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La più famosa tra le monete digitali sta attraversando un brutto periodo. Alcuni parlano di morte, altri di estrema unzione, ma i più affezionati sono invece convinti che Bitcoin si riprenderà senza problemi dall’ennesima crisi, come è sempre successo da sei anni a questa parte. Tra attacchi hacker, siti bloccati dai tribunali e ingenti perdite di valore, il 2015 si sta mostrando ancora più oscuro del 2014, considerato da più parti l’annus horribilis della criptovaluta. Nel 2013 era stato raggiunto il picco più alto alto del prezzo della moneta creata nel 2009 dall’ancora sconosciuto Satoshi Nakamoto: 1.150 dollari. In questi giorni, invece, un bitcoin vale all’incirca 200 dollari. Ma qual è il giusto prezzo?

Secondo Franco Cimatti, presidente della Bitcoin Foundation Italia “non si sa ancora”. Non è detto quindi che l’essere passati dal picco di 1.150 dollari a poco meno di 200 possa essere un segnale esclusivamente negativo, soprattutto se si considera che alla sua nascita la criptomoneta partiva da zero. Proviamo quindi a capire cosa sta succedendo a Bitcoin, cosa potrebbe riservare il futuro alla più famosa moneta digitale e come sia possibile usarla in sicurezza.

I primi giorni del 2015: il caso Bitstamp e la black list della Russia
Il 4 gennaio, in seguito a un attacco hacker, sparisce l’equivalente di 5 milioni di dollari in bitcoin da Bitstamp, una delle più grosse piattaforme di scambio della moneta digitale in Europa. La società slovena comunica pubblicamente quello che sta succedendo con questo tweet.

Solo cinque giorni dopo, il 9 gennaio, il sito riesce a riprendere la sua normale attività, ringrazia gli utenti per la pazienza e con una lettera del Ceo, Nejc Kodrič, spiega cosa è accaduto.

 

Dal portafoglio di Bitstamp si è verificata una perdita di circa 19 mila bitcoin, una “piccola frazione delle riserve totali della piattaforma, contenute in sistemi di stoccaggio offline sicuri”, spiega Kodrič che rassicura i clienti sul fatto che tutte le monete digitali affidate a Bitstamp prima della sospensione del servizio sono sane e salve e che d’ora in poi il sistema sarà molto più sicuro grazie all’integrazione di una tecnologia multisig che ora rende Bitstamp “la prima e unica piattaforma di scambio con il migliore sistema di sicurezza a disposizione” si legge nella nota del Ceo della società.

Ma le cattive notizie del 2015 per Bitcoin non si sono fermate all’attacco a Bitstamp. In Russia –sebbene le istituzioni si siano molto ammorbidite nei confronti della moneta digitale e la Banca Centrale non ne abbia più ostacolato l’utilizzo al contrario di quanto era stato inizialmente previsto – le autorità di vigilanza hanno bloccato l’accesso ad almeno cinque siti web legati a Bitcoin (fra cui Bitcoin.org, Bitcoin.it, BTCsec.com, Indacoin and Coinspot.ru.), per combattere “l’economia sommersa” e dare così seguito a una sentenza di un tribunale distrettuale del 30 settembre scorso. Una decisione che secondo il presidente della Crypto Currency Foundation Russia (CCFR), Igor Chepkasov, viste le condizioni farebbe parte di un giro di vite molto più ampio: “possiamo tranquillamente dire che questa è una prova generale per il divieto di Bitcoin in Russia”.

Il prezzo dei Bitcoin continua a scendere
La caratteristica principale dei bitcoin è l’estrema volatilità del loro valore. Partiti da zero hanno raggiunto il picco dei  1.150 dollari nel 2013, mentre il 2014 si è contraddistinto di più per il calo dei prezzi (qui il grafico sul prezzo di mercato in dollari nel 2014).

Il recente attacco a Bitstamp e la questione russa non hanno di certo favorito l’andamento della criptovaluta, che ha inaugurato il nuovo anno con una discesa significativa del suo valore in dollari.

Ma è ancora presto per usare la parola “fine”
Si è ricominciato così a parlare della “morte di Bitcoin”. Niente di nuovo, visto che – come riporta il blog di Giacomo Zucco, portavoce del Tea Party italiano, blogger e come si definisce lui stesso “Bitcoin fanatic” – la “fine apparente” causata dall’attacco a Bitstamp sarebbe almeno la 23esima (in questa raccolta di necrologi su Bitcoin al 15 gennaio se ne contano addirittura 33).

