Dalle ricerche di Charles Spence alle strategie delle compagnie, come motori, musica e masticazione cambiano i sapori in alta quota
Tutto parte da uno studio, davvero molto interessante, del 2014. Il 48enne Charles Spence, psicologo sperimentale, docente dell’università di Oxford e soprattutto guru della scienza multisensoriale del cibo e ispiratore di grandi cuochi e brand, scopre che i suoni che ascoltiamo in aereo influenzano i sapori. Dandoci sensazioni diverse, per esempio, per quanto riguarda la dolcezza. Neanche l’umami, uno dei cinque gusti fondamentali percepiti dalle cellule recettrici nel cavo orale umano (gli altri sono appunto dolce, salato, aspro e amaro, a cui si potrebbe aggiungere il grasso, scoperto di recente, portando il conteggio a sei sapori) parrebbe immune dal fracasso prodotto dai motori. E non solo.
L’umami non fa eccezione
Nel caso dell’umami il sapore ne esce accresciuto e non è un caso che questa constatazione abbia condotto negli anni a un’attenta rielaborazione dei menu aerei. Un esempio: il 27% di tutte le bevande ordinate in quota è costituito da succo di pomodoro, ben più gradevole (e consumato) oltre le nuvole che a terra. Questo dipende ovviamente dall’aria, che essendo compressa e riscaldata sfoggia un’umidità relativa molto bassa, con una pressione inferiore a livello del mare. Ma, appunto, pure dai suoni e dai rumori. Per Spence, d’altronde, il suono è uno dei sensi dimenticati del gusto.
British Airways ha rivisto la sua offerta a bordo, caricando cibi che stimolino quel sapore, caratteristico del glutammato monosodico, isolato dal giapponese Kikunae Ikeda nel 1908 e presente in cibi altamente proteici. Altre pietanze molto ricche sono parmigiano, funghi, mais, soia, olive, carne. Altre compagnie, sia scandinave che asiatiche, hanno per esempio introdotto negli anni birre speciali pensate per essere molto buone in quota (e non altrettanto una volta atterrati).
Suoni e musica influenzano i sapori
Il suono – e dunque anche la musica – è quindi intervenuto a fornire un’ulteriore spinta verso la considerazione della ristorazione a 10mila metri di altitudine. Esplorando il modo in cui possa cambiare il modo in cui percepiamo i sapori. Sempre tre anni fa British svelò per esempio le Sound Bites, speciali playlist pensate per sposarsi con certe pietanze offerte a bordo. Accoppiando per esempio la pasta alle opere di Giuseppe Verdi. Ma c’erano anche Louis Armstrong per gli antipasti, Debussy per il petto di pollo arrosto e James Blunt per i dolci. Trovate una playlist anche su Spotify.
Finnair, invece, ha pubblicato lo scorso anno un video in cui si documenta il lavoro dello chef Steven Liu nei Paesi nordici, alla ricerca di ingredienti ma anche di suoni di ruscelli, brezze che attraversano campi e fiori e rami scossi dal vento o che si spezzano. Tutti stimoli acustici da accompagnare ai piatti pensati per la compagnia di bandiera di Helsinki, come la particolare zuppa di pollo dolce con olio di sesamo e di coriandolo.
Gli altri esperimenti
Sempre Spence aveva effettuato un altro esperimento dal quale si provava come i suoni molti acuti, come i tintinnii, potenziano i sapori dolci. Quelli più gravi, invece, si sposerebbero meglio all’amaro. E così via. I fattori da tenere in considerazione sono ovviamente molti. Non solo i suoni esterni, infatti, ma anche quelli prodotti dalla medesima masticazione possono influenzare i cibi, ma questo ce lo insegna da sempre il marketing che, studiando le reazioni e le preferenze dei consumatori, fornisce indicazioni chiare sull’effetto che certi cibi devono produrre. Non solo per essere percepiti come buoni ma anche come più o meno freschi.
In altre parole, una patatina in busta non sarebbe una patatina in busta se non garantisse una sonora croccantezza. Insomma, per i cibi in aereo siamo solo all’inizio.