La robotica è un’opportunità per tutti, e in particolar modo per i più giovani: le prospettive che si aprono in questo settore, che sta emergendo in modo dirompente e molto diverso da come si pensava sarebbe accaduto solo pochi anni fa, sono decisamente interessanti per chi si sta ancora completando il proprio percorso di studi. Ma non si tratta solo di specializzarsi nelle discipline STEM (Science Technology Engineering Mathematic), che pure sono la risorsa primaria per assicurarsi un futuro impiego: è questo il fulcro della conversazione imbastita attorno a un tavolo nel corso di Campus Party, grazie all’incontro organizzato da Young Women Network e intitolato “Donne 4.0”.
Non è solo una questione di genere
Sbaglierebbe, però, chi pensasse che la questione sia legata esclusivamente alle quote rosa o alla diversità sul posto di lavoro: certamente come ha ricordato Fiorella Operto – presidente della Scuola di Robotica – oggi il campo della robotica e in generale delle discipline tecniche è decisamente più aperto di quanto non lo fosse 40 o 50 anni fa, alla metà del 20simo secolo. Ma bisogna fare attenzione a non cadere nel tranello di pensare che, poiché la robotica oggi vive una nuova giovinezza che la sta portando letteralmente nella vita di tutti i giorni dell’Occidente industrializzato, sia una mera questione di rendere più pop la materia e di lasciar salire anche le donne a bordo.
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Oggi le giovani donne sono più facilmente attirate verso lo studio delle materie scientifiche perché gliene viene offerta la possibilità: non ci sono differenze di tipo fisiologico tra uomini e donne, dunque il completamento degli studi e l’eccellenza nelle discipline tecniche è solo questione di impegno e perseveranza. La presenza delle donne può in più offrire un punto di vista nuovo e originale a uno stato dell’arte che troppo a lungo è stato esclusivamente maschile: come integrare i nuovi sensori e le nuove tecnologie in casa, in ufficio, in negozio e più in generale in giro per le città richiede uno sforzo creativo che fino a questo punto forse è mancato.
Non si può cancellare l’umanesimo
Vale la pena, però, citare qui anche le parole di Gianpiero Meazza – senior vice-president di NTT Data Italia – che richiama un punto fondamentale: al cambiamento, all’innovazione, non ci si può accodare o peggio adattare. “Dobbiamo essere noi gli agenti del cambiamento” dice, sottolineando come sia scolpito nella sua mission aziendale contribuire a integrare armoniosamente la tecnologia nella vita quotidiana. Ed è proprio l’ideale proseguimento del pensiero di Operto: la visione monolitica della multinazionale da sola non basta a disegnare il futuro, occorre fare appello a tutto quanto il tessuto accademico e produttivo di un paese.
Per questo, racconta Meazza, NTT Data è impegnata a valorizzare l’intero ecosistema: dai centri di ricerca sparsi in tutta Italia, alle strutture che nascono in seno all’università come il piccolo polo ingegneristico di Arcavacata a Cosenza, che incubano startup capaci di creare prodotti appetibili per la multinazionale stessa. Ma non è solo nelle facoltà scientifiche che si cercano i talenti: “Oggi cerchiamo data scientist, ma il cambiamento è talmente veloce che forse pensare che basti prepararsi su questi temi per garantirsi un futuro è ingenuo: cerchiamo persone che non vogliano vivere di rendita, che abbiano voglia di imparare e studiare a lungo. E non si può neppure pensare che tutti debbano essere costretti a studiare tecnologia: ci sono altri campi della conoscenza da esplorare e curare, e le passioni vanno rispettate perché sono la vera spinta che produce il cambiamento”.

Quali sono dunque le materie da studiare: “Lo sviluppo della robotica sa aprendo nuovi scenari – spiega Gianluca Meardi, executive director di PwC Italia e fondatore di Scuola++ – Alle professionalità tradizionali, come quelle di meccatronica, programmazione e integrazione dei sistemi, si uniscono quelle di linguistica computazionale e marketing per mettere in piedi quella che definiamo intelligente experience economy: occorre realizzare una interazione uomo-macchina realmente emozionale e rilevante, e per farlo occorrono queste competenze, e non ultimo una vocazione artistica tipicamente italiana”. PwC sta lavorando a una serie di progetti in questo senso, tra cui Holobotics che è tutto italiano e che ha anche appena vinto un premio PwC Global Innovation Challenge: con il robot Nao mostrato nelle foto (e la sorella maggiore Pepper) viene messa alla prova la capacità di stabilire un rapporto empatico e produttivo con l’essere umano, provando la qualità dell’attuale livello di sviluppo di interfacce vocali, mimica, e delle intelligenze artificiali che progressivamente si stanno facendo strada nella vita di tutti i giorni.
L’industria 4.0, oggi
Tutto questo si inserisce appunto in una realtà che già oggi attraversa profonde trasformazioni: come ricorda Martina Rogato, che di Young Women Network è presidente, entro pochi anni saranno tra il 40 e il 60 per cento delle attuali professioni a essere “digitalizzate”. Un’evoluzione sostanziale che comporterà inevitabilmente un cambiamento sociale.
Contribuire a diffondere l’insegnamento delle discipline STEM può essere visto al contempo come uno strumento per raggiungere la parità di genere, così come per rendere più inclusiva la società. “Vogliamo un mondo più ricco di differenze, perché nella differenza c’è la ricchezza” le fa eco Francesca Montemagno di Smartive: ma, puntualizza, non si può sperare che basti fornire un’infarinatura di questi principi all’università. Occorre iniziare dall’infanzia a trasferire ai bambini i valori legati alla parità di genere e l’importanza della diversità in generale.