Una famiglia su tre nella prima parte del 2020 non ha vaccinato il proprio figlio nelle regioni del Nord Italia. Se si scende lo Stivale, la percentuale è del 26% al Centro e del 40% al Sud. Se si guarda al numero di dosi, se ne sono perse il 66% al Nord, il 73% al Centro e il 60% al Sud. Sono numeri giganteschi quelli emersi da un sondaggio condotto dalla Società italiana di Pediatria (Sip) nel periodo che va dal 28 aprile all’8 giugno 2020.
“Purtroppo i dati sono in linea con quanto si è verificato a livello internazionale – afferma Elena Bozzola, pediatra infettivologa del Bambin Gesù di Roma e Segretario nazionale della Sip – In almeno 68 Paesi del mondo si è registrata una riduzione dell’accesso ai servizi vaccinali che ha messo a rischio 80 milioni di bambini sotto l’anno d’età”. Quando calano le coperture, infatti, aumentano le probabilità di assistere a un ritorno di malattie considerate scomparse, come difterite, morbillo, poliomielite.
“Il dato che fa riflettere è che, sebbene la pandemia abbia colpito più duramente il Nord Italia, è al Centro che abbiamo registrato le percentuali più alte di dosi perse. La nostra analisi voleva capire cosa avesse spinto le famiglie a rinunciare all’immunizzazione dei propri figli”.
Solo 13 casi su 100 sono imputabili agli ambulatori chiusi. Il resto delle defezioni dipende invece dalla paura. “Non siamo riusciti a fornite le adeguate rassicurazioni e informazioni che facessero sentire tranquilli i genitori nel portare il proprio bambino a fare la vaccinazione – osserva l’esperta – L’errore più grave, a mio avviso, è stato non parlare del problema. La comunicazione è sempre l’arma vincente e adesso pediatri e operatori dei centri vaccinali dovranno utilizzarla per recuperare gli appuntamenti persi”.
L’obiettivo del sondaggio online condotto dalla Sip è anche quello di non farsi trovare impreparati se dovesse esserci una nuove recrudescenza di Covid-19. “I centri vaccinali fin da subito hanno adottato tutte le misure di distanziamento ma, nonostante questo, oltre un terzo dei genitori si è dichiarato spaventato dalla possibilità di contrarre il Sars-CoV2”.
Tra i vaccini che sono stati più penalizzati dalle rinunce ci sono quelli contro il meningococco B e C, ma anche quello contro morbillo, parotite, rosolia e varicella. “In generale è andato un po’ meglio l’esavalente, ma il fenomeno ha interessato tutte le vaccinazioni pediatriche senza differenze significative tra le varie dosi. Ovviamente i bambini che hanno saltato la prima sono stati quelli maggiormente esposti, poiché privi di qualunque forma di protezione”.
Le vaccinazioni pediatriche pre-pandemia
Nel luglio 2017 in Italia è stato introdotto l’obbligo per dieci vaccini pediatrici: morbillo, parotite, rosolia varicella, difterite, tetano, poliomielite, epatite B, pertosse, Haemophilus influenzae di tipo B (un batterio responsabile della meningite). L’allora ministro della Salute Beatrice Lorenzin nel decreto che porta il suo nome stabilì che potessero accedere a asili nido e scuole materne solo in bambini vaccinati, mentre i ragazzi più grandi non immunizzati avrebbero potuto frequentare la scuola (tutelando così il diritto allo studio), ma i genitori avrebbero dovuto pagare una multa. Il provvedimento si era reso necessario dall’aumento dei casi di morbillo nel nostro Paese, che nel 2017 erano stati 21.315 (contro i 5.273 del 2016). La letteratura scientifica indica che per questa malattia l’immunità di gregge – cioè la copertura anche di chi non si vaccina, magari per motivi medici – è garantita al raggiungimento del 90-95% della popolazione.
“Dopo l’introduzione dell’obbligo vaccinale sono aumentate sensibilmente le percentuali di bambini vaccinati – osserva Bozzola – I vaccini obbligatori, poi, hanno fatto da traino anche per alcuni di quelli facoltativi: penso per esempio a quello contro lo pneumococco effettuato insieme all’esavalente. Nel 2019 la copertura per il morbillo ha superato il 94%. Nel 2016 era ferma all’87%. Per non vanificare gli sforzi effettuati negli anni scorsi, dobbiamo riuscire a comunicare meglio con le famiglie e recuperare le sedute vaccinali perse”.