Non è una conversione perfetta, ma una volta tanto la colpa non è della scarsa potenza dell’handheld Nintendo…
Se riuscirete a resistere ai caricamenti interminabili e all’impianto grafico a dir poco obsoleto, potrete godervi uno dei migliori action RPG degli ultimi tempi. Quando uscì Kingdoms of Amalur: Reckoning, il titolo originale di questa edizione rimasterizzata e tirata a lucido, il mondo dei videogiochi aveva ben altri equilibri. La crisi economica (eravamo nel 2012, a quattro anni dal fallimento di Lehman Brothers) aveva appena iniziato a mordere con prepotenza anche le software house e le major inondavano ancora il mercato con titoli tripla A.
La storia dietro Kingdoms of Amalur
Electronic Arts, in particolare, era tra le più attive e si era messa in testa di rinnovare un genere, quello degli RPG di stampo occidentale, che non aveva più saputo dire nulla di interessante dai tempi di Gothic. Per farlo EA ingaggiò un cast di tutto rispetto, capace di mandare in iperventilazione chiunque seguisse quel mondo: a capo del progetto mise Ken Rolston, Lead Designer di The Elder Scrolls – Oblivion e Morrowind, per la trama chiamò R.A. Salvatore, autore fantasy famoso per Drizzt Do’Urden, gli artwork furono realizzati da Todd Mcfarlane, disegnatore di comics e papà di Spawn, mentre al leggio finì Grant Kirkhope, ex compositore per Rare (lavorò alle bellissime musiche dei Banjo-Kazooie), tra i più rinomati in ambito videoludico. Il dream team partorì un titolo un po’ Fable, un po’ Diablo, con qualche spruzzata di Skyrim e World of Warcraft. Se ve lo siete perso, niente paura: arriverà nuovamente sul mercato col titolo Kingdoms of Amalur: Re-Reckoning.
Da EA a THQ. Cos’è cambiato?
Il primo impatto con l’impianto narrativo di Kingdoms of Amalur: Re-Reckoning è ancora oggi particolarmente avvincente. L’ottimo plot ordito con maestra da Salvatore non è infatti invecchiato e riserva diverse sorprese a ripetizione, evitandoci trame banali e piatte e, soprattutto, diluendo dettagli e nozioni. Si inizia subito con un colpo di scena (il protagonista si trova infatti nella poco invidiabile condizione di essere… defunto) e si prosegue imparando tutto quel che c’è da sapere sulle razze, le vicissitudini politiche e le tradizioni culturali alla base dei regni che compongono Faelandia, l’universo fantasy in cui ci muoveremo.
Avremo presto a che fare con un così gran numero di stratificazioni di vicissitudini storiche che il paragone con The Elder Scrolls (Skyrim, Oblivion, Morrowind) è scontato ma non fuori luogo. Del resto, Kingdoms of Amalur: Re-Reckoning (più che altro, la sua versione originale, Kingdoms of Amalur: Reckoning) non ha mai nascosto di ambire a diventare il principale rivale degli RPG di Bethesda. Non solo: Kingdoms of Amalur sarebbe dovuto diventare una saga e il primo episodio gettava nel calderone le basi per i capitoli successivi, che purtroppo non videro mai la luce per via della scelta, da parte dell’editore (EA), di far fronte alla crisi economica rivedendo la propria strategia e riducendo il numero di IP seguite.
Ri-torno in Kingdoms of Amalur: Re-Reckoning
Ci siamo dilungati troppo, ce ne scusiamo, ma era necessario fornire a chi non conosceva l’originale le informazioni necessarie, così come bisognava rispolverarle a chi avesse invece già dimestichezza con i reami di Amalur. Fatto sta che Electronic Arts si è disfatta di questo capostipite in cui pure aveva creduto parecchio e che era anche riuscito a ottenere valutazioni molto positive da parte della critica. Il brand è stato acquistato da THQ Nordic che, ovviamente, insegue il medesimo progetto: creare una saga RPG che sappia stare al passo con le produzioni più acclamate, a iniziare da quelle Bethesda. Come prima cosa, l’editore austriaco ha così deciso di riallacciare i fili del discorso, pubblicando lo scorso 8 settembre 2020 su PC, Xbox One e PlayStation 4 la medesima remastered che arriva ora su Switch.
Al team originale, la software house statunitense Big Huge Games, THQ Nordic ha affiancato (sostituito?) il proprio studio di Francoforte, KAIKO, già preparato al confezionamento di remastered (i ragazzi hanno infatti lavorato a Legend of Kay Anniversary Edition e a Darksiders Warmastered Edition) ma mai messo alla prova con un titolo tanto complesso e vasto come può esserlo un GDR. Saranno riusciti a rinfrescarlo come meritava?
