Soluzioni innovative per la salute: la realtà virtuale entra negli ospedali per distrarre i pazienti dai pensieri negativi, migliorare le terapie e restituire dati preziosi ai medici
La realtà virtuale è entrata da tempo negli ospedali grazie ad applicazioni così innovative da migliorare, concretamente, le cure e la qualità di vita dei pazienti. Il trend è in espansione. L’obiettivo è distrarre i malati e allontanarli dai pensieri negativi (per quanto possibile) durante le terapie produce effetti positivi, confermati da numerose pubblicazioni scientifiche. In questo senso, TOMMI è un progetto che offre supporto terapeutico ai bambini con patologie oncologiche attraverso la realtà virtuale e al tempo stesso fornisce dati ai medici sulle loro capacità psicomotorie. E’ un device che consente di trasformare la terapia in gioco, monitorando costantemente i valori dei pazienti. Una startup tutta italiana che al Web Marketing Festival 2017 di Rimini si è guadagnata un credito di 50 mila euro per lo sviluppo di un’infrastruttura cloud, messo a disposizione ad Aruba. Ne abbiamo parlato con il cofondatore, Christian Currò.
In cosa consiste Tommi? Perché abbinare la realtà virtuale al supporto dei pazienti oncologici in età pediatrica?
«TOMMI è un videogioco realizzato in realtà virtuale. Significa che per fruirne bisogna indossare un visore adatto, che nel nostro caso è il Google Daydream abbinato a specifici modelli di smartphone.
Il gioco è progettato per ridurre lo stress e la percezione del dolore nei bambini malati di cancro e nei loro parenti, giocando anche a distanza
durante la terapia».
Per non generare aspettative fuorvianti su un tema così delicato, è bene precisare anche cosa TOMMI non è.
«TOMMI non è un dispositivo medico, non fa diagnosi, ma analizza tutta una serie di comportamenti motori e psicologici che possiamo ricavare grazie al gioco e che suggeriscono allo staff medico come variare nel tempo queste performance. Saranno poi loro in piena autonomia a decidere di approfondire con dei test specifici, nel caso in cui ci siano variazioni sospette di queste performance. La validazione è un plus che vogliamo ottenere, sia per avere una solida credibilità scientifica ma soprattutto per differenziarci dai giochi tradizionali, che sono solo un mezzo di intrattenimento».
Ci sono pubblicazioni scientifiche che avvalorano la vostra idea?
«Ci siamo ispirati alle numerose pubblicazioni scientifiche e ricerche che nel mondo stanno mostrando come la realtà aumentata riesca a offrire esperienze con effetti positivi sulla mente dei giocatori, essendo più coinvolgente di altre soluzioni tradizionali. Proprio il coinvolgimento e la profondità dell’esperienza sono fondamentali per distogliere efficacemente i pazienti dalle emozioni negative che vivono in ospedale, per rilassarli in un ambiente, quello digitale, sicuro e controllato.
Unita alla gamification trasformiamo la routine della terapia in un gioco
Ma non solo: mentre i bambini giocano a TOMMI, le loro capacità psicomotorie vengono continuamente testate ed analizzate. Grazie a questi dati i medici possono valutare le loro performance durante la terapia, intervenendo immediatamente qualora vi fossero delle variazioni sospette. Tommi quindi è anche un mezzo che supporta lo staff medico a prendere decisioni migliori in tempi minori durante la terapia».
Come nasce l’idea di abbinare una startup su un tema così difficile come quello oncologico?
«La nostra storia nasce per caso e per gioco. Casualmente abbiamo visto la pubblicità dell’hackathon di 24 ore organizzato da Merck, a novembre 2016 a Roma. Ci siamo iscritti e non avevamo la minima idea di cosa ci aspettasse, ma dopo la breve presentazione dei focus su cui lavorare, scoprimmo che l’oncologia era uno di questi. 24 ore dopo avevamo un pitch ed una primissima versione del gioco in 2D ed è stata sufficiente per aggiudicarsi il 2° posto e la possibilità di prendere parte al Merck Accelerator Program in Germania».
TOMMI da chi è stata fondata?
«Oltre a me che sono un ingegnere biomedico il team (nella foto sopra) è composto da Valentino Megale, PhD in neurofarmacologia, Gianfranco Damato, sviluppatore software, Bruno Lenzi e Chiara Aielli, ingegneri elettronici. Il team è più che collaudato, lavoriamo insieme da quasi 4 anni, abbiamo avviato progetti ed iniziative, forse la più importante è l’Open BioMedical Initiative, di cui Bruno, io e Valentino siamo cofondatori. Ma il vero valore aggiunto sono le diverse competenze ed esperienze che abbiamo sviluppato in questi anni anche in altri campi, rispetto a quelli dei nostri studi, che ci permettono di essere completi ed indipendenti sotto tanti punti di vista».
