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Equity crowdfunding strumento sempre più nodale per il nostro ecosistema di innovazione. Lo raccontano i numeri. Secondo una recente ricerca realizzata BeBeez. – Crowdfunding Buzz, dei 219 round di equity al di sotto degli otto milioni di euro, 105 sono campagne di crowdfunding, ovvero il 48%: «Si può immaginare una crescita a doppia cifra anche nel 2021. L’equity crowdfunding italiano sta recuperando terreno anche rispetto all’Europa. Escludendo l’UK che fa storia a sé,  i dati in termini di raccolta complessiva non sono tanto dissimili in altri Paesi europei, dove però gli investimenti sul venture capital rispetto al PIL continuano a essere superiori», spiega a Startupitalia Dario Giudici.

Dario il founder e Ceo di Mamacrowd, la piattaforma di equity crowdfunding che svela i suoi numeri del 2021: una raccolta media del + 63% (da gennaio ad agosto), 100 milioni ottenuti complessivamente dalle campagne avviate, e una copertura del 37% del mercato dell’equity crowdfunding italiano: «L’Italia ha tutte le carte per correre nell’equity crowdfunding, come una maggiore conoscenza da parte degli investitori e risparmiatori, anche grazie alle agevolazioni fiscali, dei progetti che si presentano in una fase di maggiore maturità e solidità, e la conspevolezza di chi investe di poter concretamente contribuire alla crescita delle aziende, mettendo soldi direttamente nelle loro tasche e non in quelle di intermediari, come avviene in Borsa», continua Dario che, tuttavia, evidenzia come non c’è anche il rovescio della medaglia, ovvero la mancanza di formazione e conoscenza dello strumento, malgrado i miglioramenti degli ultimi anni.

Dario Giudici Mamacrowd

Resilienti in pandemia

I due milioni di raccolta sul fronte della sostenibilità per Lifegate, i quasi due milioni raccolti nell’ecommerce con Yokabè, il milione di Prometheus nel mondo medicale e il milione circa di Orapesce nel food, sono tante le operazioni che si sono concluse con il raggiungimento del gol sulla piattaforma e in settori trasversali: «La Pandemia ci ha portato a rivedere la pipeline dei progetti da pubblicare in piattaforma, a cambiare le cose in corsa per i nostri circa 100mila investor. Abbiamo puntato sulla selezione di quei business con un’anima digital che non avrebbero avuto grandi ripercussioni nei vari lockdown che si sono succeduti. La Pandemia ha portato anche gli investor a riscoprire quei progetti che operano nel campo dei servizi alla vendita digitale che non avevano molto fortuna fino a pochi anni fa», svela Giudici.

Le caratteristiche trasversali degli investor sulla piattaforma è dimostrata anche dalla natura diversa dei progetti che hanno avuto una buona riuscita sulla piattaforma, da Jamin (660mila euro raccolti)  che innova in un ambito molto tecnico come il cantinamento del vino ad ambiti molto più semplici da raccontare come Homepal, agenzia immobiliare digitale che ha raccolto oltre 2 milioni di euro: «La chiave per avere questi numeri è la costruzione di una relazione di fiducia con gli investor del progetto. Abbiamo lavorato molto negli anni per selezionare progetti che avessero già un modello di business funzionante,  che avessero già delle metriche da mostrare. La qualità della selezione è stata fondamentale per creare engagement e fiducia nella community».

Ispirarsi alle storie di successo

Dario ha cavalcato il settore dell’equity crowdfunding fin dalla sua nascita e ne conosce le evoluzioni. Oggi – ci confida – l’approccio delle startup che ambiscono a raccogliere è molto meno “avventuroso” rispetto al passato:  «Siamo passati da una fase in cui dovevamo spiegare come funzionava lo strumento da zero, ad oggi con gli imprenditori che sono molto più pronti e bravi nel presentarsi e promuoversi ».

Per il Ceo di Mamacrowd una buona campagna di equity crowdfunding si basa su due elementi, “studiare e prendere ispirazione dalle storie di chi ce l’ha fatta, e prevedere un piano di marketing serio con un budget sufficiente: «Oggi la vera battaglia si combatte contro la distrazione delle persone che sono bersagliate da offerte. Ci sono ancora aziende che considerano il loro lavoro concluso una volta che hanno pubblicato la loro proposta sulla piattaforma. Questo è l’errore più grave che si può commettere», conclude.