Una Oracle diversa da come te l’aspetti: varchi i cancelli della sede milanese dell’azienda che viene dalla California, e che condivide la stessa cultura che ha dato i natali alle grandi aziende della Silicon Valley, per incontrare un colosso da 40 miliardi di dollari di fatturato che vive e ragiona come fosse un’azienda appena nata.
Tutti pronti a mettere in discussione 40 anni di storia e di abitudini consolidate, e affrontare una nuova era dell’informatica e dell’industria: senza dimenticare la qualità che da sempre contraddistingue la corporation di Larry Ellison, il pragmatismo.

La seconda ondata
Quello che non manca a Oracle sono le opportunità: con quasi 140mila dipendenti all’attivo, è un gigante che si muove con disinvoltura tra hardware e software. Il management però ha stabilito che quello che ha funzionato fino a oggi non basta più: è chiara l’intenzione di non sedersi su formule che fin qui hanno prodotto e continuano a produrre utili, ma che sempre meno si adattano facilmente alla varietà di situazioni che si incontrano giorno dopo giorno. Allora qualche anno fa, quasi in sordina, è stato abbracciato il cambiamento: la prima fase è consistita nel trasformare il prodotto – dai database ai middleware, dagli ambienti di sviluppo agli ERP: tutto – in servizi pronti ad essere erogati a mezzo cloud.