Come scrive Zucco: “ll primo decesso è stato annunciato da Forbes addirittura il 20 Giugno 2011 (quando il prezzo di un bitcoin era crollato da 17 dollari a pochi centesimi),  non si può fare altro che relativizzare questo genere di allarmi: Bitcoin è stato intenzionalmente costruito come sistema anti-fragile, e i vari traumi che affronta non fanno che rafforzalo, mentre la stampa generalista tende a leggerne le alterne vicende come se si parlasse del tipico sistema fragile caratteristico della finanza moderna (e per la verità neanche la stessa community di appassionati è immune da questo catastrofismo improvviso,  come ben descritto Daniel Krawisz in un bel post di novembre”.

Alla base del calo del prezzo dei bitcoin secondo Cimatti ci sono anche altre motivazioni: “Sicuramente le ultime notizie negative non hanno favorito il prezzo dei bitcoin, ma questa non è l’unica causa dell’andamento negativo. Un grosso servizio di mining (il modo utilizzato dal sistema Bitcoin e dalle criptovalute in generale per emettere moneta) ha chiuso e alcuni miner vendono i bitcoin non sul mercato ma direttamente, non influenzandone così il prezzo. Inoltre, in molti avevano fatto affidamento su nuovi servizi legati a Bitcoin che sarebbero dovuti uscire nel 2014 e non sono però ancora sul mercato”. Secondo Cimatti, questo ultimo fattore ha influito molto sull’andamento negativo della moneta digitale e quando questi strumenti (qui due esempi) saranno disponibili faranno la differenza perché la stampa si concentrerà più su questo aspetto e gli utenti daranno più fiducia a Bitcoin. Altro motivo di confusione sul mercato è la pubblicazione a breve dellaBit license dello stato di New York (ne abbiamo parlato qui), in questo caso – continua il presidente della Bitcoin Foundation Italia – “Qualunque notizia, anche se positiva, potrebbe creare incertezza”.

Anche secondo Ferdinando Ametrano, analista e professore dell’Università Bicocca, è ancora presto per usare la parola fine: “Il valore del Bitcoin è la capacità di spostare valore da un punto all’altro del globo in maniera indipendente da terze parti.  Si tratta di un valore intrinseco che può essere stimato di più o di meno, ma mi fa dire che Bitcoin non è morto. Potrebbe essere in futuro soppiantato da una moneta migliore, ma al momento è il più sicuro e difficilmente verrà scalzato. Anche se ci fosse una valuta digitale più stabile, non è detto che il ruolo del Bitcoin inteso come asset scarso non resti ancora significativo”.

Come usare Bitcoin in sicurezza
“Bitcoin è pericoloso e la gente dovrebbe starne alla larga”. A dirlo al Financial Times, non è un comune utilizzatore di monete digitali, ma Gavin Andresen, co-programmatore della valuta e creatore della Bitcoin Foundation. Il senso che “il banchiere centrale dei bitcoin” (qui intervistato da Repubblica) vuole trasmettere con la sua affermazione è che prima di usarli bisogna conoscerli bene. Per Ametrano, quella che oggi è in discussione (soprattutto a seguito del caso Bitstamp) non è la sicurezza tecnologica del Bitcoin, ma quella delle borse in cui si scambiano. Il segreto per star tranquilli scambiando bitcoin dovrebbe quindi essere quello di gestirli da soli e fare a meno di affidarli a terze parti.

Un suggerimento riportato sia da Ametrano che da Cimatti è quello di affidarsi a portafogli che utilizzano la tecnologia multisign (qui una lista di piattaforme che la usano). Si tratta di un strumento tecnologico che fa partire le transazioni in bitcoin solo dopo aver verificato la presenza di più firme. Se un hacker dovesse entrare in uno dei server di questi exchange non potrebbe portare via i bitcoin, dovrebbe necessariamente bucare anche un altro server e l’operazione fraudolenta si complicherebbe molto. Un sistema di sicurezza che Bitstamp non aveva fino allo scorso 5 gennaio e di cui si è immediatamente dotata.