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E alla fine i guai delle banche li pagheranno comunque i cittadini. Sono salvi i soldi dei piccoli risparmiatori (al 100%) e degli investitori (75%), ma a spese dello Stato. Infatti, dopo il fallito aumento di capitale di 5 miliardi di euro richiesto dalle nuove regole Ue a Monte dei Paschi di Siena, il Governo ha varato nella notte con decreto il cosiddetto “scudo salvabanche”.

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Perché è fallito l’aumento di capitale

La più antica banca del mondo aveva convertito in azioni i bond subordinati, raccogliendo la metà dell’obiettivo: circa 2 miliardi e mezzo. Ma alla fine è mancato il cosiddetto anchor investor, ovvero l’investitore di maggioranza (in questo caso il fondo sovrano del Qatar), l’unico capace di mettere sul tavolo una somma importante.

Così lo Stato “nazionalizza” Monte dei Paschi

Con il varo del decreto, lo Stato italiano di fatti diventa azionista di maggioranza di Montepaschi. In vero il Tesoro, a seguito di operazioni sponsorizzate dagli allora ministri Tremonti e Monti, deteneva già bond poi convertiti in azioni per una quota intorno al 4% dell’Istituto, che da solo in tre anni ha raccolto (e ingoiato) 10 miliardi di aumenti di capitale.

Va detto anche che i 20 miliardi di scudo (l’1,17% del Pil italiano) non sono destinati solo a Mps ma all’intero comparto bancario, comportando un aumento del debito pubblico. A questo proposito il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, sostiene che dal punto di vista contabile l’impegno economico dello Stato graverà sulla Legge di bilancio del 2017 e che non sarà conteggiato ai fini del piano di rientro. Anche perché l’Europa (che ha annunciato per le prossime settimane un report ad hoc) guarda con attenzione, o meglio preoccupazione, al fatto che a causa dello scudo non diminuirà il debito pubblico italiano.

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Cosa dice la nuova direttiva europea salvabanche

La risoluzione delle banche in crisi è disciplinata dal 2014 da una direttiva europea, la Brrd (Bank Recovery and Resolution Directive) che introduce in tutti i paesi europei regole armonizzate per prevenire e gestire le crisi delle banche e delle imprese di investimento.

Sottoporre una banca a risoluzione significa avviare un processo di ristrutturazione gestito da autorità indipendenti (le cosiddette autorità di risoluzione) che, attraverso l’utilizzo di tecniche e poteri offerti dalla nuova direttiva, mira a evitare interruzioni nella prestazione dei servizi essenziali offerti dalla banca (ad esempio, i depositi e i servizi di pagamento), a ripristinare condizioni di sostenibilità economica della parte sana della banca e a liquidare le parti restanti.

L’unica alternativa alla risoluzione sarebbe la liquidazione. In particolare, in Italia continuerà a poter essere applicata la liquidazione coatta amministrativa disciplinata dal Testo unico bancario, quale procedura speciale per le banche e gli altri intermediari finanziari, sostitutiva del fallimento applicabile alle imprese di diritto comune (fonte Banca d’Italia).

Non solo Mps. I crediti inesigibili e le altre banche in crisi

Montepaschi, con una crisi innescata dall’acquisizione sanguinosa di Antonveneta del 2007, fino alla crescita dello spread, passando per la grande crisi economica del 2008, non è il solo Istituto finanziario italiano a vivere una stagione terribilmente buia. Certo, è considerata da molti, soprattutto dagli analisti finanziari e dalla stampa anglosassoni il vero “malato” del nostro sistema bancario, secondo i quali un salvataggio gestito bene potrebbe contribuire al risanamento, meglio dire riassestamento, di tutto il sistema.

Per moltissime banche resta il grande problema dei crediti inesigibili, e lo scudo di 20 miliardi servirà probabilmente a contribuire nelle prossime settimane (o comunque nei primi mesi del 2017) a mettere a posto i conti anche in Veneto Banca e nel gruppo Popolare Vicenza, ad esempio, entrambe reduci da aumenti di capitale (e cambi ai vertici), il tutto sotto lo scudo del fondo Atlante.

Sullo sfondo, il nodo delle Popolari, con la riforma di trasformazione in Spa impugnata di fronte alla Corte Costituzionale, il maxi-aumento di capitale da 13 miliardi di Unicredit.

Aldo V. Pecora
@aldopecora