Da Pisa i primi i primi organi chip per condurre test farmacologici attendibili senza usare cavie animali
Nei laboratori del dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa, un team di ricerca guidato dal prof. Giuseppe Barillaro, con la collaborazione del gruppo di Nico Voelcker della Monash University, è riuscito ad usare organi basati su chip per testare delle medicine. Un esperimento eccezionale che sego di non ritorno: grazie a questa scoperta infatti sarà possibile ridurre drasticamente la sperimentazione animale.
I ricercatori hanno lavorato su un fegato artificiale miniaturizzato, costruito con chip microfluidici in silicio che si è dimostrato un modello sperimentale attendibile per i test farmacologici. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista scientifica Advanced Functional Materials: d’ora in avanti sarà sufficiente utilizzare un mini-fegato artificiale per condurre test farmacologici attendibili senza usare delle cavie.
Come funziona un organo-chip
«La novità di questo modello di organo è che si compone di strutture tridimensionali che hanno la dimensione effettiva delle cellule epatiche e che sono disposte in modo da replicare anche architettonicamente l’organizzazione del fegato nel lobulo epatico», spiega il professor Barillaro. In questo modo, gli organi artificiali possono riprodurre alcune funzioni fondamentali del fegato, come la detossificazione.
Per replicare questa struttura sono state utilizzate delle nanotecnologie simili a quelle usate per i circuiti integrati, alimentate con un sistema microfluidico. «Quello che abbiamo dimostrato è che le strutture così composte riescono a mantenere l’attività e le caratteristiche della cellula più a lungo rispetto a quanto non accada con una normale coltura, un mese invece che una settimana – spiega ancora Barillaro – e creare condizioni fisiologiche molto simili a quelle del corpo umano».
Possibili sviluppi
La ricerca del team di Barillaro è destinata a superare ben presto i confini nazionali. Gli Stati Uniti, ad esempio, hanno già avviato la creazione di un Humanchip grazie alla riproduzione di diversi organi chip. L’idea è che gli organi, una volta connessi tra loro, dovrebbero essere in grado di riprodurre la fisiologia umana. Questo renderà possibile testare farmaci su un organo specifico, ma anche controllarne l’impatto sugli altri.
In Europa, invece, si sta pensando a una flagship sugli organi chip, che dovrebbe includere non solo partner accademici ma anche aziende interessate a portare avanti i risultati della sperimentazione. Al momento però, secondo Barillaro, la vera priorità è raggiungere livelli di accuratezza ed efficacia sempre maggiori. Non si tratta solo di poter testare farmaci senza l’uso di cavie animali.
«Replicando in modo sempre più accurato la struttura del lobulo epatico – spiega ancora il professore – potremo arrivare a effettuare test farmacologici con risultati ancora più attendibili e vicini a quelli ottenuti sull’uomo». E inoltre, «ricreare su chip alcune tra le più importanti funzionalità del fegato per andare verso una medicina personalizzata».