Le aziende del settore agroalimentare si interessano alla blockchain soprattutto per una questione di marketing: nel caso della pasta, per esempio, si possono valorizzare la qualità della materia prima e il saper fare italiano. Ma i vantaggi derivanti dall’utilizzo di questa tecnologia si collegano anche a una gestione più efficiente della supply chain
L’abbiamo imparata a conoscere soprattutto in relazione alle criptovalute. Stiamo parlando della blockchain, una tecnologia che consente di registrare un’operazione attraverso una catena di blocchi per assicurare la tracciabilità e l’immutabilità dei dati inseriti. La blockchain non serve solo a registrare le transazioni in bitcoin o in altre valute digitali, ma la sua applicazione riguarda anche molti altri ambiti, tra cui quello agroalimentare.
Come confermano i dati pubblicati lo scorso 15 marzo dall’Osservatorio Smart Agrifood del Politecnico di Milano, le imprese italiane scommettono sempre di più sui progetti di tracciabilità blockchain per i loro prodotti. In poco tempo si è assistito a una crescita vertiginosa, a tal punto che il nostro Paese ospita il 9% dei progetti blockchain nell’agrifood a livello globale. Nel 2019 i progetti che si configuravano come annunci erano al 72%, la quota dei progetti pilota era pari al 24%, e infine trovavamo i progetti operativi ad appena il 4%: nel 2021 siamo passati rispettivamente al 55%, 28% e 17%.
“È il segno che siamo di fronte a un progressivo consolidamento della tendenza e che non si tratta di un semplice hype”, spiega Chiara Corbo, direttrice dell’Osservatorio Smart Agrifood. “Negli anni passati c’è stata un’esplosione di interesse da parte delle aziende, allettate soprattutto dalle opportunità commerciali, ma adesso ci si approccia al tema in maniera più ragionata. Del resto, l’utilizzo della tecnologia blockchain rientra a pieno titolo nei processi di innovazione del settore agroalimentare”.
Gli attori del settore agrifood guardano con interesse alla #Blockchain soprattutto per obiettivi di marketing e comunicazione (54% dei casi), nel 47% dei casi per una maggiore efficienza nei processi di gestione e coordinamento della supply chain #osaf22 pic.twitter.com/qFNXneB40z
— Osservatori Digital (@Osserv_Digital) March 15, 2022
In generale, la blockchain può rivelarsi particolarmente utile nelle filiere lunghe, come quelle del caffè e del cacao, in cui si voglia garantire che vengano seguite determinate pratiche di sostenibilità ambientale e sociale e che ai produttori venga corrisposto un prezzo equo. Questo non vuol dire però che non stia riscuotendo un certo successo anche tra chi si propone di esaltare il processo di realizzazione e le caratteristiche del prodotto Made in Italy per eccellenza: la pasta.
Con questo spirito hanno deciso di affidarsi alla tecnologia blockchain, per esempio, aziende come il Pastificio Agricolo Mancini (nelle Marche) e il pastificio artigianale 28 Pastai di Gragnano (la capitale mondiale della pasta). Ma come funziona concretamente il processo di tracciabilità attraverso la blockchain?
Non solo marketing
Partiamo dalla fine, ovvero dal pacco di pasta, sul quale è presente un Qr code. Scansionandolo con lo smartphone, si può accedere alla carta d’identità digitale di quel preciso lotto di pasta. In altre parole, è possibile ripercorrerne la storia, dal campo allo scaffale, consultando una serie di informazioni relative all’origine della materia prima, ai processi di produzione e di trasformazione.
“La nostra piattaforma gestionale non è altro che un software di supply chain che coinvolge tutti gli attori della filiera: le aziende agricole che producono il grano, il molino che lo trasforma in semola, il pastificio che realizza il prodotto finale”, aggiunge Giuseppe Coletti, ceo e co-fondatore di Authentico, startup campana che ha messo a punto la soluzione blockchain a cui si appoggia il marchio 28 Pastai.
