dinamico e strategico per lo sviluppo del Paese. «L’Italia del biotech ha numeri ancora piccoli, quando paragonati ad altri Paesi con cui pure siamo in competizione, ma uno straordinario potenziale se consideriamo che un recente studio EY ci dice che a livello globale il biotech triplicherà il proprio valore fra il 2020 e il 2028», commenta Fabrizio Greco, Presidente di Assobiotec-Federchimica.
«Finalmente nel nostro Paese ci sono oggi diversi elementi che possono far crescere e correre il settore. Il PNRR che, oltre a mettere a disposizione grandi risorse economiche, chiede al Paese di rivedere e riformare le regole di funzionamento dell’intero ecosistema di riferimento. Nuovi capitali pubblici e privati che oggi credono di più nelle nostre realtà. Ma, soprattutto, il lancio di un Piano Nazionale per le Biotecnologie, recentemente annunciato dal Ministro Urso», sottolinea Greco. «Sono tutti tasselli importantissimi che possono aiutarci a competere nello scenario internazionale. È allora adesso necessario renderli operativi al più presto per recuperare i ritardi nei confronti degli altri Paesi sviluppati e competere a livello globale».
I numeri del biotech
In termini numerici, la popolazione delle imprese attive in Italia ha subito una lieve contrazione nel 2020 (787 imprese rispetto alle 796 dell’anno precedente), un dato attribuibile prevalentemente alla diminuzione del numero delle PMI, che hanno maggiormente accusato l’impatto immediato della pandemia, soprattutto nella classe al di sotto dei 10 addetti. Il dato numerico è tornato a crescere nel 2021 e si attende per il 2022 una crescita per tutte le classi dimensionali, per un totale di 823 imprese. Anche il numero di nuove startup innovative sembra aver ripreso il percorso di crescita che si è momentaneamente interrotto a causa della crisi pandemica del 2020.
Se si analizza la classe dimensionale, la quota maggioritaria delle imprese biotech nazionali è rappresentata da microimprese (1-9 addetti), seguita dalle piccole (10-49 addetti), arrivando a raggiungere poco più dell’82% del totale, mentre le grandi realtà (+ 250 addetti) rappresentano poco meno dell’8% dell’intera popolazione in analisi.
Guardando ai settori di applicazione, sebbene l’attività delle realtà biotech rimanga in gran parte concentrata nell’ambito della salute umana (poco meno del 50%), tra il 2014 e il 2021 si registra l’espansione delle quote relative alle imprese che sviluppano applicazioni biotecnologiche sia per l’industria e l’ambiente che per l’agricoltura e la zootecnia. Si tratta delle stesse categorie di imprese che dal 2014 mostrano un ruolo propulsivo per la bioeconomia.
Prosegue senza discontinuità, inoltre, il processo di diffusione su tutto il territorio nazionale delle imprese attive nel comparto biotech, anche se ancora è forte la concentrazione territoriale dei principali indicatori economici.
Il fatturato biotech
Secondo il nuovo report, il comparto ha vissuto una forte crescita del fatturato nel 2021 e si attende un consolidamento del dato per il 2022. Su questa variabile, rimane prioritario il peso delle biotecnologie per la salute con il 74% del totale, ma negli ultimi due anni sono soprattutto le applicazioni per la bioeconomia (industria e agricoltura) a riprendere l’espansione con tassi di crescita superiori al 30% per entrambi gli ambiti di applicazione, giungendo a rappresentare oltre un quarto del fatturato biotech italiano, con una quota per il 2021 pari a più del 25% del totale e in ulteriore tendenziale crescita nel 2022.
Si conferma il peso crescente sul totale acquisito dalle imprese specializzate nella ricerca e sviluppo biotecnologica a controllo italiano. In termini percentuali, la loro quota di fatturato sul totale nazionale è più che duplicata nell’ultimo decennio e, nello stesso periodo, addirittura triplicata sul totale del fatturato delle imprese specializzate nella R&S biotecnologica. Rispetto alle classi dimensionali, da segnalare che oltre il 94% del fatturato biotech si concentra nelle imprese medio-grandi.
«I nuovi dati ci restituiscono un comparto che si è dimostrato più resiliente di quanto mostrato dalle precedenti stime, registrando per il 2020 addirittura una lieve crescita del fatturato da attività biotecnologiche pari a un +1,2%. Superato il picco della pandemia e dei suoi effetti sul sistema economico, il settore delle biotecnologie ha vissuto una forte ripresa della crescita del fatturato nel 2021. Si attende perciò un consolidamento del parametro per il 2022», commenta Gaetano Coletta, Responsabile del Servizio ENEA Offerta e valorizzazione servizi di innovazione.
«Se nel 2020 il settore è stato sostenuto dalle applicazioni per la salute umana, nel biennio successivo si assiste a una forte ripresa delle attività per l’industria e per l’agri-zootecnia», prosegue Coletta. «Oltre un quarto del fatturato deriva da applicazioni in questi ambiti e il loro sviluppo è alla base della diffusione territoriale dell’industria delle biotecnologie che sta interessando ormai da alcuni anni le regioni del Nord-Est e del Mezzogiorno con Puglia e Campania in testa».
Gli investimenti in R&D
Gli investimenti in R&S intra-muros biotech – ovvero quelli svolti dalle imprese con proprio personale e con proprie attrezzature – hanno registrato un decremento con un anno di ritardo, rispetto al numero delle imprese, contraendosi nel 2021 di poco meno del 5%. Tuttavia, le proiezioni sembrano indicare una decisa ripresa del trend di crescita nel 2022, riportando il volume degli investimenti in R&S intra-muros al livello precedente.
Nel complesso, questi investimenti restano decisamente concentrati nell’ambito della salute umana per oltre l’85%, ma la dinamica degli investimenti negli altri ambiti di applicazione, in modo particolare per il settore agricoltura e zootecnia, mostra una notevole crescita. Da rilevare che l’80% della spesa per R&S intra-muros si concentra nelle imprese medio-grandi.
La distribuzione geografica
A livello territoriale, come ha sottolineato Gaetano Coletta, si confermano i processi di diffusione che interessano il Mezzogiorno e le isole (soprattutto per quota di numero di imprese, circa il 21%) e il Nord Est del Paese (circa il 6% del fatturato e il 12% degli investimenti in R&S). Tuttavia, resta molto forte la polarizzazione, soprattutto per le variabili economiche: le prime 4 regioni (Lombardia, Lazio, Toscana e Piemonte) rappresentano oltre il 90% del fatturato, l’80% degli investimenti in R&S intra-muros e l’80% degli addetti, mentre il numero di imprese si attesta al 52%.
La regione leader resta la Lombardia, seguita dal Lazio e dalla Toscana, che sono fortemente specializzate nelle applicazioni per la salute, mentre sono le regioni settentrionali in genere a mostrare una marcata specializzazione nelle applicazioni delle biotecnologie ai processi industriali. Nel meridione, che rappresenta circa il 20% in termini di numero di imprese, spiccano la Campania (poco meno dell’8%) e la Puglia (poco più del 4%).