Che percorso avete intrapreso? A che punto siete ora?
«Sicuramente è stato molto importante partecipare all’accelerazione al Merck Innovation Center di Darmstadt, in Germania. Sono stati 3 mesi fondamentali, per crescere personalmente, ma soprattutto per sviluppare delle solide basi per il nostro business. Quale miglior occasione di sviluppare il business model di TOMMI se non all’interno di una delle più importanti aziende farmaceutiche che investe tanto in R&D proprio sull’oncologia? Abbiamo così avuto la possibilità di confrontarci con tante realtà internazionali ed iniziare a costruire il nostro network di ospedali e specialisti sia in Italia che in Germania. Inoltre siamo stati selezionati per il follow up che Merck Italia ha organizzato dopo l’hackathon, scegliendo i migliori progetti. Durante questi mesi ci siamo iscritti a tanti bandi ed application e siamo stati selezionati per partecipare alla Lean Startup Academy organizzata da eHealthHub e poi recentemente alla finale della pitch competition organizzata dal Web Marketing Festival 2017, dove abbiamo vinto il primo premio del pubblico».
Come vi finanziate e come si sviluppa il vostro business?
«Nel nostro modello di business TOMMI è un servizio B2B. I nostri principali customers sono aziende farmaceutiche che hanno tra i loro focus l’oncologia e le assicurazioni sanitarie, alla continua ricerca di nuovi modi per aumentare l’aderenza della terapia e migliorare il rapporto medico-paziente. Il nostro obiettivo è quello di fornire a loro TOMMI come servizio, che a sua volta viene offerto agli users in modo totalmente gratuito. Siamo partiti da una nicchia ben definita: giovani pazienti oncologi».
Quali sono state le principali difficoltà incontrate e la più bella soddisfazione ottenuta fino ad ora?
«Le difficoltà sono tante, ma non impossibili da superare. Trovare l’investitore giusto che non ti supporta solo economicamente, ma anche con il proprio network di potenziali customers. Il mondo delle aziende farmaceutiche ed assicurazioni sanitarie è sicuramente un ambiente difficile, pieno di regole e non è facile per nessuno, soprattutto se ti proponi con un servizio altamente innovativo come la realtà virtuale che è agli inizi della sua espansione. Ma questo, se lo guardiamo da un altro punto di vista, potrebbe essere un nostro punto di forza nei confronti dei nostri competitors».
Come gestite emotivamente l’approccio coi pazienti?
«Forse la cosa più difficile, dal punto di vista emotivo, è entrare nel reparto e trascorrere un po’ di tempo con i bambini e i medici. Ognuno ha una storia diversa e vive il suo percorso in modo diverso e non sai mai come approcciarti. Fortunatamente il gioco rende sempre tutto più facile. La più bella soddisfazione è stata quella di vedere un’idea realizzata in meno di 24 ore evolversi in pochi mesi in qualcosa di concreto e ricevere tanti feedback positivi da tutti coloro che entrano in contatto con noi, nonostante lo scetticismo iniziale. Questo ci spinge a fare sempre meglio ed a continuare su questa strada. Proprio grazie ai consigli ed i feedback ricevuti dagli ospedali e specialisti che collaborano con noi, abbiamo realizzato una versione demo del gioco, composta da 4 esperienze digitali che testano capacità motorie e psicologiche».
Attualmente di cosa avete bisogno?
«Stiamo cercando un investimento di 300 mila euro per completare lo sviluppo del gioco, della piattaforma, per proteggere il nostro algoritmo di intelligenza artificiale, estendere il nostro business network ed essere pronti a metà del 2018 per la fase dei test di validazione del gioco completo».
Nel prossimo futuro che progetti avete?
«Il problema che stiamo affrontando non è il cancro, ma la qualità dell’ospedalizzazione. Per questo motivo in futuro puntiamo ad espanderci e supportare tutti i bambini ospedalizzati e successivamente anche i pazienti adulti ed anziani. Ci piacerebbe inoltre fare una partnership con una casa produttrice di visori, magari proprio Google visto che abbiamo standardizzato il gioco sulla piattaforma Daydream, che è un ottimo compromesso qualità/prezzo, per dare la possibilità ai pazienti e loro genitori di ricevere il visore ad un costo ridotto o meglio ancora gratuitamente».