L’analisi bisettimanale, curata dalla startup innovativa Storyword, sui temi che hanno tenuto banco sulla stampa estera durante i 14 giorni appena trascorsi
Secondo il report annuale del Reuters Institute for the Study of Journalism, il 20% dei giovani tra i 18 e i 24 anni afferma di utilizzare TikTok come fonte principale di notizie, con un aumento del 5% rispetto allo scorso anno. E il conflitto in corso tra Israele e Palestina ne è una dimostrazione: sull’app cinese si è registrato un flusso costante di video realizzati da influencer e creator che vivono in prima persona il conflitto. Video che raggiungono milioni di visualizzazioni perché gli utenti preferiscono questo tipo di notizie a quelle fornite dai media tradizionali, considerati da quest’ultimi soggetti alla politica e al capitalismo. TikTok inoltre sarebbe in grado di offrire più punti di vista, motivo per cui molti palestinesi l’hanno scelto per raccontare le proprie storie, considerate più autentiche rispetto alla narrazione presente nei giornali e nelle televisioni. “C’è un’enorme carenza di rappresentanza palestinese nei media mainstream”, sostiene Leila Warah, giornalista 25enne in Cisgiordania, tra le prime a raccontare il conflitto sulla piattaforma cinese. “Ogni volta che portano un palestinese al telegiornale, spesso è per distorcere la narrazione e indurlo a condannare il proprio popolo”. Come spiega il Washington Post, i TikToker raccontano le notizie attraverso la loro esperienza personale, con quell’entusiasmo e quella passione che stanno portando tantissimi giovani a interagire con i loro contenuti.
Chi paga il conto?
Gli utenti dei social media sono sempre stati abituati a utilizzare le piattaforme gratuitamente, al costo di essere soggetti (tra le altre cose) al bombardamento pubblicitario. Tuttavia, negli ultimi tempi, si discute circa la possibilità di offrire piani di abbonamento premium che consentano agli utenti di accedere a funzionalità extra o ad una versione priva di annunci pubblicitari. La necessità nasce dalla crisi del mercato della pubblicità digitale, motivo per cui molte aziende sono alla ricerca di nuovi flussi di entrate. Il punto cruciale del dibattito è, sottolinea Intelligencer, se e quanto le persone sarebbe disposte a pagare per un servizio storicamente gratuito. Va segnalato che alcune piattaforme hanno già introdotto con successo abbonamenti a pagamento, da YouTube Premium a Twitter Blue. Meta ha già condiviso con le autorità di regolamentazione dell’UE una proposta per un piano di abbonamento, mentre TikTok sta testando il proprio prodotto a pagamento senza pubblicità in un mercato al di fuori degli Stati Uniti. Elon Musk, invece, non ha nascosto l’intenzione di spostare tutti gli utenti di X verso un piano che prevede un pagamento minimo mensile. È evidente che la risposta degli utenti dipenda da vari fattori: dalla piattaforma in questione alla percezione del valore aggiunto che deriverebbe dall’abbonamento.
Threads non è ancora pronta
Via il titolo e il testo dalle anteprime dei link condivisi su X, spazio solo all’immagine. È l’ennesima novità targata Elon Musk, annunciata ad agosto e da poco attiva. Una mossa, voluta personalmente dal proprietario del social, per spingere gli utenti a trascorrere più tempo sulla piattaforma, limitando la possibilità che questi seguano un link postato da un giornale che li sposterebbe su altri siti. Un’ulteriore criticità per gli editori, che devono già fare i conti con la decisione di Meta di abbandonare le news. Al riguardo, il capo di Instagram Adam Mosseri, in risposta a un post sulla posizione di Threads sulle hard news, ha spiegato che la società non intende “amplificare” le notizie sulla sua piattaforma. Nulla di nuovo, anche se ciò rappresenta una delusione per gli scontenti di X. È tuttavia ragionevole, scrive TechCrunch, che Threads non sia ancora pronta per un solido approccio alle news e alla moderazione che queste comportano. In altre parole, invece di generare dibattiti attorno a fatti di cronaca, Threads vuole essere “un luogo di discussione più positivo e amichevole”, come ha affermato Zuckerberg. Ma un luogo del genere, per quanto amichevole, potrebbe anche risultare noioso.
Lezioni di (non) comunicazione
Alla Code Conference Linda Yaccarino ha dato un’ottima lezione sulla comunicazione, e su come non metterla in pratica. Axios analizza il comportamento della CEO di X all’evento, dove non è riuscita a gestire l’arrivo inaspettato di Yoel Roth, ex Head of Trust and Safety di Twitter. Alcuni esperti di comunicazione hanno sottolineato gli errori commessi dalla CEO di X: non aver saputo dare un messaggio chiaro, essersi confusa sui numeri ed essersi persa a rispondere alle affermazioni di Roth, essere sembrata impreparata a rispondere alle domande sul futuro della piattaforma. Un risultato di segno opposto, a seconda di quanto si sa, rispetto, invece, alle interviste e ai molti incontri a porte chiuse a cui Yaccarino ha partecipato nei suoi primi 100 giorni di mandato. La sua poco fortunata ospitata a Code non sarebbe, quindi, da imputare esclusivamente a un media training di scarsa qualità: nessuna comunicazione strategia, infatti, può essere di aiuto se l’azienda non sta funzionando; è quindi sempre valida la regola secondo cui non si deve comunicare alla stampa finché non si ha qualcosa di tangibile da rivelare. D’altro canto, osservano altre voci, la reputazione di Yaccarino come CEO competente è fondamentale per i prossimi capitoli dell’azienda, anche e in particolare dal punto di vista finanziario.
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