Il 2015 è stato l’anno del boom di investimenti del venture capital in startup cinesi. Come si è arrivati a questo punto, con la minaccia incombente del crollo delle borse
In Cina esiste un “sito” che ha preso 3,3 miliardi di dollari in un solo round di investimento. La più grossa raccolta di capitali privati al mondo per una startup sostenuta dai venture capital. La situazione però è molto più complessa e il contesto in cui si è svolta sta cambiando molto più velocemente del previsto. Il governo di Pechino infatti continua a puntare sulle Internet companies, ma se fino a poco tempo fa, grazie anche alle importanti politiche pubbliche, il settore ha toccato il record di investimenti VC in startup (37 miliardi di dollari solo nel 2015), qualcosa sta cambiando e l’onda potrebbe esaurirsi, o quanto meno rallentare.
Meituan.com e Dianping, prima la fusione poi il super deal
Il “sito” in questione è Meituan-Dianping, una società nata solo lo scorso ottobre da una fusione del valore di 15 miliardi di dollari fra due competitor: Meituan.com e Dianping Holdings. Si può dire che entrambe le imprese fossero sopravvissute prima all’ascesa e poi al crollo del settore dei “gruppi d’acquisto” stile Groupon, di cui soprattutto Meituan si occupa sin dalla sua nascita, cinque anni fa. Definito infatti da più parti il “Groupon Cinese”, il sito vanta oltre 20 milioni di utenti mobile giornalieri sparsi fra 1000 città cinesi. Dianping invece è un po’ più “anziana” e svolge la sua attività dal 2003. È molto più simile a Tripadvisor e Yelp visto che lavora soprattutto sulle recensioni. I suoi clienti attivi annuali sono oltre 130 milioni ed è presente in più di 1100 città cinesi. Non è da sottovalutare il fatto che chi abbia investito questi 3,3 miliardi su Meituan-Dianping in realtà abbia scommesso sui due giganti che gli si nascondono (e neanche tanto) dietro: alle spalle di Meituan c’è infatti Alibaba, mentre “il papà” di Dianping è Tencent.
Alibaba non ha bisogno di troppe presentazioni “è la più grande società della Cina – e secondo alcuni del mondo – a occuparsi di commercio elettronico”. Scrive il Wsj, in un progetto del 2014, della creatura di Jack Ma. Meno nota – almeno dalle nostre parti – è Tencent, che già dal 2010 si è posizionata al terzo posto, subito dietro Google e Amazon.com, come società su internet più grande al mondo, con una capitalizzazione di mercato di 38 miliardi di dollari.
La società, fondata nel 1998, conta fra i suoi primi e più noti prodotti: Tencent QQ, una sorta di Msn cinese che nel 2010 contava oltre 650 milioni di utenti attivi e che è stato poi superato dai servizi di messaggistica su dispositivi mobile come Whastapp e WeChat. Non a caso, il secondo è il più diffuso in Cina e appartiene proprio a Tencent.
Nel 2015 i venture capital hanno investito in Cina 37 miliardi
Che tutti questi soldi non siano stati investiti proprio su una giovane e sconosciuta impresa innovativa, questo è sicuro, come lo è anche il fatto che facciano parte di una lunga serie di successi delle startup cinesi. Oltre ai sottostanti big della digital economy cinese e mondiale, anche il contesto in cui si è svolto questo round ha giocato il suo ruolo noni indifferente. Basti pensare che solo nel 2015, in Cina sono arrivati 37 miliardi di dollari dei venture capital, un vero e proprio record che ha doppiato i già ottimi risultati dell’anno precedente (derivanti a loro volta dal fatto che il valore dei deal del 2013 fosse triplicato, facendo quindi immaginare che ci fossero sempre più società in fuga verso il successo).
Gli ultimi due anni hanno segnato il boom degli investimenti dei venture capital nelle startup cinesi, facendo addirittura pensare che la Silicon Valley dovesse cominciare a temere seriamente questi risultati. L’aumento improvviso del flusso di denaro verso questo Paese si rifà all’impennata di deal realizzati in Cina negli ultimi 12 mesi e che – secondo la società di consulenza londinese Prequin – hanno toccato quota 1.555 operazioni. “I tre passaggi annuali da 4,5 miliardi di dollari a 15 miliardi e poi a 37 dimostrano l’immenso appetito che l’industria VC sta vivendo in Cina” ha scritto in una mail a Bloomberg, Felice Egidio, responsabile del capitale di rischio per Preqin.
Un boom, quello dei dei venture cinesi, che ha fatto sì che negli ultimi anni abbiamo visto la luce alcune delle startup che valgono di più al mondo come il produttore di smartphone Xiaomi Corp (al secondo posto al mondo per valore di mercato ), il gestore di servizi di ride-hailing (gli stessi offerto da Uber per intenderci) Didi Kuaidi e il sito di peer to peer lending Lu.com.
