Se quando guardate una banca pensate ancora allo stereotipo del posto fisso, la musica è cambiata. La concorrenza è passata anche di qui, e si sente forte. La prima batosta è stata la crisi, che ha determinato una chiusura di quasi un terzo degli sportelli. La digitalizzazione, la disponibilità di hardware performanti (gli smartphone) e di applicazioni sempre più funzionali sono state il secondo gradino del percorso. A completare l’opera è stato il regolatore, che con i recenti interventi normativi come la direttiva PSD2 sui pagamenti digitali ha spalancato il mondo alle fintech pure. Restava da colmare il divario di fiducia. Ma pare che, anche qui, i tempi siano cambiati.
Cosa si aspettano gli utenti dalla banca del futuro? Un’esperienza d’uso accattivante, estrema facilità di registrazione e servizi a valore aggiunto sempre più evoluti per quanto riguarda risparmio e investimenti, ma anche impegno in cause sociali di interesse generale. Chiaramente, la user experience è centrale per prodotti che saranno fruiti in prevalenza su schermi piccoli come quelli dei telefonini: ben l’84% la ritiene fondamentale. È quanto emerge da un’indagine di Hype realizzata sulla base di un campione di 1,45 milioni di utenti.
Pochi vanno ancora in filiale
Le risposte confermano tendenze già note: innanzitutto, sei utenti su dieci visitano la propria filiale fisica al massimo due volte l’anno. Confermato anche il trend verso la multibancarizzazione: il 77% del campione dispone anche di un conto con una banca tradizionale, e, tra questi, l’86,7% lo usa come conto principale. Sono tanti, però, quelli che vorrebbero poter controllare tutto tramite un’unica interfaccia.
Dall’indagine e dal confronto con rilevazioni simili condotte negli anni precendenti emerge, però, come il clima stia realmente evolvendo verso il digitale, e il primo, decisivo strattone ci sia già stato. Quasi la metà degli utenti (il 44%) si dice poco o per nulla d’accordo con l’affermazione “ripongo più fiducia nei servizi bancari tradizionali rispetto a quelli digitali”, il 39% dichiara di essere indifferente. Probabilmente si trattava del passo più difficile.
Perché si sceglie una banca online?
Ma perché si sceglie una banca online? Tra le condizioni che hanno facilitato il passaggio o, quantomeno, l’apertura di credito da parte degli utenti ci sono la pandemia e la necessità di attrezzarsi con strumenti di pagamento online semplici e sicuri. Per un correntista su tre, un catalizzatore importante è stata, poi, la possibilità di effettuare la registrazione completamente da smartphone, evitando di uscire di casa e la trafila a base di prenotazioni e capienze massime che, in tempi di Covid, è stata a lungo necessaria per recarsi allo sportello.
Rimane alta la percentuale di chi ha scelto un istituto di nuova generazione per motivi di convenienza economica (25,8%), dato, però, leggermente in calo rispetto al 31,3% che rispondeva così nel 2019. Segno di come il mondo delle challenger bank abbia compiuto un salto evolutivo sul fronte dei servizi, riuscendo così a farsi preferire non solo per il prezzo appetibile ma anche per la qualità e la varietà dei prodotti offerti al cliente.
“L’incremento di fiducia che registriamo nei confronti delle challenger bank è la diretta conseguenza della loro maturazione in termini di servizio e della capacità di intercettare e adattarsi alle esigenze del pubblico con grande dinamismo – commenta Antonio Valitutti, ceo di Hype. “Gli utenti hanno ormai piena consapevolezza del fatto che queste realtà possono concretamente migliorare la gestione dei servizi finanziari e ne colgono l’opportunità”.
Prevalgono le operazioni base
Secondo Carlo Panella, head of direct banking di illimity, “c’è stata ampia adoption di questi servizi da parte di coloro che non li utilizzavano e un’intensificazione da parte degli heavy user. Naturalmente le operazioni di base, come bonifici e pagamenti con carta, hanno registrato un incremento maggiore, seguite da quelle che prima eravamo abituati a effettuare offline, come le ricariche telefoniche, il pagamento di bollettini, bolli auto e l’abilitazione dei pagamenti automatici”. Il manager aggiunge, però, che “non sono opzionali alcune delle necessità emerse già da diversi anni come la semplicità, la velocità e la trasparenza. Ma, allo stesso tempo, se ne sono aggiunte di nuove basate sul concetto dell’inclusività”.
Per Panella, l’open banking è la chiave per il futuro. Assieme alle partnership. Niente ecosistemi chiusi alla Apple, per intenderci. “Gli utenti del futuro vorranno sempre di più un modello inclusivo fatto di servizi sinergici, disegnato su bisogni e stili di vita delle persone. Il tutto supportato da sistemi evoluti di data analysis e di intelligenza artificiale per fornire risposte real time e consigli personalizzati basati sull’intersezione dell’attività finanziaria dei clienti con le loro abitudini e preferenze. La banca del futuro quindi diventa un servizio che va oltre i confini della propria app o del sito web per accompagnare il cliente nelle sue attività quotidiane”.
Le banche tradizionali: “Competizione positiva”
Punto di vista diverso, ma convergente, quello di BancoBPM, attore storico del sistema bancario italiano che ha avviato da tempo un programma di trasformazione digitale, ma che con Webank aveva lanciato il proprio servizio online già nel 1999.
Digitalizzazione dei processi di vendita in ottica omnicanale, graduale trasformazione dei processi in filiale in modalità paperless, creazione di nuove modalità di interazione con la clientela anche in remoto sono le direttrici del cambiamento evidenziate da Stefano Cioffi, responsabile di servizi digitali e open banking. L’istituto, però, mira a mantenere quel rapporto diretto con il cliente che è eredità delle filiali. Il digitale, in questo caso, va ad amplificare qualcosa che già esiste. “Vogliamo essere un partner fidato nei momenti chiave della vita dei clienti privati e aziende, mantenendo una forte componente di conoscenza personale che solo una relazione cliente-gestore può garantire, potenziata dal digitale come mezzo di accesso ai servizi della banca in modalità pienamente omnicanale” afferma il dirigente.
“Il contesto pandemico ha accelerato trend che erano già in atto – prosegue Cioffi – La digital transformation sta cambiando le aspettative di customer experience e i comportamenti della clientela; basti pensare che ormai oltre 8 operazioni su 10 vengono svolte su APP, Internet Banking o ATM. La presenza sul mercato di nuovi operatori, tra cui le challenger bank, sono stati di forte stimolo per accelerare percorsi già in atto: la cosiddetta ‘customer centricity’ è entrata ormai nel vocabolario delle banche tradizionali”.
La conclusione sfida, come si diceva, lo stereotipo del posto fisso. Con le challenger bank pronte a colpire, nessuno è al sicuro. E non esistono rendite di posizione. “La sfida più importante resta quella di riuscire a evolvere l’offerta di prodotti e servizi al pari, se non meglio, di quelli offerti da questi competitor. La clientela sta mutando i propri bisogni finanziari e la loro fruizione privilegiando velocità, facilità e tempestività di accesso: solo gli operatori che riusciranno ad allinearsi con questi nuovi trend potranno competere con efficacia e trarne i giusti ritorni”.