L’uomo che ha dato il via al World Wide Web è preoccupato dalla diffusione delle fake news e dal sistema di introiti pubblicitari utilizzati dei grandi provider
«Sono e rimango un ottimista, ma in questo momento mi sembra di stare in cima a una collina, aggrappato a una ringhiera, con un vento fortissimo in faccia che rischia di portarmi via». A dirlo è Tim Berners-Lee, l’inventore di Internet, e il vento di cui parla è quello del web di oggi, alimentato da scarsa protezione della privacy, diffusione delle fake news e da una sempre più estrema polarizzazione del dibattito, politico, sportivo o sociale che sia.
L’informatico britannico è sempre stato consapevole, come ha spesso ripetuto, che la sua creazione sin dal principio contenesse pregi e difetti, ma forse neanche lui avrebbe potuto immaginare la direzione che avrebbero preso gli eventi. La sua idea di “piattaforma aperta che consente a chiunque di condividere informazioni, accedere a nuove opportunità e collaborare superando i confini geografici” deve vedersela ora con sfide tutte nuove.
Il problema delle Fake News
La diffusione di informazioni false, veicolate in maniera tale da influenzare opinioni, dibattiti, persino elezioni, ha ormai preso sempre più piede, anche a causa dei sistemi pubblicitari utilizzati dalle grandi piattaforme digitali, come Google o Facebook, per catturare l’attenzione degli utenti. In alcuni casi queste piattaforme offrono agli utenti che generano contenuti (veri o falsi che siano) una percentuale delle entrate pubblicitarie che si creano.
Un sistema che, lo si è visto in molti casi, ha generato dei paradossi. Solo per citare un esempio, recentemente alcuni teenager macedoni hanno prodotto e messo in rete fake news che sono poi state rilanciate su Facebook e indicizzate su Google, generando un introito grazie alle entrate pubblicitarie. Un mondo fuori controllo, che sfugge alle regole semplicemente perché le regole non ci sono. «Il sistema sta fallendo – spiega Berners-Lee – il modo in cui sono strutturate le entrate pubblicitarie non risponde affatto all’obiettivo di promozione della verità e della democrazia che avevo immaginato quando ho sviluppato il World Wide Web. Quindi sono molto preoccupato».
Lo scorso marzo, prima ancora che uscisse la notizia secondo cui la Russia avrebbe cercato di influenzare le elezioni americane attraverso contenuti a pagamento su Facebook, Google e Twitter, Berners-Lee aveva chiesto pubblicamente una regolamentazione univoca per prevenire un uso non etico e parziale della pubblicità su Internet. Un grido caduto nel vuoto, a giudicare dagli eventi che sono seguiti. Ma forse non è troppo tardi per tornare indietro: «Siamo talmente abituati ad essere manipolati da questi sistemi da pensare che sia così che funziona Internet. Invece dovremmo pensare a come dovrebbe essere e a come potremmo migliorarlo».
Net Neutrality
Il sistema si dovrebbe basare sulla cosiddetta “net neutrality”, ovvero l’idea che i provider di servizi Internet garantiscano lo stesso trattamento dei dati di tutti, assicurando che le grandi aziende come Comcast, AT&T o Verizon non li utilizzino in maniera selettiva per i propri scopi commerciali. Una regola che è stata spesso disattesa, come quando AT&T ha bloccato il funzionamento di Skype su iPhone per garantirsi maggiori entrate grazie alle telefonate classiche, o quando Verizon ha bloccato Google Wallet perché stava sviluppando un proprio servizio di pagamento tramite smartphone. «Questi potenti provider controllano l’accesso a Internet e costituiscono una minaccia se gli viene permesso di bloccare dei servizi per i propri interessi commerciali – racconta Berners-Lee –. La connettività fa ormai parte delle nostre vite, è un bene come l’acqua, e a nessuno può essere negato l’accesso all’acqua».