L’anno scorso, a livello mondiale, è stato un anno eccezionale per il venture capital: i finanziamenti venture sono aumentati del 45%, toccando il record di 135,800 miliardi di dollari (sempre dati Preqin). Eppure, c’è da considerare che per la prima volta dall’inizio della crisi finanziaria del 2008, le exit sono diminuite con un minor numero di Ipo e di vendite di startup. Il calo però, sentito soprattutto in Europa e negli States, è stato più che compensato dall’aumento avvertito in Asia e soprattutto in Cina.
Le ambizioni tech del governo cinese che sull’innovazione punta 10 mld
A contribuire al raggiungimento di questi risultati – oltre al successo delle big company locali – ci sono state anche le recenti politiche pubbliche del Partito comunista cinese che ha puntato molto sulle Internet companies per invertire la storica strategia economica del Paese e portarla dagli investimenti infrastrutturali a quelli basati sulle spese dei consumatori. Secondo un recente studio della Kpmg, il governo cinese infatti sta facendo dell’innovazione e dell’imprenditorialità una grande priorità. A livello politico, a ottobre è stato organizzato il China Innovation and Entrepreneurship National Summit, una delle principali conferenze sponsorizzate dal governo e incentrata sulla guida all’innovazione e all’imprenditorialità in tutta la Cina. Non sono mancate però anche altre iniziative dal punto di vista più strettamente “pratico”, di recente infatti il governo ha annunciato la costituzione di un fondo da 10 miliardi di dollari dedicato alla promozione di attività innovative in 16 città cinesi, inclusa Pechino e altri capoluoghi della Cina centrale.
Questi fondi saranno utilizzati prevalentemente per lo sviluppo del settore tecnologico, ma ciò non vuol dire che altri settori complementari – come l’healthcare e l’heath -tech- resteranno esclusi dai finanziamenti. Anzi, vista la percentuale molto alta della popolazione che vive in zone rurali e remote del paese , non sorprende che gran parte delle società cinesi stia lavorando allo sviluppo di tecnologie in grado di fornire servizi di diagnostica, e non solo, anche a distanza. Un altro aspetto interessante del contesto cinese in cui si muovono i venture capital è il fatto che le stesse agenzie governative stiano cominciando a investire in startup – per esempio, attraverso la creazione di “angel funds” preposti all’investimento in imprese ad alta tecnologia.
Esemplare anche l’investimento pubblico in Innoway, il villaggio delle startup costruito grazie al sostegno del governo cinese che ci ha investito più di 200 milioni di yuan (l’equivalente di 36 milioni di dollari), con tanto di visita guidata per il premier in persona. In soli due anni, gli urbanisti di Pechino hanno trasformato un paesaggio vuoto e inutilizzato nel nord ovest della città in un simbolo delle ambizioni innovative della Cina. Questa struttura offre ospitalità ad oltre 300 startup, in un mix di uffici degli investitori, caffè aperti 24 ore su 24 e incubatori, il tutto nelle vicinanze della sede di Tencent e di altri big della digital economy cinese.
Ma i soldi facili si stanno per finire, dicono i dati
Sebbene il 2015 sia stato caratterizzato dal record tutto cinese dei 37 miliardi di dollari raccolti dalle startup locali, nel quarto trimestre dell’anno gli investimenti sono calati del 40% facendo pensare che l’ondata di denaro si stia pian piano esaurendo.
È di pochi giorni fa l’analisi del New York Times in cui si riconosce come negli ultimi anni le Internet companies siano state le stelle più brillanti del firmamento cinese, con Alibaba e Tencent protagoniste quasi assolute. Una gara a chi raggiungeva le dimensioni maggiori, rivaleggiando con società altrettanto importanti a livello globale. Eppure, gli ultimi dati del 2015 mostrano che l’ondata di investimenti potrebbe se non esaurirsi (difficile) almeno rallentare.
In Cina, nell’ultimo trimestre del 2015, il flusso di denaro che viene dai venture capital e che alimenta il settore delle startup è sceso del 29% rispetto al trimestre precedente. Questi i risultati di un rapporto pubblicato da Kpmg, che mette in relazione questa frenata con la situazione economica incerta che sta caratterizzando il Paese in questi giorni.
Una delle questioni più discusse riguarda proprio il fatto che le recenti turbolenze di mercato possano influenzare negativamente la raccolta di fondi privati nel 2016. Un rallentamento maggiore potrebbe infatti intaccare le ambizioni del governo di Pechino che sulla rapida crescita del settore Internet ha molto investito negli ultimi tempi.
Secondo il rapporto citato dal NYT, in Asia, circa un terzo degli investimenti in startup arriva da grandi aziende (mentre in Nord America solo un quarto). Proprio questi investitori cinesi però sono sempre più alla ricerca di affari internazionali. Cominciano a fidarsi ogni giorno di meno dell’andamento della loro economia e sono aperti a nuovi mercati. I venture capital cinesi stanno spostando le loro attenzioni verso l’estero perché sono sempre più ambiziosi, ma anche spaventati dalle ultime fluttuazioni di mercato e della crescita rallentata (anche se mantiene ritmi per noi avanzatissimi) del loro Paese. Fuori dalla Cina cercano più stabilità e nuove tecnologie complementari da acquisire per rafforzare il loro ecosistema. Sotto a chi tocca.