Nel gennaio 2021 in pochissimi avrebbero saputo dare una definizione tecnica (ma anche artistica e perfino filosofica) di quell’acronimo. Se proprio vogliamo individuare un prima e un dopo occorre spostarci all’11 di marzo dell’anno scorso, data da cerchiare perché è da allora che sempre più persone hanno iniziato a sentire parlare di NFT, i cosiddetti Non Fungible Token. Quel giorno Beeple, un’artista digitale (qui trovate il suo profilo Instagram) attivo da tanti anni nel settore, ha venduto all’asta una propria opera per 69 milioni di dollari. Si trattava di un file jpeg, che condensava cinquemila immagini in un unico collage. Quel che è stato venduto non è l’opera in sé, ma un gettone crittografico non fungibile inserito nella blockchain.
«Beeple ha venduto un file metadati, ma l’opera d’arte è ovunque, a disposizione di chiunque sia in grado di reperirla in rete. Non possiamo intendere il fenomeno NFT se prima non comprendiamo la filosofia cripto-anarchica che c’è dietro. L’arte è di tutti, è replicabile all’infinito, tutti possono averla a disposizione. Il museo non è più l’unico luogo dell’arte». Per orientarci in un settore ancora in fase primordiale e che suscita tanti legittimi dubbi ci siamo rivolti a Marco Tullio Giordano, avvocato e partner di 42 Law Firm.
NFT, un’ondata artistico
Il 2021 ha registrato un interesse crescente nei confronti degli NFT, associati fin da subito a una rivoluzione nel campo artistico. Oltre a Beeple ci sono stati i casi dei CryptoPunk, battuti all’asta per cifre altrettanto impressionanti; e come dimenticarsi dell’NFT del meme Disaster Girl venduto per quasi mezzo milione di dollari? Google segnala che l’impennata di ricerche su NFT si è verificata proprio nel 2021 (il grafico qui sotto rende l’idea). Ma cosa ci si può attendere dal 2022 e dal futuro? «Credo che la tokenizzazione, ovvero creare un digital twin (un gemello digitale, ndr)) di qualcosa che sappiamo essere unico e immodificabile e non fungibile, avrà sbocchi ben più interessanti rispetto a quelli a cui assistiamo nel campo artistico», ha argomentato Giordano. Un esempio concreto? A New York aprirà il primo NFT restaurant. Di che si tratta?
Il primo ristorante NFT al mondo
Intanto è bene capire chi c’è alle spalle: Gary Vaynerchuk, content creator, imprenditore e investitore in ambito tech. Da tempo sta parlando degli NFT e di quanto, a suo avviso, travolgeranno il settore legale e dei contratti attraverso la diffusione dei cosiddetti smart contract collegati alla blockchain. In questo locale di Manhattan, il Flyfish Club, si potrà entrare esibendo il token visibile, ad esempio, sotto forma di QR Code. All’ingresso soltanto così si capirà se il cliente è o meno proprietario di un NFT associato al diritto di far parte di quel club.
Una chiave per creare community
Dunque gli NFT hanno a che fare con l’arte, ma anche con il senso di community. Il valore di una membership non è più affidato a una tessera o a un pezzo di carta in cui c’è scritto che siamo iscritti a un determinato circolo ricreativo. Tutto è invece assicurato sulla blockchain e identificabile attraverso un semplice QR Code. «I token che viaggiano sulla blockchain hanno la finalità di rendere liquido un mercato illiquido: sto parlando di beni tanto fisici quanto concettuali, o appunto membership che altrimenti sarebbero di difficile scambio. Se io riesco a trasformare tutto ciò in qualcosa di immutabile, immediatamente scambiabile e sempre disponibile in un wallet, a quel punto apro un nuovo mercato di beni altrimenti ingessati».
Esempi pratici di (possibili) NFT futuri
In rete si è fatto l’esempio intuitivo dell’abbonamento a una palestra. È possibile che in futuro questi servizi vengano tokenizzati e venduti sotto forma di NFT. A quel punto, però, se io cliente decido di mettere in vendita il mio abbonamento (perché non trovo mai il tempo di andarci), la palestra può impedirmelo? La risposta breve è assolutamente no, ma analizziamola meglio. «Dal momento che i token sono programmabili è possibile far sì che, in maniera del tutto automatica, a ogni rivendita di un token (restiamo sempre sull’esempio dell’abbonamento in palestra, ndr) una percentuale della rivendita sia sempre riconosciuta al creatore. In sostanza: è possibile farci tutto quel che vogliamo sul mercato secondario, senza chiedere l’autorizzazione a nessuno. La figura che ha creato e venduto gli NFT ha però la possibilità di vedersi riconosciuto il cosiddetto diritto di seguito».
Dal punto di vista generale è ovvio che gli NFT non diventeranno da subito un oggetto di massa. Al momento gli early adopter masticano già di tecnologia e, cosa ancora più importante, sono a proprio agio nel contesto delle criptovalute (qui un riassunto dell’attuale situazione per Bitcoin) e della blockchain. Continuiamo però con la lista degli esempi di cose che si potranno comprare, vendere o noleggiare attraverso gli NFT. «Se guardo al futuro del legal tech mi immagino che chi domani acquisterà un’auto riceverà il libretto del veicolo sotto forma di token. Per aprire l’auto sarà necessario inquadrare il QR code dell’NFT. Lo stesso con gli smart locker di Airbnb: si entrerà in una casa presa in locazione per un week end senza mai incontrare il proprietario, ma aprendo il lucchetto in modalità smart».
Tutto questo sarà sicuro?
Va da sé che la diffusione del fenomeno NFT non potrà tralasciare il ruolo delle criptovalute, ad oggi lo strumento inevitabile per comprare e vendere prodotti su blokchain. «Magari si potranno utilizzare le CBDC (Central Bank Digital Currency, ndr) come l’euro digitale. Ma se la user experience di wallet e piattaforme crypto diventerà sempre più intuitiva e le blockchain sempre meno costose nelle tasse su ogni transazione, allora le cose cambieranno». C’è poi la questione sicurezza della blockchain, sulla quale però Giordano sembra ottimista. «Sul lungo periodo – ha concluso – dal mio punto di vista i vantaggi in termini di sicurezza che permetteranno la certezza del diritto e l’immodificabilità degli smart contract non ci faranno rimpiangere il passato. Sugli NFT dobbiamo renderci conto di una cosa: siamo in una fase ancora primordiale della tecnologia blockchain. Basta un paragone: nel 1992 era difficile mandare un email. Oggi, invece…».