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Gli istituti finanziari non sempre fanno gli interessi dei clienti. Tutti lo sanno, ma solo un ragazzo uscito da Harvard è riuscito a trasformare questo luogo comune in un business valutato 700 milioni di dollari.  Si chiama Betterment, e come la parola suggerisce, punta a migliorare la gestione dei soldi di piccoli e medi risparmiatori. Oggi l’idea del newyorchese Jon Stein gestisce 4 miliardi in titoli per 150 mila clienti. In questi giorni ha chiuso un nuovo round di 100 milioni, guidato dal fondo svedese Kinnevik.

Il Ceo della startup fintech Betterment, Jon Stein

Il Ceo della startup fintech Betterment, Jon Stein

Da Harvard alla Columbia, ma poi molla tutto

Il percorso di Jon sembra già segnato. Laurea in economia a Harvard, studi finanziari alla Columbia Business School, per lui si spalancano le porte dei più grandi istituti finanziari, come il First Manhattan Consulting Group di New York che si assicura le prestazione di un giovane che pare subito molto promettente:  «Gestivo clienti in America e in ogni parte del mondo. Australia, Medio Oriente, Portorico» racconta Jon. Nel frattempo impara a programmare e coltiva il sogno di creare uno strumento che consentisse alle persone di gestire meglio le proprie finanze: «I miei amici e la mia famiglia continuavano a chiedermi cosa dovessero fare con i loro soldi. E più ci pensavo, più mancava una risposta chiara. Allora me la sono inventata».

La prima riga di codice che scrive è uno slider, un componente grafico che permette a un utente di impostare un valore muovendo un indicatore: «Era ed è oggi la parte più importante del sito. Volevo che tutto fosse trasparente. Che un utente potesse visualizzare scorrendo un grafico i potenziali ritorni del suo investimento, ma soprattutto le spese e il fatto che i guadagni non sempre sono garantiti».

“Perché non provi con qualcosa di più facile?”

Non è facile convincere i tuoi amici e genitori che la scelta più giusta per la tua vita è di lasciare un posto e uno stipendio d’oro per mettersi in proprio: «Mi dicevano: “Sei sicuro di voler aprire una società di consulenza? Perché non provi con qualcosa di più facile?”».  Supera lo scetticismo ma grazie anche al supporto di alcuni professori della Columbia, oggi membri del consiglio dell’azienda. E al sostegno del co-founder, Eli Broverman, ex avvocato.

Dopo aver messo su una demo della piattaforma, i 2 partecipano al Tech Crunch Disrupt New York, e arrivano tra le prime cinque finaliste. Tanta visibilità e l’attenzione degli investitori. In totale 200 milioni di dollari raccolti, sommando i cinque round complessivi (tra i primi investitori Bessemer Venture Partners, Anthemis Group, Menlo Ventures e Francisco Partners).

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Come funziona Betterment

Gli utenti si collegano al sito e scrivono i loro obiettivi (piano pensionistico, acquisto di una casa, far crescere i propri soldi) e il tempo che si danno per raggiungerli. A questo punto un software, tutto avviene senza un intermediario in carne ed ossa, consiglia dove è più opportuno investire.

Nel portafoglio di Betterment soprattutto ETF (acronimo di Exchange Traded Fund) un fondo di investimento che ha due caratteristiche: 1) È negoziato in Borsa come un’azione. 2) Ha come unico obiettivo di replicare l’indice al quale si riferisce con una gestione passiva. Qui Jon spiega perché il portafoglio offerto è fatto per la maggior parte di EFT.

Ma il successo del servizio è legato alle fee, di gran lunga sotto la media dell’1% dei servizi tradizionali di consulenza. Dallo 0,15% allo 0,35% per gestire cifre superiori ai 100mila dollari.

Il consiglio: «Ascolta chi ti rema contro»

«La lezione più importante che abbiamo imparato su come fare soldi? È semplice. Organizza meeting, spiega il business, ascolta chi ti rema contro, condividi idee. Fai tanti pitch e correggi gli errori strada facendo. I soldi che arrivano sono poi la conseguenza» spiega Broverman.

Giancarlo Donadio
@giancarlodonad1