Crescono le imprese del settore, che ormai impiega circa 1600 persone e il 35% continua ad assumere. La “magia” avviene soprattutto in Lombardia, Lazio ed Emila Romagna
“Più di 20 missioni internazionali, col supporto dell’Agenzia Ice, l’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane e del Mise, il ministero dello Sviluppo economico” per far conoscere i videogiochi di casa nostra nel mondo. È una delle iniziative di IIDEA, la Confindustria del videoludo, che oggi non solo festeggia l’arrivo, dopo anni di attesa, della tax credit per chi sviluppa videogiochi nel nostro Paese, ma presenta anche un censimento sulle imprese italiane del comparto, comunque ancora molto molto piccolo. Ma quante sono le startup e le software house che sviluppano videogiochi in Italia?
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Il censimento di IIDEA ha contato 160 realtà, con un aumento del 26% rispetto al numero di risposte registrato nel 2018. Il 73% dei rispondenti è costituito da imprese collettive, il 18% da liberi professionisti e il 9% da altre forme organizzative. Il 37% del comparto è rappresentato da startup innovative. Un numero molto alto che indica che è un industria giovane, composta da giovani in massima parte laureati.
Il 73% degli studi di sviluppo opera sul mercato da oltre 4 anni. Cresce il numero delle imprese con oltre 500 mila euro di fatturato annuo e con oltre 20 dipendenti. Un terzo rientra oggi nella definizione di PMI (+10 dipendenti) e un quinto ha più di 20 dipendenti. Nel censimento del 2018 il 17% erano imprese con +10 dipendenti e il restante 83% erano microimprese.
I professionisti impiegati nella produzione di videogiochi in Italia sono oltre 1600, rispetto ai 1100 del 2018. Negli ultimi 2 anni il 35% delle imprese hanno assunto nuovo personale, il 59% pianifica di farlo nei prossimi due anni. Il settore è in grado di generare opportunità professionali soprattutto per le giovani generazioni (il 79% degli addetti ha un’età inferiore ai 36 anni) e in ambiti differenti con un grande valore aggiunto in termini di competenze specialistiche, come tecnologia, arte e design, oltre a management e a supporto.
Gli studi di sviluppo italiani che operano nel mercato B2C generano il 94% del loro fatturato sul mercato internazionale. Il mercato principale di distribuzione è l’Europa (60%), seguito dal Nord America (25%). L’Italia rappresenta solo il 6% del giro d’affari degli operatori locali. I mercati a cui si guarda con maggiore interesse, in chiave di espansione del proprio business, sono – oltre a Europa e Nord America, anche l’Asia.
La grande maggioranza delle imprese fa ancora ricorso al capitale proprio per finanziare la propria attività (93% vs 88% del 2018). In aumento rispetto alla precedente rilevazione il supporto finanziario dei publisher (28% vs. 21% del 2018), e il ricorso ai finanziamenti pubblici (24% vs 6% del 2018) e agli istituti bancari (18% vs. 6% del 2018). Questa crescita può essere interpretata come una crescita di fiducia nei confronti degli studi italiani e delle loro produzioni.
Videogiochi, crescono le startup ma numeri piccoli rispetto all’Europa
“La nostra industria sta crescendo, i dati sono positivi e il comparto ha sicuramente potenzialità”, è il commento di Luisa Bixio, vice presidente di IIDEA. “Confrontato col resto d’Europa – ammette però la numero 2 dell’Associazione che raggruppa produttori e sviluppatori italiani – c’è ancora davvero parecchio da fare: il comparto occupa 1600 ragazzi, ma fuori dall’Italia si vedono altri numeri: 16mila, 26mila, 40mila”.
“Perché noi non siamo 40 mila?” si è chiesta retoricamente la Direttrice Generale e membro del Board di Milestone “forse perché non siamo capaci? No. È colpa del fatto che in Italia è mancata la corretta percezione del videogioco”, demonizzato dalla società, “inteso come qualcosa che fa perdere tempo ai nostri ragazzi”. “Ma, soprattutto, è mancato il supporto delle istituzioni: in Francia e Germania sono numerose le misure segno che i governi hanno creduto nell’industria videoludica. Fortuna però che adesso le istituzioni italiane stanno iniziando a guardare seriamente al comparto”.
La crescita del First Playable Fund
“Il videogioco, come qualsiasi opera, è una proprietà intellettuale – prosegue Bixio – le idee originali e innovative vanno tutelate: col First Playable Fund, fondo da 4 milioni, vengono aiutate le aziende più piccole, quindi le startup dei videogiochi, “anche se manca ancora la concretizzazione”, sottolinea la vicepresidente di IIDEA. “Speriamo anche di arrivare a un fondo da 10 milioni”. “Dobbiamo poi attrarre più investimenti: tanta strada è stata fatta sul Tax Credit, approvato nel 2016 e bloccato dai decreti attuativi”, rileva. “È fondamentale che questo pacchetto di misure trovi attuazione”. Le startup dei videogiochi “devono poi crescere, imparare a sviluppare piani quinquennali, business plan, trovare investitori: il ruolo di IIDEA sarà appunto affiancarle e” fare da trait d’union con le istituzioni.