Mediamente al mondo si fanno giornalmente circa 5.000 passi, con differenze importanti tra un Paese e l’altro. Esiste una relazione inversa tra il numero di passi registrati e la percentuale di obesi, oltre a una relazione diretta tra la disponibilità di aree pedonali e il livello di attività fisica
Le app per smartphone e i dispositivi indossabili (come orologi e braccialetti intelligenti) per tracciare l’attività fisica e altri comportamenti di salute sono diventati popolari negli ultimi anni e sono ampiamente usati a livello internazionale. Aiutano a raccogliere in maniera passiva una notevole quantità di dati fisiologici che, insieme ai Self Reported Data e ai Patient Report Outcome (i dati di salute raccolti dai cittadini e dai pazienti attraverso semplici questionari somministrati da ricercatori mediante le app che accompagnano tali strumenti) forniscono una fonte di dati in gran parte non sfruttata sui comportamenti di salute che si assumono nel mondo reale e in condizioni spesso molto diverse da quelle ottimali nelle quali sono condotti gran parte degli studi clinici controllati.
La modalità con la quale tali dati sono raccolti fornisce anche un valido aiuto nel condurre studi di sorveglianza che si affiancano agli studi tradizionali e alle sperimentazioni controllate, ponendo le basi per un nuovo modo di fare ricerca, in primo luogo quella epidemiologica. Questo modo di fare ricerca rientra tra le possibilità offerte dalla Infodemiology, la parola coniata oltre dieci anni fa ad indicare la possibilità di mettere in relazione dati raccolti con diverse finalità (per esempio l’analisi delle conversazioni che avvengono sulle piattaforme di social media o lo studio della propensione a eseguire alcune specifiche ricerche sui principali motori di ricerca) con specifiche malattie o condizioni.
L’uso di app e wearable per studi di Infodemiology
Sono molti gli studi condotti in questo settore in questi ultimi anni, molti dei quali ripresi anche in una famosa pubblicazione di Nature. Per esempio, attraverso l’analisi dei dati raccolti da circa 720.000 utenti che in 111 Stati hanno scaricato e usato l’app Argus (una nota per tenere traccia del numero dei passi camminati e delle calorie bruciate) alcuni ricercatori hanno scoperto che mediamente al mondo si fanno giornalmente circa 5.000 passi, con differenze importanti (i più pigri sono gli abitanti dell’Indonesia con circa 3.500 passi giornalieri mentre i più attivi sono i cittadini di Hong Kong con 6.880 passi giornalieri). Sulla base di questi dati essi hanno anche individuato una relazione inversa tra il numero di passi registrati in un Paese e la percentuale di obesi (ottenuta da fonti ufficiali) presenti in quel Paese, oltre a una relazione diretta tra la disponibilità di aree pedonali e il livello di attività fisica.
Altri ricercatori, usando i dati raccolti da oltre 8.000 cittadini attraverso un’app per il monitoraggio del sonno, hanno dimostrato che il sonno è influenzato dalla esposizione alla luce, dal ritmo circadiano e dallo stato d’ansia in cui si trova il cittadino. Altri ancora hanno analizzato le letture della pressione sanguigna di oltre 50.000 individui (con 17 milioni di misurazioni) evidenziando importanti variazioni in funzione della stagione dell’anno, del giorno della settimana e dell’ora, in particolare tra le donne.
Altri ricercatori, analizzando i dati raccolti dalle bilance digitali, hanno evidenziato come nei giorni di vacanza il peso aumenti e osservato, studiando le scelte alimentari operate dagli utilizzatori di specifiche app per il monitoraggio della dieta, come l’indice di massa corporea sia correlato al livello di sale e zucchero contenuto nei pasti da essi selezionati.
Altri studi condotti su app che sfruttano la modalità “gaming” e le competizioni tra utenti (in rete) sono utili per raggiungere il maggior numero di passi in un determinato periodo di tempo con un aumento dell’attività fisica del 23% rispetto alla versione dell’app senza competizione. Inoltre, le competizioni in cui le squadre avevano una divisione di genere uniforme hanno avuto un’aumentata attività fisica. Altri ricercatori hanno analizzato i dati di 10 milioni di utenti di una specifica app per determinare l’influenza di una piattaforma di social network sul peso corporeo e hanno scoperto che gli utenti avevano maggiori probabilità di perdere peso quando avevano più amici in rete del sesso opposto.
Dati sull’attività fisica: quali sono i limiti degli studi
Questo genere di studi che sfrutta il principio della “citizen science”, ha tuttavia dei limiti di cui bisogna tenere conto. Innanzitutto, la possibile inaffidabilità dei sensori impiegati per raccogliere i dati, che in certi casi potrebbe essere sistematica (per esempio gli strumenti per misurare l’attività fisica possono sottostimare il numero di passi nel caso di camminate lente). L’uso di strumenti validati scientificamente potrebbe aiutare a risolvere la questione. A ciò occorre aggiungere la possibilità che i dati raccolti siano parziali, considerato il fatto che gli utenti possono interrompere la loro raccolta smettendo gli orologi o i braccialetti intelligenti o lasciando il proprio smartphone a casa o in modalità inattiva. Per ultimo la raccolta dei dati può soffrire di “bias” di selezione dettati dal fatto che chi usa questi strumenti e fornisce i dati per le analisi potrebbe non essere rappresentativo (per età, genere, area geografica, condizione socio-economica) della popolazione generale, e quindi i risultati ottenuti non essere generalizzabili. Non bisogna infine dimenticare che l’obiettivo di questi studi è di generare ipotesi sulla base di possibili relazioni di causa-effetto sui dati raccolti, ipotesi che andrebbero poi verificate con studi più rigorosi dal punto di vista metodologico.
Quello che però è chiaro è che è necessaria una stretta collaborazione tra le società commerciali che sviluppano questi strumenti e centri di ricerca/università dove sono disponibili quelle competenze di ricerca (anche sanitaria) e di “data science” necessarie per poter interpretare i dati raccolti, metterli in relazione con outcome di salute e generare ipotesi di ricerca.
Senza questa collaborazione, il patrimonio di dati raccolti potrebbe andare miseramente perduto.
Foto in alto: Andrea Piacquadio da Pexels
L’AUTORE
Eugenio Santoro è responsabile del laboratorio di informatica medica, Dipartimento di Salute Pubblica, Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS ([email protected]; www.twitter.com/eugeniosantoro)