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Davide D’Atri (Soundreef): “Parliamo di tecnologia e musica, vi prego, non di avvocati”

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Davide D’Atri (Soundreef): “Parliamo di tecnologia e musica, vi prego, non di avvocati”

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Il CEO di Soundreef spiega in una lunga intervista concessa a StartupItalia! qual è l’approccio della sua startup fintech al mondo della musica. Puntando a offrire soluzioni tecniche e tecnologiche per superare il monopolio SIAE

Il CEO di Soundreef spiega in una lunga intervista concessa a StartupItalia! qual è l’approccio della sua startup fintech al mondo della musica. Puntando a offrire soluzioni tecniche e tecnologiche per superare il monopolio SIAE

Economia Digitale
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Luca Annunziata
4 ago 2017

Non è questione di denaro, di tribunali e di monopoli (monopoli di legge, presunti o di fatto: poco importa). In una lunga chiacchierata con StartupItalia!, il CEO di Soundreef Davide D’Atri cerca a più riprese di far passare un concetto che ritiene fondamentale: “Noi siamo una startup tecnologica. Siamo di fatto una società che fa fintech: quella che è in corso nel mondo della musica è una rivoluzione digitale, che forse riguarda più le aziende che i consumatori, ma va a incidere su un mercato enorme. Noi ci siamo mossi in anticipo: semplicemente, ora i nodi vengono al pettine”.

Noi siamo una startup tecnologica. Siamo di fatto una società che fa fintech

L’Europa, la SIAE e la musica

SoundReef

Davide D’Atri, CEO di Soundreef

Inevitabile parlare e ragionare di diritto d’autore, del ruolo di SIAE nella raccolta degli incassi e nella loro ridistribuzione, della campagna che stanno portando avanti molti artisti famosi (su tutti Fedez), ed è da qui che partiamo nell’intervista. In particolare dalle indiscrezioni che ruotano attorno a una possibile procedura di infrazione europea ai danni dell’Italia: “Non so nulla di quanto hanno pubblicato i giornali (si parla di una procedura d’infrazione per l’Italia in merito al recepimento della direttiva Barnier, ndr) – chiarisce D’Atri – Ma non ho dubbi che la Commissione procederà in autunno: abbiamo presentato esposti, fatto comunicazioni. E non siamo i soli, anche altri soggetti interessati hanno fatto lo stesso”.

Nelle parole di D’Atri comunque c’è anche un’apertura, il CEO non sembra interessato al muro contro muro: “Questo è un tema complesso, che non si presta a semplificazioni tipo bianco o nero: è un tema sul quale non crediamo di essere santi, con SIAE nella parte del diavolo o viceversa, crediamo invece sia necessario sedersi attorno a un tavolo e concertare per il bene dell’intero ecosistema. Siamo pronti anche a cedere su alcuni aspetti andando contro i nostri interessi: ci interessa arrivare a un risultato condiviso, e credo sia importante che le istituzioni facciano il proprio dovere aiutandoci a trovare soluzioni eleganti a questo che è un problema complicato”.

A Soundreef sta a cuore, racconta il suo fondatore a StartupItalia!, il rispetto degli autori e dei principi etici: per questo, dice, avevano anche avanzato l’ipotesi di permettere a SIAE l’incasso pur di accorciare i tempi per giungere a una soluzione, “purché la SIAE ci giri gli incassi entro 30 giorni”. La mancanza di tempi certi non permetterebbe di garantire la trasparenza che Soundreef punta a offrire ai propri associati, e di conseguenza la questione è giunta allo stallo attuale: una polemica su a chi spetti l’incasso nelle manifestazioni pubbliche con azioni in tribunale, querele, e Fedez che chiede (e ottiene) giustizia nelle aule di Milano.

Mentre stiamo lì a bisticciare sull’orticello italiano, arriveranno altri soggetti dall’estero: se non avremo pronto un mercato competitivo con leggi fatte bene, che prevengono lo sfruttamento dei piccoli autori e innescano logiche di concorrenza virtuosa, rischiamo di trovarci in una posizione peggiore dell’attuale

“Stiamo guardando questa faccenda in maniera miope – continua D’Atri nel corso dell’intervista con StartupItalia! – Stiamo guardando il nostro giardino e stiamo trascurando cosa sta succedendo nel mercato europeo: mentre stiamo lì a bisticciare sull’orticello italiano, arriveranno altri soggetti dall’estero e se non avremo pronto un mercato competitivo con leggi fatte bene, che prevengono lo sfruttamento dei piccoli autori e innescano logiche di concorrenza virtuosa, rischiamo di trovarci in una posizione peggiore dell’attuale”.

Dove sono gli ingegneri?

A questo punto però D’Atri sfodera una domanda spiazzante: “Quello che mi stupisce, ed è anche un po’ triste, è che nel dibattito che in Italia si dipana tra convegni, riunioni politiche e audizioni, mancano sempre i tecnici: dove sono gli ingegneri?” ci chiede, diventando lui per un attimo l’intervistatore. E continua: “Se non fai entrare i tecnici nel dibattito, se non li coinvolgi chiedendo la loro consulenza su quello che si può fare e non si può fare, come si fa a stabilire a priori quello che è possibile o non è possibile fare per gli artisti?”.

