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I Panama Papers sono l’ultimo scandalo che svela il lato più oscuro del mondo finanziario. Politici, celebrità, sportivi, narcotrafficanti tutti accomunati da conti nascosti in 214 mila società offshore per evadere le tasse. E se il fintech, con la rivoluzione della blockchain, avesse già la soluzione per portare trasparenza e fiducia laddove non c’è mai stata?

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Il peer-to-peer contro i furbetti del fisco

I broker hanno un grande potere, come è quello di nascondere tanti soldi dalle tassazioni dei governi nazionali. È un problema bello grosso che non è sfuggito a chi opera o sostiene la blockchain, il libro mastro che registra tutte le transazioni che avvengono via bitcoin. Imprenditori, investitori, startupper, si sono attivati già da tempo per immaginare e costruire un mondo diverso. Una realtà cioè in cui la finanza non è più gestita, come oggi, da un’insieme di corporazioni in una visione gerarchica con pochi che sanno quello che accade al vertice. Ma dai partecipanti di una rete peer-to-peer dove ogni scambio, inclusa la registrazioni di titoli o proprietà, avviene su un protocollo, come la blockchain appunto, in cui ogni operazione può essere vista da tutti i nodi del network e controllata.

Ma basterebbero gli smart contract

In parole semplici,  gli smart contract sono software che si sostituiscono ai documenti tradizionali e creano rapporti giuridici tra due o più soggetti senza il coinvolgimento umano. Il motore è la tecnologia blockchain che non centralizza i dati in un singolo archivio gestito da terze parti, ma distribuisce le informazioni su tutta la rete degli utenti che la adottano. I vantaggi? Si riduce il rischio di controparte: comportamenti scorretti dell’ente, manipolazioni da parte di risorse interne, attacchi da parte di hacker esterni, interferenze da parte di enti politici e regimi.

In questo modo anche il trust, il contratto che permette a un soggetto (trustor) di trasferire la sua proprietà a un soggetto fiduciario (trustee), uno schema utilizzato spesso per eludere il Fisco, potrebbe essere regolarizzato. Poiché non sarebbe possibile nascondere l’identità del beneficiario, come accade oggi con la finanza tradizionale.

Il protocollo per gli smart contract più popolare si chiama Etherum e potrebbe essere usato in altri mille modi. Come per rendere pubblici i dati sulle perdite o sui profitti di un’azienda, facilitare le operazioni di revisione contabile con meccanismi automatici e trasparenti, fa notare il sito cryptocoinsnews.com.

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Creare dei titoli come i bitcoin

Il terreno è fertile e nascono idee all’ordine del giorno. Interessante quella di Patrick Byrne che è un noto imprenditore americano, è il Ceo di Overstock, uno dei più grossi retailer online degli Stati Uniti, quotato in Borsa con 1.500 dipendenti. Sempre pronto ad accettare nuove sfide e convinto assertore della blockchain ha lanciato una piattaforma per scambiare cripto-titoli che ha ricevuto anche l’approvazione della SEC, la Securities and Exchange Commission, l’authority USA, analoga alla nostra Consob.

L’intento di Byrne è di diventare una alternativa ad altri servizi finanziari, come il Depository Trust & Clearing Corporation, che si occupano di garantire a compratori e venditori di titoli di fare scambi in modo sicuro. In questo caso la blockchain rafforzerebbe la possibilità di controlli e aiuterebbe gli enti di vigilanza ad avere più dati per intercettare situazioni poco chiare e in alcuni casi illegali.

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