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Dobbiamo censurare i cretini negli ambienti digitali? È giusto allontanare complottisti, bugiardi, nazisti, psicopatici e altra varia umanità dai profili o dalle pagine web che gestiamo in rete? La risposta breve, da sempre, è una sola: sì.
Esiste però anche una risposta lunga, oggi molto attuale e assai più complicata.
Qualche settimana fa Jack Dorsey di Twitter si è sottoposto ad una lunga epifania a riguardo dei due profili Twitter di Alex Jones, noto conduttore complottista americano di estrema destra, bugiardo incallito, razzista, propalatore di bufale a getto continuo. Jones era già stato accompagnato alla porta da Facebook, da Youtube, da Spotify e da Apple. Solo Twitter resisteva nella pretesa di tutelare ogni forma di libera espressione, consentendo al conduttore complottista di continuare ad utilizzare la propria piattaforma.
La discussione sull’allontanamento coatto dei cretini dalle piattaforme sociali si era arricchita mesi fa del punto di vista di Conor Friendersdorf, che sull’Atlantic aveva sostenuto una posizione paradossale che personalmente mi convinceva molto: cancellare il profilo Twitter di Donald Trump avrebbe migliorato l’ecosistema informativo americano (anche Trump come Jones è uno che ne spara di grossissime) senza minare la visibilità (e quindi la libera espressione) di un signore che, incidentalmente, è anche il Presidente degli Stati Uniti.
Ed eccoci al punto della risposta lunga: Internet è il luogo della libera espressione del pensiero. Ma questo non varrà comunque e in ogni luogo. Dobbiamo consentire ad ogni cretino di continuare a esprimere le proprie cretinerie in rete? Sì, ma non necessariamente a casa nostra. È quando la casa diventa troppo grande, e Twitter e Facebook grandi certamente lo sono, che il problema si complica. Ci servono, insomma, case più piccole.