In sala operatoria è arrivato STAR. Formato da un braccio robotico, da un sistema per eseguire suture e da una serie di elementi per l’imaging operatorio, rappresenta la nuova frontiera dei robot chirurgici.
Li abbiamo creati per arrivare dove per noi sarebbe pericoloso o mortale. Abbiamo dato loro in mano strumenti per eseguire lavori con precisione e rapidità inumane, facendoci risparmiare tempo e denaro. Sono la coronazione di studi e ricerche della mente umana, tra le tecnologie più avanzate che siamo mai riusciti a realizzare. Già oggi possono salvarci la vita e il futuro della chirurgia potrebbe essere anch’esso scritto con mani non umane. Stiamo parlando dei robot, pronti a entrare a pieno titolo in sala operatoria.
La chirurgia robotica
Lo stato dell’arte della chirurgia robotica è stato finora rappresentato dal sistema Da Vinci della Intuitive Surgical, un robot telecomandato dal chirurgo che dalla sua postazione visualizza il paziente per intervenire dove ritiene opportuno per mezzo di braccia robotiche.
Poco più di un mese fa, invece, i medici dello Sheikh Zayed Institute for Pediatric Surgical Innovation a Washington hanno dichiarato di aver eseguito con successo alcuni test operatori su tessuti animali utilizzando un robot in grado di operare in autonomia. Si chiama STAR, acronimo di Smart Tissue Autonomous Robot, ed è formato da un braccio robotico, da un sistema per eseguire suture e da una serie di elementi per l’imaging operatorio.
L’arrivo di STAR
I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Science Translational Medicine, dove il team tende a sottolineare che si tratta ancora di un’autonomia sotto supervisione umana. I ricercatori hanno valutato le capacità di STAR nell’operare campioni prelevati da animali. In un’operazione definita anastomosi intestinale, il robot è riuscito a riconnettere frammenti tissutali di intestino con una qualità persino maggiore che negli interventi manuali. Nel caso delle operazioni più complesse e fini, il sistema si è comunque mantenuto all’altezza di un abile chirurgo.
STAR riesce a operare basandosi sulle informazioni raccolte dai numerosi sensori progettati per captare la presenza di elementi di riferimento fluorescenti, i cosiddetti tag NIRF, che vengono posizionati sul tessuto. I tag vengono localizzati e seguiti durante la procedura, mentre una videocamera 3D scannerizza la superficie permettendo al robot di “vedere” e operare di conseguenza.
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Il futuro, tra speranze e paure
La chirurgia robotica sta diventando gradualmente prassi. Nonostante i costi ancora molto elevati, gli ospedali che investono in robot chirurgi, capaci di gestire uno o più interventi, stanno ponendo le basi per una straordinaria rivoluzione. Diffondere robot autonomi o semi-autonomi in ambito operatorio permetterà di ridurre drasticamente gli errori umani, di accorciare i tempi degli interventi ma anche di ampliare l’accessibilità a una chirurgia di qualità.
C’è chi si preoccupa di questa ennesima invasione di robot nel lavoro umano, con nuove posizioni lavorative a rischio.
Altri, come il Dott. Keith Lillemoe, chirurgo del Massachusetts General Hospital, nutrono invece forti speranze nell’assistenza automatizzata senza temere per il proprio ruolo. Secondo il Dott. Lillemoe, ci sono attività che non possono essere computerizzate come la pianificazione dell’intervento o le decisioni chiave nelle situazioni di emergenza, mentre i robot rappresentano un’opportunità unica per migliorare l’efficienza degli interventi chirurgici che non possiamo lasciarci scappare.
Valentino Megale
@quanticmaker