Le statistiche sulle scelte delle tracce dei temi durante la prima prova della maturità 2014 fanno capire molte cose sul sistema di insegnamento italiano ancorato a tematiche noiose e poco attuali
La tecnologia e le periferie di Renzo Piano hanno vinto alla prima prova della maturità 2014. Quasimodo e la traccia storica sull’Europa sono stati bocciati. Basta questo per capire a che punto è la scuola italiana. I temi dell’esame di Stato sono la miglior radiografia delle competenze dei nostri ragazzi e della capacità del nostro sistema d’istruzione. Secondo le prime stime del Ministero dell’Istruzione, fatte su 400 scuole sondate, la traccia sulla pervasività tecnologica è stata scelta dal 28,5% dei candidati senza distinzioni: liceali, geometri, professionali l’hanno apprezzata. Un tema che riguardava i nostri ragazzi, che toccava la loro esistenza.
Forse avranno parlato poche volte a scuola di questo argomento ma quello spunto di Dianora Bardi ripreso dal “Sole 24 ore” è pane quotidiano per questa generazione:
«Per gli studenti si apre una grande opportunità: finalmente nessuno proibisce più di andare in internet, di comunicare tramite chat, di prendere appunti in quaderni digitali o leggere libri elettronici».
I ragazzi sono stati invitati a mettersi in gioco su un dibattito che li vedrà protagonisti nei prossimi anni, riflettendo non solo sull’articolo di Dianora Bardi ma anche su un testo di Massimo Gaggi, ripreso dall’inserto “Lettura” del “Corriere della Sera”, dove citando Lord Martin Rees, astronomo della Regina, scrive:
«I robot devono restare a livello di utili idioti: la loro intelligenza artificiale va limitata, non devono poter svolgere mestieri intellettuali complessi».
Sarà davvero bello, come ha scritto Nicola Saldutti, leggere i temi dei maturandi. I docenti potrebbero scoprire che questi ragazzi ne sanno più di loro, più della scuola ancora troppo ancorata alla lavagna d’ardesia e ai libri di testo cartacei.
E non è un caso che il 17,7% dei ragazzi ha scelto il tema di ordine generale sulle periferie, a partire da una profetica riflessione dell’architetto e senatore a vita Renzo Piano. Anche in questo caso, avevamo a che fare con parole che non erano indifferenti ai nostri ragazzi:
«Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. E’ fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie[…]».
Nulla di più naturale per un giovane affrontare questa tematica. Me l’ha confermato Federico Strada: “Amo l’attualità e tenermi aggiornato. Quando ho visto l’articolo in cui parlava Renzo Piano ho fatto la mia scelta. L’anno prossimo andrò ad architettura e non potevo fare altrimenti”.
Non si può che essere felici, poi, che il 17% dei nostri ragazzi abbia scelto come traccia il tema del “dono” che offriva spunti davvero interessanti: da Enzo Bianchi, priore della comunità di Bose a Marco Aime alla scrittrice sarda Grazia Deledda, poco letta sui banchi di scuola. Nomi, poco studiati nei nostri istituti, ma conosciuti dagli studenti:
«L’argomento era attualissimo e sicuramente più originale di quelli proposti negli altri ambiti. Ho giocato con la concezione odierna di “dono” come “regalo” materiale e quindi la sua conseguente perdita di valore, come suggerito dai documenti. Scegliendo questa traccia – mi ha spiegato Stefania Maglio – ho potuto fare collegamenti con esperienze personali. Ho trovato estremamente convincente l’estratto di Enzo Bianchi sull’importanza del “donare se stessi”, da cui ho colto un’enorme quantità di spunti che ho sviluppato pur utilizzando la citazione in chiave laica».
La radiografia della scuola italiana fatta dalla maturità ha promosso anche la sensibilità dei nostri ragazzi per l’economia e per la politica: l’interessante tema sulle nuove responsabilità è stato fatto dal 13,3% dei ragazzi e quello sulla violenza e non violenza nel Novecento dal 15,5% . Anche in questo caso gli studenti si sono ritrovati sul banco, testi di Amartya Sen e Jacques Attali, poco usati dai professori: “Era l’argomento – mi confida Stefano D’Alessandro – sul quale mi ero informato il giorno precedente leggendo notizie relative allo sviluppo sostenibile. E’ un tema attuale ma a scuola non ne abbiamo mai parlato”.
Gli interrogativi ce li dobbiamo porre, invece, sul perché solo il 4,2 per cento dei maturandi ha scelto Quasimodo e solo il 3,8% “L’Europa del 1914 e l’Europa del 2014: quali differenze?”. Avrebbero dovuto essere argomenti sui quali i ragazzi erano preparati. Ogni docente di italiano e storia avrà sicuramente fatto studiare Quasimodo, la prima e la seconda Guerra mondiale, i conflitti del Novecento. Chissà quante analisi dei testi di Salvatore Quasimodo.
Eppure i ragazzi non se la sono sentita di affrontare il tema di letteratura e di storia. In realtà questo dato ci consegna una bocciatura al modo con cui la scuola italiana si ostina ad insegnare queste materie. Non appassiona. Non è in grado di trasmettere il piacere di leggere “Ride la gazza, nera sugli aranci”. Alla mia generazione, la Scuola superiore, era stata capace di far odiare Alessandro Manzoni. E’ cambiato poco.
La maturità 2014, ha bocciato la scuola italiana. C’è tempo per rifarsi, con le altre prove.