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“Sappiamo che prima o poi tutti pagheremo con lo smartphone, quello che non sappiamo ancora è come lo faremo”. Michele Silletti, fondatore della startup fintech RingPay, parte da questa consapevolezza per raccontarci la sua avventura appena iniziata. Vive e ci parla da Roma, ma la sua giovane società è stata costituita e ha sede a Londra. Il motivo è noto pressoché a chiunque abbia progetti imprenditoriali nel nostro Paese: “Qui è tutto molto più semplice. Banalmente, in Italia pago 6mila euro di commercialista all’anno per la mia Web agency Intellijam, a Londra 1.500 sterline. Per aprire la società mi sono bastati 15 sterline e 15 minuti online”.

Silletti però, ingegnere informatico del 1979, ha anche una moglie e due figle e continua a considerare l’Italia il posto migliore per farle crescere. È quindi sull’asse Roma-Londra che sta gestendo RingPay, fondata un anno fa con la Ceo Cristina Bonaccurso e la Cmo Allanah Smith, entrambe residenti nella capitale britannica. Incubata in FinTech City, il nido londinese per eccellenza delle startup fintech, RingPay nasce per occuparsi dell’evoluzione dei pagamenti con una piattaforma proprietaria.

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Michele Silletti,
co-fondatore di RingPay

“Per chi il trasferimento di denaro è il prodotto e non solo una parte del rapporto con il cliente? Per le no profit”, spiega Silletti per presentare Charing, la prima applicazione uscita dal laboratorio e presentata in versione beta lo scorso 31 ottobre. Per ora è disponibile per iOs e in Html 5 per tutti gli altri sistemi operativi mobili.

Il discorso è: per un barista la modalità di pagamento scelta dal cliente, al netto delle commissioni, è ininfluente, mentre per una no profit la raccolta del denaro è il perno attorno a cui ruota tutta l’attività. “Campagne come l’Ice bucket challenge hanno dimostrato come il tradizionale salvadanaio non funzioni più mentre persone che si tirano secchiate d’acqua sui social network possono incoraggiare la raccolta di milioni di euro”, prosegue. Charing risponde a questa tendenza con la possibilità, innanzitutto, di vendere attraverso l’applicazione i biglietti per gli eventi benefici, modalità che Silletti ci spiega andare per la maggiore Oltremanica. Alle Onlus e alle no profit l’utilizzo della piattaforma viene offerto gratuitamente, la commissione che va alla startup è del 5%.

Una volta venduto il biglietto e inviata la scansione elettronica all’utente, l’app funge anche come riconoscimento all’ingresso. Non solo, avendo già incamerato i dati della carta di credito viene utilizzata anche per fare le donazioni durante la serata, che di solito si concretizzano tramite la vendita di oggetti o servizi. A fare davvero la differenza è l’esperienza: l’utente interessato ad acquistare non ha che da mostrare un codice circolare (vedi la foto in testa all’articolo), che a differenza di quelli rettangolari o quadrati può essere catturato da qualsiasi angolatura. Il codice compare sullo schermo del suo smartphone e corrisponde ai suoi dati di pagamento. Inquadrato dal dispositivo di chi vende fa comparire la lista i dei prodotti disponibili. È sufficiente selezionarne uno e procedere con il pagamento online mediato da Stripe, la startup con cui collabora anche Twitter (ne abbiamo parlato qui) e che tiene una commissione del 2,5% più 30 centesimi a transazione. Da qui la necessità di ricaricare del 5 di Charing: “Eventbrite, che consente solo la vendita dei biglietti, chiede il 7%”, sottolinea Silletti. Ricapitolando, l’ospite dell’evento e l’addetto della Onlus non hanno che da scambiarsi informazioni a vicenda con gli smartphone senza dover prendere nota di alcunché o tirare fuori Pos, carte o contanti.

La sicurezza risiede nel codice circolare che si rigenera ogni 90 secondi e nell’utilizzo di “crittografia assimetrica e altri tra gli accorgimenti tecnologicamente più avanzati”. L’app è stata lanciata durante un evento delle associazioni Cmt Uk e Alive And Kicking. Il prossimo passo, l’intenzione è di compierlo durante il 2015, è in direzione della vendita vera e propria, con il barista di turno che potrà utilizzare un’app analoga per caricare un credito pagato dall’utente con i metodi tradizionali. Nei giorni successivi, sempre con l’ausilio del codice circolare, lo scala.

Più avanti, anticipa Silletti, vogliamo diventare “un istituto di pagamento vero e proprio”. Una sorta di Paypal, insomma, per bypassare le banche e rivolgersi direttamente alle Visa o alle Mastercard di turno. Per sostenere questi progetti partirà su Seedrs una campagna di crowdfunding con l’obiettivo di raccogliere 150mila sterline. In calendario altre due raccolte da 500mila e 2 milioni di sterline. Per aprire, in fondo, ne sono bastate 15.