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Da sempre la cucina è un modo di avvicinarsi a paesi lontani, conoscere tradizioni e abitudini di altre popolazioni e continenti. Quando facciamo un viaggio una delle prime cose che si fanno è provare il cibo del posto. E così, da sempre, chi emigra verso paesi lontani porta con sé anche la propria cucina. Pensiamo ai tanti italiani che nel secolo sono emigrati e hanno aperto ristoranti nei quattro continenti e hanno contribuito a diffondere i nostri piatti tradizionali.

Se in ogni città ci sono dei ristoranti etnici che propongono la cucina tipica di luoghi più o meno lontani, a Roma ce n’è uno tutto particolare, unico nel suo genere, perché serve piatti che provengono da tanti posti , dal Pakistan al Senegal, e che è stato pensato non solamente come luogo dove mangiare, ma anche come laboratorio di integrazione e promozione sociale. Parliamo di Gustamundo, dove ingredienti e cuochi provengono da tutto il mondo per un’esperienza, non solo culinaria, a 360 gradi.

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Le cucine del mondo che uniscono le tavole

Gustamundo è un progetto in continua evoluzione: nasce nel 2017 con l’idea di proporre l’integrazione sociale tramite la cucina, anche per contrastare certi messaggi negativi che spesso passano in maniera univoca quando si parla di migranti. “Un’idea che viene da lontano, in quanto mi occupo di ristorazione da oltre 30 anni con la mia storica attività nel ristornate di cucina messicana El Pueblo, a Roma”, racconta Pasquale Compagnone, il fondatore di questa iniziativa, a Startupitalia. “Negli anni abbiamo iniziato a fare delle serate  dedicate alle varie cucine del mondo con persone che provenivano dai centri di accoglienza e, conoscendo le loro problematiche, ho pensato di unire i migliori cuochi  e abbiamo iniziato a mettere il menu alla carta, con una formazione anche sulla gestione del ristorante”.

Conoscere il prossimo tramite la cucina e lo scambio 

Una delle parole d’ordine di questo ristorante è scambio. Per questo, fino a quando la normativa legata all’emergenza Covid non lo ha più permesso, si cercava di mangiare vicini, anche con delle tavolate. A fine pasto poi, per il dolce si aggiungeva qualche sedia al tavolo per scambiare esperienze, storie e sogni. “Questa modalità l’abbiamo dovuta accantonare – racconta Pasquale Compagnone – e abbiamo pensato di unire la cucina messicana agli altri piatti internazionali, cosicché il cliente possa scegliere tra tre proposte differenti: un messicano classico, il menù Gustamundo o mixare le diverse cucine. Questo ci ha permesso, insieme a un investimento economico personale, di far fronte anche agli effetti del lockdown, che ci hanno colpito come tutte le altre realtà della ristorazione”.

Tutti i piatti sono preparati secondo la tradizione culinaria dei paesi di provenienza, usando gli stessi ingredienti ed anche le stesse modalità: dal babaganoush siriano al chicken karahi pakistano, passando per lo zighinì eritreo e il domodà gambiano. Ce n’è per tutti i gusti e così facendo il cibo diventa concretamente un ponte tra le diverse culture.

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Formazione in cucina e fuori 

Il progetto non fornisce solo un’opportunità lavorativa in cucina a chi spesso faceva questo mestiere nel suo paese di origine, ma cerca di portare avanti anche un percorso di formazione e avviamento al lavoro per fare in modo che il percorso porti le persone a non essere dipendenti per tutta la vita. Così facendo si cerca di incoraggiare anche una certa autonomia imprenditoriale perché ognuno impari a farcela da solo.

L’inclusione passa per la stabilità economica e sociale

“Cerchiamo contemporaneamente di portare avanti anche una stabilizzazione oltre che economica e sociale, anche familiare per le donne e per gli uomini che lavorano con noi. Insieme a ‘In Cammino con Gustamundo’, l’associazione che abbiamo costituito nel 2021 per aumentare l’inclusione socio-lavorativa di rifugiati politici, richiedenti asilo e migranti, ci siamo occupati del ricongiungimento familiare per un nostro cuoco o abbiamo aiutato una cuoca, vedova con tre figli, a trovare una casa. Partendo dalla cucina cerchiamo di garantire una buona qualità della vita nel suo complesso”.

Un nuovo ristorante proietta verso il futuro 

“A marzo apriamo un secondo ristorante, sempre a Roma, dove ancora di più i protagonisti saranno i migranti, che verranno coinvolti maggiormente anche a livello gestionale”, sottolinea Compagnone. “L’importante è sempre tenere conto della qualità, che è e deve rimanere alta. Siamo prima di tutto un ristorante e quindi un’impresa, ci manteniamo con quello che guadagniamo e non riceviamo fondi pubblici. La qualità dell’offerta deve quindi andare di pari passo con i progetti di inclusione”