Un maquillage slavato
Nì, ve lo diciamo subito. Perché dove Kingdoms of Amalur: Re-Reckoning presta più facilmente il fianco alle bordate dei detrattori è sotto il versante tecnico, che avrebbe dovuto costituire la punta di diamante di un gioco uscito otto anni fa che prova a vivere la sua seconda giovinezza nel 2020. Non è così. La grafica non è mai troppo particolareggiata, alcune ambientazioni sono persino povere di dettagli e, quel che è peggio, i personaggi sembrano tutti “gommosi”, dagli occhi privi di qualsiasi espressività, come nelle produzioni amatoriali. Questo naturalmente non significa che l’impianto visivo sia rimasto immutato rispetto al 2012: qualche miglioramento c’è, semplicemente si fatica a scorgerlo e non siamo di fronte a un titolo che nell’autunno del 2020 possa fare gridare al miracolo. Anzi.
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Oggi come allora, diverte ancora (rima)
Se graficamente il gioco tossisce piuttosto frequentemente, rivelando la sua non più giovane età e l’inesperienza di chi ha curato la conversione, fortunatamente a livello ludico l’ossatura ideata da Ken Rolston regge ancora che è una meraviglia. Rolston importò infatti nei files del suo nuovo progetto quanto aveva appreso lavorando negli uffici di Bethesda alla saga di The Elder Scrolls. Ci troviamo quindi di fronte a un titolo molto simile per dinamiche a Skyrim e Oblivion, che permette al giocatore di esplorare fin da subito un mondo di gioco assai vasto e variegato, dopo che – naturalmente – si ha creato il proprio alter ego scegliendo tra le razze disponibili. Il nostro eroe sarà una sorta di Frankenstein: riportato in vita da uno scienziato senza che lo avesse chiesto, si aggirerà per il mondo tentando di capire cosa lo abbia condotto a una prematura dipartita e, soprattutto, in cerca di uno scopo (verrà infatti soprannominato il “Senzafato”, perché è il solo a non avere un destino che lo attende, avendolo già incontrato).
Si ondeggia tra Skyrim e… Devil May Cry?
Non aspettatevi un clone in carta-carbone degli RPG di Bethesda. Rispetto a Skyrim (tanto per dirne uno), Kingdoms of Amalur: Re-Reckoning anzitutto va giocato soltanto in terza persona – niente visuale in soggettiva – e poi presenta un combat system che, pur restando sui binari dell’azione in tempo reale, è molto più avvincente e complesso. Siamo dalle parti dell’action vero e proprio o, se volete, qualcosa tra Zelda e Devil May Cry.
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Ancora presente – per fortuna – l’aspetto più riuscito dell’originale, ovvero la possibilità di investire i 3 punti esperienza che si guadagnano avanzando di livello in tre alberi delle abilità (Forza, Destrezza e Magia) che, con la dovuta lungimiranza, permetteranno di plasmare l’eroe definitivo: un mago che è anche forte fisicamente, un assassino che sa combattere o un guerriero che sia agile all’occorrenza. Fondere le abilità delle classi permetterà di sbloccarne altre tutte nuove. Chi ha già giocato all’originale ritroverà la caotica città Rathir, potrà nuovamente vagare per la vasta regione di Dalentarth e spingersi fino ai cupi sotterranei delle Brigand Hall Caverns mentre si lascia da parte la missione principale per dare corpo alle centinaia di side-quest che introducono nella sinossi romanticismo, magia e intrighi politici.
Al pari dell’originale, anche Kingdoms of Amalur: Re-Reckoning non è un videogioco perfetto. Particolarmente debole sul versante tecnico (consiglio non richiesto ai produttori: sarebbe stato meglio non chiamarlo ‘remastered’ ma riproposizione…), zeppo di caricamenti in grado di farvi diventare matti, è comunque in grado di offrire tanto sul piano ludico: le missioni collaterali sono infatti numerose e la landa fatata di Faelandia è davvero sterminata. Oggi come allora risulta impareggiabile la libertà di scelta messa a disposizione del giocatore quando crea il proprio alter ego. Una creazione che perdurerà per tutta l’avventura: perdersi tra le innumerevoli combinazioni di personalizzazione è ancora piacevolissimo e divertentissimo. A conti fatti, Kingdoms of Amalur: Re-Reckoning torna dopo 8 anni forte di un gameplay solido e convincente e si posiziona tra i giochi di ruolo occidentali che non dovreste perdervi, soprattutto se è dai tempi di Gothic II e da Skyrim che state aspettando qualcosa di valido in cui affondare l’alabarda.