La Cina è il più grande consumatori di carne di maiale al mondo. E nei mega allevamenti gli animali sono sorvegliati dall’Intelligenza artificiale per ottimizzare le produzioni
I cinesi amano la carne di maiale e con il crescere del reddito pro-capite sono cresciuti anche i consumi, tanto che oggi il Celeste Impero consuma ogni anno 54 milioni di tonnellate di carne suina. Anche se le importazioni coprono una larga percentuale dei consumi, la maggior parte degli animali viene allevata proprio in Cina, in mega impianti che cubano i 2/3 della produzione nazionale. L’altro 30% è invece prodotto in piccoli allevamenti sotto i 50 esemplari, che tuttavia sono il 98% degli allevamenti totali in Cina.
Questo significa che i grandi allevamenti sono davvero grandi. Migliaia di maiali nascono, crescono e muoiono in strutture agroindustriali, dove ogni variabile è attentamente studiata e valutata per ottimizzare i processi.
Tutti gli animali appartengono alla stessa razza, denominata DLY (un incrocio tra le razze Duroc, Landrace e Yorkshire), che cresce in fretta e produce pochi scarti. E gli scienziati stanno cercando di selezionare animali con tratti ancora più interessanti per l’industria, come un migliore adattamento al freddo (i maiali hanno una pessima termoregolazione, per questo accumulano grasso) oppure l’assenza di coda, che talvolta gli esemplari si azzannano a vicenda in situazioni di stress (come il trasporto su gomma).
Ovviamente anche le razioni sono studiate per fornire ai maiali tutto quello di cui hanno bisogno, senza sprechi. E anche gli spazi sono disegnati per fornire all’animale i giusti metri quadri per vivere, senza sprecare spazio.
Il pork miracle cinese
Grazie a queste mega strutture il governo è stato in grado di fornire carne di maiale a buon mercato alla popolazione. Ma un problema è sorto due anni fa quando una devastante epidemia di peste suina si è diffusa nel paese. Si tratta di un virus (presente anche in Italia ed endemico in Sardegna) che colpisce i suini con tassi di mortalità vicini al 100%.
Per mantenere i prezzi della carne bassi il governo ha messo mano ai suoi enormi stock di carne surgelata e ha aumentato le importazioni. E per arginare l’epidemia ha chiuso migliaia di piccoli allevamenti gestiti da piccoli agricoltori, non in grado di mantenere gli stretti standard igienico-sanitari necessari al contenimento della malattia.
Ed è in questo contesto che l’Intelligenza artificiale è corsa in soccorso degli allevatori. Se un piccolo allevatore riesce a sorvegliare i suoi 50 maiali, monitorare decine di migliaia di capi non è affatto semplice, anzi, è impossibile. Ecco allora che i giganti dell’It cinese hanno sviluppato dei software in grado di riconoscere gli animali (dal muso o grazie a QrCode stampigliati sul pelo). Grazie a telecamere e sensori sparsi in ogni angolo dell’allevamento gli algoritmi raccolgono dati sui movimenti degli animali, sulla temperatura corporea, sui versi emessi, etc. Tutti i dati vengono analizzati e si suggerisce all’allevatore delle migliorie nella gestione della mandria oppure vengono inviati degli alert nel caso un esemplare manifesti i primi sintomi di malattia.
Il maiale fa sposare agricoltura e digitale
Nel business dei maiali sono entrate società come NetEase, sviluppatrice di videogame, che nel 2009 si è lanciata nel business dell’allevamento applicandovi le regole dell’informatica. Raccolta di dati, analisi, elaborazione di strategie, applicazione di nuovi prodotti e strumenti e di nuovo raccolta dati. Ogni aspetto della vita dell’animale è studiato, misurato e ottimizzato. I capi ascoltano musica per ridurre lo stress e fanno quel tanto di ginnastica necessaria a mantenersi in salute.
E ovviamente anche il gigante Alibaba sì è buttato nell’affare. La sua divisione agro ha sviluppato ET Agricultural Brain, un algoritmo di intelligenza artificiale che aiuta gli agricoltori, e gli allevatori, a fare meglio il proprio lavoro. Nel comparto della zootecnia il sistema analizza dati differenti provenienti dall’allevamento per suggerire miglioramenti o identificare capi malati.
Ma la Cina non è il solo Paese che sta investendo su questo business. Anche in Italia ci sono alcune startup che hanno come obiettivo quello di applicare l’Intelligenza artificiale agli allevamenti. E negli Usa tutti i giganti dell’It hanno una propria branca dedicata all’agricoltura, o un proprio fondo di venture capital che investe in società promettenti in questo campo. Sulla lista ci sono ad esempio Microsoft, AWS, Google e Ibm.