Ho accetto volentieri l’invito a scrivere cosa significhi per modeFinance essere diventata una Credit Rating Agency (Cra), una società di rating; ma non è facile. È un argomento molto tecnico, che per una startup Fintech come la nostra ha un enorme significato. Ci provo. Parto ricordando dalla nostra missione: analizzare i dati di bilancio delle aziende per calcolarne lo stato di salute.
La maratona
La portata di quello che è appena successo si può spiegare con una metafora. Supponiamo siate dei runner, bravi e atletici, ma che decidiate un giorno di fare una maratona. Ma non solo di parteciparvi, di vincerla proprio. E non una gara qualsiasi, ma la maratona di New York. Se pur vero che vi piace correre, vincere la famosa gara significherà un allenamento intenso, grande determinazione, abnegazione e focalizzazione. Ecco: questo è stato per noi diventare Cra. Siamo i primi a vincere la maratona? No, ma siamo sicuramente fra quelli che partivano svantaggiati in quanto piccoli e quindi non strutturati. Ma oggi siamo sul podio.
L’obiettivo
Ma perchè tutta questa ostinazione e per ottenere cosa di preciso?
Partiamo per un secondo dalla definizione di rating: secondo le autorità europee è rating un parere espresso attraverso l’unione di due componenti:
- Un voto (credit score) basato sulla analisi numerica di un bilancio
- L’opinione di un analista finanziario che guarda soprattutto agli aspetti qualitativi.
Si deve necessariamente essere ufficialmente registrati per fare ciò? No! Infatti modeFinance già lo faceva. Ma se non si è registrati, i rating emessi da una agenzia devono necessariamente rimanere privati, ovvero non possono essere divulgati. Essere Cra quindi significa essere autorizzati a divulgare pubblicamente la propria opinione sulla qualità di una azienda e ciò, come comprensibile, può influenzare i mercati finanziari europei. Proprio per la delicatezza dell’argomento, è l’Esma (ovvero l’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati) a occuparsi di registrare (e monitorare) le agenzie affinché rispettino i più alti standard relativamente a trasparenza, governance e prevenzione dei conflitti di interesse.
Ora pensate a una società giovane, startup innovativa, con poche persone che si occupano di tutto (indipendentemente dal ruolo “ufficiale” perché l’unico obiettivo è crescere) che ad ottobre 2013 decidono di mandare la richiesta di registrazione a Parigi: si vuole vincere la maratona.
L’allenamento
Come ci presentiamo? Siamo già molto ben allenati: metà delle persone in modeFinance hanno un dottorato e comunque tutte sono laureate; facciamo della ricerca e della trasparenza i nostri punti di forza molto apprezzati dai clienti: talmente apprezzati che già centinaia di multinazionali utilizzano gli algoritmi e le analisi espresse attraverso More (il nostro algoritmo di credit scoring) per gestire i loro portafogli di clienti internazionali. Siamo una boutique di esperti di analisi del credito e sappiamo fare molto bene il nostro lavoro. Basta per vincere? Neanche un po’! Parigi ci boccia, dicendo che la nostra struttura ha dei punti deboli che soprattutto non permettono di garantire l’indipendenza delle opinioni espresse.
Lo sconforto
E allora? Sconforto? Un po’: ma si inizia subito un nuovo allenamento, non sulle capacità ma sulla struttura. Il Cda passa tra 3 a 5 persone: arrivano così due professori dell’Università di Trieste che si occupano di fare da “organo di controllo”; ci dotiamo di un compliance officer, arriva un responsabile delle vendite, etc. Insomma, investiamo nella struttura ingrandendola e rendendola solida e simile, in qualche modo, a quella di una banca in cui tutto deve essere sotto controllo. Lo sforzo più grande? Valentino ed io, fondatori del sogno, siamo costretti ad uscire da ogni tipo di ruolo operativo. Siamo soci, siamo amministratori: la nostra presenza è ingombrante e potrebbe avere una influenza negativa nello svolgimento delle attività. È difficile, ma il figlio deve crescere e ci facciamo da parte.
Allenamento duro che però da i suoi frutti: dopo quasi due anni e mezzo di investimenti, finalmente ci siamo.
Il taglio del traguardo
Ma perché l’abbiamo fatto? Semplice: perché nel nostro mondo non basta essere bravi, devi essere credibile. E ora lo siamo. Il secondo motivo è ovvio: ci si aprono mercati irragiungibili fino a oggi e quindi nuove potenzialità.
Vogliamo metterci un ultimo motivo? La realizzazione di un sogno che parte da molto, molto lontano. Era il 2003 quando Valentino ed io iniziamo a lavorare come sviluppatori di metodologie e responsabili quantitativi di società di rating che miravano a diventare Ecai (altra definizione, altra normativa: legata all’accordo di Basilea per le regole delle banche. Oggi chi è Cra è anche Ecai). Abbiamo sudato e faticato per quasi 5 anni ma, per diversi motivi, l’obiettivo non è stato raggiunto. Io ero molto arrabbiato e durante una riunione fuoco con un manager di allora, ricordo che mi è stato detto: “se sei così bravo, perché non ci provi tu?”. Eh, eh, eh