Ha appena ottenuto un finanziamento di 4 milioni di euro dall’Unione Europea e un premio ERC di due milioni di euro. Lo studio interdisciplinare delle piante e l’impegno a costruire tecnologie per l’ambiente hanno premiato Barbara Mazzolai, ricercatrice senior e Principal Investigator dell’Istituto Italiano di Tecnologia
Barbara Mazzolai è una biologa prestata all’ingegneria. I suoi progetti di ricerca guardano all’innovazione di frontiera. È impegnata nello sviluppo di robot, ispirati dalla natura e sempre più integrati con le attività umane e con l’ambiente. Ogni giorno testimonia con il suo lavoro la volontà di far dialogare discipline diverse. Per farlo traduce nella pratica una visione, che è anche il filo conduttore della sua carriera. “Siamo parte di un ciclo, ma ancora oggi molte persone fanno fatica a capire le relazioni che esistono tra ambiente, cibo e salute. E quanto stiamo vivendo con il Covid-19 è dovuto a una cattiva percezione e conoscenza dell’ambiente”. Lo dice ammettendo che non è un concetto facile da comunicare.
Tuttavia, è proprio lo studio di questo sistema complesso e integrato che fornirà le soluzioni per l’ambiente e per la salute umana. E i robot, che Barbara Mazzolai realizzerà presso l’Istituto Italiano di Tecnologia saranno in grado di semplificare la complessità. “I robot possono aiutarci a quantificare fenomeni che a volte non riusciamo a misurare con la biologia o l’osservazione. Gli organismi viventi sono estremamente complicati”.
Gli esseri viventi sono fonte di ispirazione
Per capire la complessità bisogna avere la capacità di immergersi all’interno di essa. Sembra essere convinta di questo Barbara Mazzolai quando afferma che nella sua disciplina è necessario creare un “robot proveniente dalla natura e capace di tornare alla natura”. Nasce così il progetto I-Seed, che ha vinto il bando da quattro milioni di euro FET Proactive Environmental Intelligence 2020. I robot protagonisti di questo progetto si ispirano al mondo dei semi, ma nascondono tanta tecnologia e innovazione. Sono miniaturizzati e formati da materiali soffici e innovativi. Racchiudono all’interno della loro tecnologia sensori che saranno in grado di monitorare parametri di salute del suolo e dell’aria.
Il plantoide
Il finanziamento del progetto I-Seed arriva a pochi mesi di distanza dal riconoscimento di un Consolidator Grant da parte dell’ERC. Il premio a Barbara Mazzolai arriva per il progetto I-Wood. La proposta nasce come evoluzione di un prototipo già realizzato dalla ricercatrice: il plantoide, le radici -robot nate per esplorare il sottosuolo.
I-Wood comprende una porzione di ricerca scientifica di base, che riguarda la wood wide web. Le piante sono tutt’altro che individui isolati. Sono in contatto tra loro tramite l’apparato radicale, che forma appunto una rete. Gli alberi si scambiano sostanze nutritive e segnali che ne regolano il comportamento. Una comunicazione che non potrebbe avvenire senza i funghi. La rete micorrizica, ossia la simbiosi tra funghi e radici, permette agli alberi di comunicare a grandi distanze.
“Dobbiamo ancora studiare le regole di base di questa comunicazione”, ha ammesso Barbara Mazzolai. “Le piante hanno adottato strategie evolutive e tecniche di adattamento così avanzate che si parla di intelligenza delle piante”.
Il robot si spinge dove l’uomo non arriva
Barbara Mazzolai progetta i suoi robot con il fine di aumentare la conoscenza. “Ci aiuteranno a esplorare l’ambiente in cui viviamo”. Sarà un drone a spargere e a captare i segnali dei semi di I-Seed. I robot di I-Wood si sposteranno sul terreno per esplorare le caratteristiche del sottosuolo. Quindi i robot di entrambi i progetti raggiungeranno zone inaccessibili per l’uomo o aree remote. “L’obiettivo non è andare a sostituire tecniche più efficaci di monitoraggio con un operatore umano che fa campionamenti e analisi di laboratorio”, spiega Mazzolai. “Vogliamo fornire una tecnologia a basso costo e alla portata di tutti. E la possibilità di attuare un monitoraggio continuo”.
Inoltre con tali sistemi sarà possibile raccogliere dati ancora poco esplorati, come la concentrazione di anidride carbonica in prossimità del suolo. Le radici delle piante infatti sono in grado di rilasciare e catturare il gas responsabile del surriscaldamento globale. E I-Wood rilascerà spore fungine per favorire lo sviluppo della rete micorrizica che si è rivelata un serbatoio di anidride carbonica.
La biologia al servizio dell’ingegneria?
I progetti di Barbara Mazzolai sono rivolti alle tecnologie per migliorare la sostenibilità ambientale. “ Ci vuole anche una tecnologia sostenibile, che non inquini l’ambiente. La mia aspirazione futura è quella di studiare materiali e robot a minor impatto per l’ambiente”. E infatti sia I-Seed che I – Wood mettono in campo i materiali più innovativi per rendere i robot biodegradabili, oltre che privi di elettronica e batterie.
La ricerca di Mazzolai parte dunque dall’ispirazione della natura, ma poi fa da volano per lo sviluppo dell’ingegneria. È un impulso allo sviluppo di nuovi materiali, nuove forme e comportamenti collettivi dei robot. “Le risposte alla complessità non possono basarsi su un unico settore. Per descrivere la complessità è necessario il dialogo tra discipline diverse. Ma questo richiede uno sforzo mentale, perché devi costantemente cercare di capire la lingua parlata dall’altro”.
I progetti europei incoraggiano la multidisciplinarità. “Ma può essere complesso presentare il proprio progetto a una giuria di esperti in un altro settore. Per questo temevo di non vincere I-Wood”, ammette Mazzolai. “Inoltre occorre dimostrare di avere la capacità di portare avanti un progetto che richiede il confronto tra numerose discipline”. Ma la solidità della sua esperienza nell’ambito della robotica ambientale ha avuto la meglio. E con il suo gruppo di ricerca eterogeneo, formato per il 50% da uomini e per l’altro 50% da donne, ha dimostrato di poter sostenere una sfida del genere.
“E poi la visione proveniente da altre discipline può essere affascinante”. È il caso della wood wide web che potrebbe ispirare il mondo delle telecomunicazioni. “Quello che è stato difficile all’inizio, cioè il fatto di essere una biologa in un mondo di ingegneri, oggi è un valore aggiunto”.