Abbiamo intervistato il direttore Geoffrey Davis. Un anno di formazione su game design e molto altro. Perché la “sete” di sviluppatori è tanta
«Il mondo dei videogiochi sta evolvendo. Non riguarda soltanto i gamer. Sempre più aziende investono sull’aspetto ludico per coinvolgere i clienti e raccontare i prodotti». Il Direttore Generale e co-fondatore della Digital Bros Game Academy di Milano, Geoffrey Davis, ha parlato con StartupItalia per presentare la cantera degli sviluppatori: dal 2014 attraverso cinque edizioni – la sesta si prepara all’open day di gennaio – l’Academy ha formato più di 250 profili. Sono i professionisti che hanno soddisfatto l’alta domanda di un mercato fatto non soltanto di aziende del settore: ci sono anche la case di moda e le industrie di design. «Una nostra ex studentessa oggi lavora a Codemasters. Prima faceva la contabile».
Digital Bros Game Academy: il metodo
Nata all’interno dell’omonimo Gruppo, la Digital Bros Game Academy non è un’università, ma è stata impostata sul modello americano dei boot camp. «Abbiamo condensato il lavoro e gli sforzi di due anni in uno – ha spiegato il direttore Davis – Offriamo una preparazione molto intensa, proprio perché crediamo che questa spinta acceleri il processo di apprendimento». Motivazione che sta in piedi se si guarda alla crescita esponenziale che sta avendo il mondo del gaming a livello globale, dove sempre più persone stanno scoprendo gli e-sports come una nuova El Dorado tanto per i fan – supereranno presto quelli del calcio? – quanto per il business.
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I corsi
I corsi della Game Academy riguardano il game desing, il game programming, game art 3D e concept art per videogiochi. Il perno sta nel mondo dell’entertainment, ma le abilità maturate in un anno di lavoro spalancano porte inaspettate. «Nella nostra sede a Milano abbiamo replicato un vero e proprio ambiente di lavoro. Ogni settimana le ore di lezioni variano dalle 12 alle 20: tutto è propedeutico ai progetti e alle consegne che abituano i nostri iscritti a lavorare con tempi serrati. In un anno ragazzi e ragazze sfiorano le 2mila ore. Devono imparare a fare i conti con le loro emozioni perché chiediamo molti sacrifici. Mettono la testa su veri progetti di videogioco, come se fossero in una vera software house».
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Grazie alle competenze maturate in ambienti simili non è difficile sconfinare in altri ambienti lavorativi. «Pensiamo a un gioco di racing: ha gli stessi meccanismi che si utilizzano per addestrare i piloti di Formula 1. Infatti un nostro docente è un artista 3D che ha lavorato presso aziende di sviluppo di simulatori di auto». Come ci ha spiegato il direttore Geoffrey Davis – 20 anni di esperienza in finanza prima di fondare l’accademia – «alla Digital Bros Game Academy i docenti lavorano per potenziare le hard skill e le soft skill». Perché non basta cavarsela con grafica e tecnologia: chi punta a lavorare in grandi realtà deve comprendere il significato del lavoro in team. «Facciamo da ombra a ogni studente. Non si può entrare in questa industria senza abilità tecniche e umane. Il lavoro finale coinvolge team di 15 persone: così si simula quello che accade in una vera software house indipendente».
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Il pubblico dei videogiochi
«Più del 35% della popolazione mondiale è classificata come gamer. Non parliamo di professionisti, ma di persone comuni che passano parte delle proprie giornate a giocare sullo smartphone, sul pc o su console». Percentuale che sgonfia la bolla sulla (spesso urlata) minaccia hikikomori, il termine giapponese che, partendo da casi reali e drammatici, rischia però di associare tutto il mondo gaming a dipendenza, depressione e isolamento sociale. «Più di 600 milioni di persone guardano online persone che giocano, ed è una cosa curiosa», secondo il direttore dell’Academy «perché HBO, Spotify, ESPN e Netflix non superano insieme canali come Twitch e Youtube in termini di views».
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© Fonte: profilo Facebook Digital Bros Game Academy
Il lavoro
Ma qual è il tasso di occupazione degli ex alunni della Digital Bros Game Academy? I dati messi a disposizione dicono che il 78% ha trovato lavoro in Italia e all’estero, sia nel mondo dei videogiochi che in altre realtà. «Sono dell’idea – ha concluso Davis – che i videogiochi ci aiutino a interpretare il mondo di oggi. In un titolo sono mescolati arte, scienza e business».
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