Il punto, secondo D’Atri, è che il dibattito si è focalizzato attorno a questioni legali: ma la vera chiave per superare l’attuale stallo polemico sul ruolo delle collecting society passa necessariamente per i bisogni pratici degli artisti e sulle risposte tecniche e tecnologiche a questi bisogni. Gli autori, grandi e piccoli, coloro i quali della musica hanno fatto una ragione di vita e che puntano a trasformare la propria passione in un lavoro: “Tutti i nostri servizi sono nati e continuano a crescere cercando di cogliere i bisogni di tutti gli autori, grandi e piccoli: sin dal principio abbiamo costruito le gambe della nostra società sui piccoli autori, e saremo sempre in debito con loro e impegnati per loro” continua D’Atri.

Proprio parlando degli interessi dei piccoli autori le questioni tecniche diventano particolarmente rilevanti. Sono due le fonti principali di introiti di chi è agli esordi nel mondo della musica, ci spiega D’Atri: i piccoli concerti (quelli dei pub, dei ristoranti) e le radio locali. Due questioni spinose, visto che da anni si discute della possibilità di semplificare la raccolta e la ripartizione dei diritti d’autore in questi due settori, con uno scontro culturale tra ripartizioni analitiche (cavallo di battaglia di Soundreef) e statistiche (come fa SIAE).

Su queste due questioni Soundreef si è concentrata, racconta D’Atri: mettendo in piedi per prima un cosiddetto borderò digitale nel 2014, che agli organizzatori costa 29 euro e che entro 7 giorni fornisce rendicontazione completa ed entro 90 giorni consente di pagare gli artisti con un approccio totalmente analitico. Non ci sono scappatoie, si ottiene fino all’ultimo centesimo spettante in base a quanto si è suonato sul palco. “Sulle radio locali poi – ci spiega D’Atri – quelle che sono dispensate da mandare report a SIAE, operiamo una rendicontazione entro 48 ore grazie a un sistema di riconoscimento automatico dei brani: funziona anche per le radio online”.

Tecnologia e musica

A D’Atri chiediamo come stia crescendo la sua startup: “Alla fine quello che conta per gli artisti è vedere che ciò che metti in campo è un servizio solido, che funziona e genera introiti: è con la tecnologia che convinci gli artisti a spostarsi da SIAE a Soundreef, è con la tecnologia che convinci gli investitori a fornirti i capitali per crescere. Abbiamo davanti una sfida importante – prosegue – Abbiamo costruito una buona macchina che è in grado di accelerare sempre di più in un mercato grande e che attraversa una evoluzione importante: non dobbiamo deviare dal nostro obiettivo principale, ovvero la raccolta veloce e la rendicontazione analitica”.

Un aspetto interessante, questo, per comprendere appieno qual è il ruolo che Soundreef punta a ricoprire sul mercato e quale sia il prodotto/servizio che offre ai suoi clienti. D’Atri spiega a StartupItalia! che all’inizio si è scontrato con un equivoco: i più credevano che Soundreef puntasse a replicare l’impostazione e la struttura di SIAE, ma è stato quando è riuscito a far comprendere ai potenziali investitori che si trattava di un nuovo servizio tecnologico, che creava una discontinuità nel modo in cui fino a oggi era stato gestito il diritto d’autore, che le cose sono cambiate.

“Appena hanno capito sono arrivati i finanziamenti” ci racconta: la definizione che fa lui stesso di Soundreef azienda fintech calza piuttosto bene a un servizio che mette in piedi una piattaforma tecnologica in grado di cambiare come vengono gestiti gli incassi di concerti e messe in onda, riducendo i costi, riducendo i tempi di lavorazione e aumentando i margini per gli associati. Fattori che hanno contribuito a raggiungere quota 8.000 associati, un numero che diventa significativo a livello nazionale e non solo.

Se SIAE è un’azienda efficiente, che può stare sul mercato, manterrà il suo monopolio di fatto: noi spariremo e spariranno gli altri concorrenti

Fedez e Fabio Rovazzi, due degli associati Soundreef

L’autunno caldo del diritto d’autore

Cosa ci aspetta nei prossimi mesi, cosa succederà a SIAE, a Soundreef, al diritto d’autore. Che ne sarà di Fedez? Con D’Atri proviamo a tirare le somme sulla vicenda: “Da una parte ci sono una serie di norme europee che consentono il libero scambio di merci e servizi tra paesi comunitari – conclude – Noi operiamo in tutta Europa, compresa l’Italia: il fatto che l’Italia abbia nel suo codice civile una disposizione che sembra impedire la concorrenza è un’eccezione, che dovrebbe essere superata dalle norme europee. Se SIAE è un’azienda efficiente, che può stare sul mercato, manterrà il suo monopolio di fatto: noi spariremo e spariranno gli altri concorrenti. Se sono convinti della loro forza e capacità, che competano con noi ad armi pari”.

Tags: #COLLECTING-SOCIETI #DIRETTIVA-BARNIER #DIRITTO-DAUTORE #FINTECH #MUSICA #SIAE #SOUNDREEF
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