La startup tedesca Megagon Industries di Jan Bubenik e Daniel Helbig sfreccia a rotta di collo su una mountain bike lungo il crinale di un dirupo, ma non si schianterà
Lonely Mountains Downhill è uno di quei titoli che uno li vede e dice “è un giochino: ci farò una partita da 10 minuti e poi lo disinstallerò per sempre”, mentre dopo due ore è ancora lì, attaccato al pad, sudato, con le tempie che pulsano e gli occhi che iniziano a bruciare, nel tentativo di battere il proprio record o di superare un punto particolarmente ostico.
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Pedalando a rotta di collo in Lonely Mountains Downhill
Lonely Mountains Downhill è infatti un videogame molto furbo: scaltro, persino, che sa fare di necessità virtù. Sviluppato da una software house di appena tre persone (la startup tedesca Megagon Industries di Jan Bubenik e Daniel Helbig, in cui lavora anche l’artista Noah Carev) non ha puntato tutto sul comparto tecnico. Non avrebbe avuto né i fondi né le risorse umane per creare qualcosa di filmico.
E allora i suoi sviluppatori hanno saggiamente deciso di concentrarsi sul gameplay e, in particolar modo, sulle regole che gestiscono la fisica. Il risultato è un titolo graficamente molto grezzo, quasi un bozzetto (eppure bello da vedere), che però viene sorretto da meccaniche molto solide e accurate, anche per titoli di guida tripla A.
Se si esclude la gestione dei salti nelle rampe (basta premere un tasto e si può facilmente superare un burrone) che è l’aspetto più arcade e meno convincente del gioco, Lonely Mountains Downhill propone invece una esperienza incredibilmente realistica. Attenzione: non simulativa, ma realistica. Si fanno zompi e balzi, soprattutto quando si taglia il percorso, che probabilmente nella realtà sarebbero mortali o costerebbero qualche costola, però la bici si comporta sempre come ci aspetteremmo e quando si cade rovinosamente a terra è quasi sempre colpa nostra, mai di controlli poco reattivi o di un poligono fuori posto che fa da barriera.
Questo innesca una spirale perversa che spinge il giocatore a non scollarsi facilmente dallo schermo, complice anche la suddivisione delle discese in tappe, ovvero checkpoint da cui ripartire nel caso ci si sfracelli. Le discese, peraltro, sono bellissime: nella loro semplicità mostrano panorami di qualità (pare di sfrecciare in piccoli diorami) e soluzioni ludiche piuttosto complesse, anche grazie alle scelte registiche. La visuale all’inizio potrà forse darvi qualche grattacapo: se stesse alle nostre spalle sarebbe tutto più facile, ma poi imparerete ad amarne persino i virtuosismi. In più di una occasione vi sembrerà di essere alle prese con un free roaming, potendo liberamente scegliere il sentiero da percorrere in sella alla vostra bici.
E mentre sfreccerete lungo canyon infuocati o pinete alpine, potrete godere della cura per i dettagli: le aspre vette dopo un po’ lasceranno il posto ad alpeggi immacolati, quindi, scendendo ancora più in basso, vi ritroverete a tagliare boschi e acquitrini, passando magari lungo mulattiere a strapiombo sul mare dalle quali potrete vedere, in lontananza, la linea del traguardo e sussultare per quanto sia ancora dannatamente lontana, nella consapevolezza che ogni sasso, anche il più piccolo, potrebbe esservi fatale.
Il DLC Lonely Mountains: Downhill – Eldfjall Island aggiunge alla formula originale 4 nuovi tracciati che vi porteranno persino a gareggiare sul ciglio di un vulcano in attività e aumenteranno il senso di sfida. Insomma, abbiamo amato il titolo edito dalla svedese Thunderful Games e speriamo che quanto prima possa godere di un sequel ancora più bello, ricco e vario.