Tempesta perfetta sulla società energetica controllata da Eni (30,5%) e gruppo Cassa depositi e prestiti tramite Cdp Industria (12,5%)
I venti di guerra a Est, i lockdown, la folle corsa dei prezzi delle materie prime mentre il mondo esce dalla pandemia e alcune operazioni non proprio azzeccate rischiano di fare parecchio male a Saipem, marchio storico, fondata da Enrico Mattei, oggi controllata al 30% da Eni e un altro 12,5% fa capo a Cassa depositi e prestiti, mentre, al di fuori delle partecipazioni dello Stato italiano, Marathon Asset management (5,6%) ed Eleva Capital (3%). La società, in cui lavorano oltre 30mila persone, è crollata pesantemente in Borsa, unico titolo a soffrire così tanto, dato che la riconferma di Sergio Mattarella al Quirinale ha fatto iniziare la settimana all’insegna del bel tempo, con tanto di spread in discesa.
I problemi di Saipem
A Piazza Affari Saipem lascia invece il 26,28%, dopo le previsioni sui conti del 2021 con una perdita di oltre un terzo del capitale. Il Consiglio di amministrazione ha infatti deciso di rivedere il backlog e di ritirare gli outlook annunciati il 28 ottobre 2021.
I nuovi numeri, inutile dirlo, fanno correre più di un brivido lungo la schiena, soprattutto ai creditori: il bilancio civilistico 2021 è previsto in perdita per oltre un terzo del capitale sociale. La società ha avviato contatti preliminari con controparti bancarie oltre che con gli azionisti Eni e Cdp Industria per verificare la loro disponibilità a supportare un’adeguata manovra finanziaria. Il rischio, infatti, è che i creditori chiedano a Saipem di far rientrare i capitali, a fronte di perdite tanto elevate.
La stessa società ha detto che la backlog review avviata dal management di Saipem in previsione dei risultati dell’andamento delle commesse acquisite negli anni scorsi, evidenzia un “significativo deterioramento dei margini economici a vita intera di alcuni progetti relativi all’E&C Onshore e all’Offshore wind con conseguente effetto sui risultati economici consolidati”. A pesare, in particolare, sui conti di una società che aveva ritrovato l’utile solo nel 2019, per poi essere travolta dalla crisi pandemica, sarebbero le operazioni in Mozambico, fermate da alcuni attentati terroristici avvenuti in prossimità degli impianti e quelle in Qatar, che non hanno ancora portato nulla di concreto.