Attraverso la tracciabilità di filiera un pastificio può mettere in risalto la provenienza del grano che utilizza, per esempio, oltre al rispetto di elevati standard qualitativi e di sostenibilità ambientale. Ma allora qual è la differenza con una normale etichetta fronte-pacco che riporta la dicitura 100% italiano? “È vero, la maggior parte delle aziende del settore agroalimentare, a livello globale e non solo in Italia, punta sulla tecnologia blockchain per ragioni di marketing. Ma attenzione a non confonderla con un semplice strumento di comunicazione, come potrebbe essere una qualsiasi pagina web”, sottolinea Chiara Corbo.
“I benefici offerti dalla blockchain riguardano soprattutto l’efficienza della supply chain: è possibile monitorare in maniera più agevole le varie fasi della produzione e garantire una maggiore integrazione tra i dati e la piattaforma, facilitando per esempio i processi di verifica e controllo delle pratiche di sostenibilità. O ancora, grazie alla velocità di recupero del dato, si possono migliorare le procedure di richiamo di un lotto danneggiato. Più la raccolta delle informazioni viene automatizzata (attraverso sensori e altri dispositivi), meglio è, anche a garanzia della veridicità del dato”.
Sulla digitalizzazione dei processi pone l’accento anche Alessandro Chelli, ceo e co-fondatore della startup Apio, che ha realizzato la piattaforma blockchain Trusty su cui si basa il Pastificio Agricolo Mancini per la tracciabilità dei suoi prodotti. “I dati viaggiano in automatico, dai gestionali alla piattaforma: ogni volta che arriva un’informazione di tracciabilità, questa viene notarizzata in blockchain e quindi resa immutabile. Tutto ciò avviene lungo tutta la filiera. Per ogni passaggio il consumatore potrà vedere l’autore della dichiarazione, in che data è stata fatta e altri dettagli”.
Riconquistare la fiducia dei consumatori
La blockchain va intesa innanzitutto come uno strumento per garantire la sicurezza e la trasparenza delle informazioni e per aiutare a proteggere da frodi e contraffazioni. Ma l’obiettivo principale a cui tendono le aziende, facendo leva su questa tecnologia, rimane senza dubbio quello di guadagnare la fiducia nei confronti di un consumatore sempre più attento e consapevole.
Un altro fattore da tenere in considerazione è infatti quello legato alla valorizzazione del prodotto e al suo posizionamento sul mercato. E questo vale in particolare per le eccellenze dell’agroalimentare italiano, che si giocano le loro carte non tanto sul piano del prezzo quanto su quello della qualità. “28 Pastai si colloca in una fascia premium e per consolidarsi in una tale posizione è necessario che il prodotto sia associato a una serie di valori, tangibili e intangibili. Uno di questi è la trasparenza”, prosegue Giuseppe Coletti.
“A Gragnano tutti i pastifici dicono sempre le stesse cose: la pasta è realizzata con grano 100% italiano, trafilata a bronzo, essiccata lentamente e a bassa temperatura. Ma come facciamo a dimostrare che tutto questo non è un semplice blablabla? Il sistema computerizzato della cella di essiccazione, quando finisce il suo ciclo, esegue un upload del modulo tramite uno smart contract che viene registrato in blockchain, senza alcun intervento manuale. Il consumatore può vedere così, per ciascun pacco di pasta, quanto tempo è stata nella cella di essicazione e a che temperatura. Fatti, non parole”.
È proprio questo il cuore della questione: metterci la faccia. Per come è strutturata, la blockchain applicata al mondo del cibo non si addice a chi ha qualcosa da nascondere. “Su una piattaforma blockchain si conserva traccia di tutto“, ribadisce Alessandro Chelli. “Se si accetta la sfida posta da una tecnologia del genere, è chiaro che un’azienda ha deciso di assumersi una responsabilità maggiore nei confronti del consumatore“.