Il ricercatore che per primo ha cucinato un hamburger con carne cresciuta in vitro assicura: entro tre anni saremo sul mercato
Un consumo di carne in costante crescita è uno dei problemi ambientali più importanti da affrontare nei prossimi anni. Gli allevamenti intensivi hanno un impatto negativo sul Pianeta perché sono fonte di emissione di gas ad effetto serra, mentre le grandi quantità di deiezioni da smaltire possono inquinare il terreno e le falde acquifere. Senza contare che per produrre 15 grammi di carne servono 100 grammi di proteine vegetali. Infine, l’utilizzo massiccio e talvolta disinvolto di antibiotici può essere la causa dell’insorgenza di batteri resistenti.
Se a tutto questo sommiamo il fatto che l’Organizzazione mondiale della sanità ha certificato che il consumo attuale di carne rossa è dannoso per la salute, risulta chiaro come sia necessario cambiare strada.
La carne sostenibile
Se per i vegani e gli animalisti la soluzione è smettere di mangiare carne, per Mark Post l’alternativa è cibarsi di carne sostenibile. Il professore olandese é stato il primo nel 2013 a far crescere il muscolo di una mucca in provetta e con questo ha assemblato e cucinato il primo hamburger sintetico della storia. Il primo della storia anche dal punto di vista del costoso: 250mila euro. La scienza però ha fatto enormi passi avanti in questi anni.
“Sono convinto che entro tre anni riusciremo ad andare sul mercato con un hamburger di carne coltivata in vitro ad un prezzo pari a quello di un hamburger tradizionale”, spiega a StartupItalia! durante il SingularityU Italy Summit Post, che nel 2015 ha lanciato insieme a Peter Verstrate Mosa Meat, una società il cui obiettivo è proprio la commercializzazione di ‘clear meat‘ (come negli USA viene chiamata la carne cresciuta in vitro).
La sfida che si sta giocando è proprio tra Stati Uniti ed Europa. Negli Usa la tecnologia sviluppata da Post è arrivata in un secondo momento, ma gli ingenti capitali messi a disposizione dalla Silicon Valley hanno reso possibile una forte accelerazione e finanche il sorpasso. Oggi società come Memphis Meat, in cui hanno investito personalità come Bill Gates e Richard Branson, si dicono in procinto di arrivare sul mercato.
Ma al di là degli aspetti economici, una barriera allo sviluppo del settore è rappresentata dalle norme sulla sicurezza alimentare. Benché dal punto di vista chimico la carne coltivata in vitro sia identica a quella proveniente da una mucca, il legislatore potrebbe obiettare che la sicurezza non è garantita per il consumatore. “Non credo che ci saranno problemi di questo tipo“, assicura Post. “Non ci sono profili di rischio per il consumatore perché il muscolo che noi facciamo crescere in provetta è indistinguibile da quello proveniente da una vacca in carne ed ossa”.
Si può sostituire la Fiorentina con la carne in vitro?
Semmai il problema è di tipo culturale. E infatti Post ha intenzione di lanciare il suo prodotto a partire dai paesi del Nord, Olanda e Danimarca in primis. Serve infatti un consumatore che da un lato sia attento alle questioni ambientali ed all’altro sia disposto a consumare un tipo di prodotto che è culturalmente nuovo. “Allevare una mucca per mangiare un filetto é la cosa meno razionale che possiamo fare”, spiega Post. “Entro il 2050 il consumo di cane a livello globale sarà raddoppiato e già oggi il 70% delle terre coltivabili é utilizzato per sfamare gli animali”.
“Non dobbiamo pensare di sostituire la Fiorentina della tradizione culinaria italiana con un prodotto uguale coltivato in vitro, anche se dal punto di vista tecnico è possibile far crescere un osso in provetta. Dobbiamo invece offrire un prodotto di largo consumo, che sia buono e a buon mercato, e che possa essere consumato in maniera disinvolta, senza implicazioni di tipo culturale”. In altre parole: la Fiorentina è salva, mentre hamburger, wurstel e bistecche potrebbero presto non provenire da mucche.