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«Nel 2005 abbiamo fondato Aria: all’epoca lavoravamo per ridurre il digital divide e portavamo internet wireless là dove scarseggiava la rete. Ci hanno investito circa 100 milioni d’euro alcuni venture capital americani. Poi abbiamo lanciato Go Internet, verticale sul 5G e quotata su AIM Italia. Ora è sotto il controllo di Linkem. In tutti questi anni ho però sempre avuto un occhio attento su blockchain e mondo crypto». Alessandro Frizzoni, imprenditore umbro con un passato nel campo delle telecomunicazioni, ha spiegato a StartupItalia il percorso che l’ha portato alla fondazione di CryptoSmart, exchange italiano con sede a Perugia che consente agli utenti – al momento quelli attivi sono alcune decine di migliaia – di comprare e vendere criptovalute (sulla piattaforma sono presenti le 10 più grandi per capitalizzazione, da Bitcoin in giù). «Ma tutto questo è la base. Vogliamo incentivare un utilizzo sempre più diffuso delle crypto. Con la blockchain viviamo la seconda fase di internet».

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Crytpo per la vita di tutti i giorni?

Dal 2020 in avanti le performance delle criptovalute hanno spinto l’argomento ben oltre gli argini della stampa di settore (per lo più anglofona), arrivando a incuriosire anche i non addetti ai lavori. Per inquadrare lo scenario, CryptoSmart è una startup fondata da pochi mesi che atterra in un mercato dove la maggior parte degli utenti italiani opera su exchange esteri (da Binance a Coinbase passando per Crypto.com o Relai). «Tratteniamo una commissione sul cambio dello 0,2% – ci ha spiegato Frizzoni -. Il nostro obiettivo è sul lungo periodo: guardiamo a quando Bitcoin sarà inteso come la moneta di internet, utilizzato sempre di più per i pagamenti».

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Al momento il dibattito nel mondo occidentale su Bitcoin – tralasciando le altcoin, ovvero le altre criptovalute – tende a definirlo come il nuovo oro digitale, bene riserva su cui investire o, detta altrimenti, attuare piani di risparmio. Il fenomeno è sempre meno di nicchia e la presenza di multinazionali e fondi interessati a questo come a un vero e proprio asset giustifica l’interesse generale. «Ma ci sono alcuni paesi nel mondo in cui Bitcoin è già utilizzato per la vita quotidiana. Accade soprattutto in Nigeria. Chi vuole mantenere potere di acquisto cerca di acquistare Bitcoin. Succede lo stesso anche in Argentina e Venezuela, ovvero là dove la moneta nazionale è debole e si svaluta».

Wallet online, il tema sicurezza

Ma se è difficile capire quale sarà il percorso di Bitcoin e delle altre crypto, è possibile invece parlare della sicurezza per chi decide di acquistarli. Vi abbiamo parlato del furto subìto da Bitfinex e dei suoi recenti sviluppi. La vicenda, per come è stata presentata dal Dipartimento di Giustizia USA, ci permette di inquadrare l’abitudine diffusa delle persone a mantenere le proprie crypto nei wallet online, gestiti dalle stesse piattaforme su cui acquistano. Anche CryptoSmart opera in questa modalità. In pochi utilizzano gli hardware wallet (fisicamente molto simili a chiavette USB), dove gli esperti garantiscono maggior sicurezza. Così abbiamo chiesto un parere anche al Ceo di CryptoSmart. «Nell’80% dei casi i clienti mantengono le crypto sulla nostra piattaforma. È senz’altro giusta la filosofia dell’hardware wallet, soprattutto se si hanno da parte somme considerevoli. D’altra parte ci sono difficoltà tecniche nel mantenersi la propria chiave privata»

Una novità normativa

La diffusione delle crypto va di pari passo con una ricerca da parte delle autorità di regolamentarne il settore, anche per contrastare possibili truffe. In Italia è stato da poco approvato un decreto, firmato dal ministro dell’Economia Daniele Franco. Di fatto obbliga gli operatori italiani del settore – dunque anche CryptoSmart – all’iscrizione nel registro dell’Organismo degli agenti e mediatori. «Noi puntiamo a essere i primi iscritti all’OAM – ha concluso Frizzoni -. È importante che ci sia questa legge».

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