Anche gli unicorni si azzoppano. Pochi mesi fa TechCrunch ha titolato “Losing the horn”. Ma è davvero così? Su StartupItalia al via un confronto con i VC sui campioni mondiali dell’innovazione. Intervista al Stefano Peroncini, Amministratore Delegato di Eureka! Venture SGR
Unicorni scornati è il nostro speciale sullo stato di salute degli unicorni e quindi sulle aziende valutate almeno 1 miliardo di dollari. Pochi mesi fa TechCrunch ha pubblicato un articolo dal titolo assai eloquente: “Losing the horn”. «Gli ultimi anni sono stati su un ottovolante per il branco di unicorni del mondo delle startup. Due anni fa abbiamo visto un numero record di aziende superare il traguardo della valutazione di 1 miliardo di dollari. Ma quello slancio si è rallentato fino a ridursi lo scorso anno e le condizioni di mercato di questo 2023 sembrano destinate a invertire la rotta», ha scritto Rebecca Szkutak. Noi siamo partiti da una semplice domanda: che fase storica è per gli unicorni in Italia e nel mondo? Un modo per comprendere lo stato di salute dei grandi player tra rischi, cautele, opportunità.
***
Secondo l’ultimo report di CB Insights (pubblicato a gennaio 2023), ci sarebbero oggi 1205 unicorni a livello globale di cui uno su cinque appartenente al settore fintech (il 21% del totale). Un vero e proprio tonfo paragonato al numero degli unicorni nati negli anni precedenti. Si calcola che nel 2021 ne siano nate due ogni giorno. Il declino delle nascite sarebbe causato da fattori macro come l’inflazione, l’aumento dei tassi di interesse, la crisi geopolitica, ma anche il cigno nero della pandemia e il crollo delle criptovalute, che hanno scioccato i mercati, esercitando una pressione al ribasso su alcune delle società più quotate al mondo. I risultati sono netti: metà della ricchezza dei miliardari dietro agli unicorni è stata spazzata via, lasciando questo gruppo d’élite di imprenditori visionari con 96 miliardi di dollari in meno rispetto a un anno fa. Alle trasformazioni, ci si prepara, non si improvvisa. Cosa sta accadendo all’ecosistema startup globale? come si stanno muovendo le aziende per reagire alle accelerazioni e decelerazioni attuali? Cosa serve per fare in modo che il sistema Paese emerga e non soffochi in questo contesto? E ancora, come aziende e persone in uno scenario sempre più internazionale, possono trovare nuove strategie e mantenere accesa l’ambizione? Questo e altro ancora lo abbiamo chiesto a Stefano Peroncini, AD di Eureka! Venture, per lo speciale StartupItalia “Unicorni scornati”.
Nel 2022 ha consolidato oltre 100 milioni di euro di raccolta complessiva Eureka! Venture Sgr, di cui il 56% riconducibile a soggetti istituzionali quali European Investment Fund e CDP Venture Capital. Mentre 19 sono gli investimenti sino ad oggi effettuati dal fondo Eureka!, oltre a due operazioni di follow-on con nuovi investitori nelle scaleup in portafoglio: Phononic Vibes, e Caracol. E 8 sono in totale gli investimenti per BlackSheep Fund, il secondo fondo sempre gestito dalla SGR. Tra gli investimenti più recenti Nexoya, startup AI con sedi a Zurigo e Berlino. Con il coinvolgimento di 27 tra startup, imprese innovative e progetti proof of concept, un valore aggregato della produzione di circa 30 milioni di euro, un totale di oltre 330 dipendenti, questi i numeri di Eureka! Venture.
Prima di tutto cosa ne pensa del fallimento di SVB?
Il crollo di Silicon Valley Banck ha determinato una nuova importante crisi di fiducia, in cui non si capisce più chi può ancora essere il garante della trasparenza: la FED nella sua folle corsa di rialzo dei tassi di interesse, ben sapeva dell’esposizione del proprio sistema bancario verso i bond e che quindi avrebbe creato instabilità e rischi. I Media, che possono essere ingannati facilmente: prova ne è la campagna mediatica su Forbes, Fortune, Cnn di SVB con finalità di mostrarla come una delle migliori e solide banche del paese. A ciò si aggiunge cosa non da poco, la fiducia azzerata verso il CEO e le top line che nel mentre vendevano le partecipazioni (si parla di 3,6 milioni di dollari vendute dal Ceo nelle due settimane precedenti), con bonus erogati ai dipendenti poche ore prima del crollo.
Quali sono stati gli errori macro?
Tralasciando la malafede, numerosi sono stati gli errori del management. Ci sono stati errori di comunicazione verso il mercato. Errori di esposizione al rischio: ha investito la raccolta (depositi tipicamente a breve) in strumenti a lungo, senza coprirsi dal rischio di incremento dei tassi e con rapporti eccessivamente sbilanciati tra fonti e impieghi. Ed errori di concentrazione: a quanto pare, SVB era esposta verso la stragrande maggioranza di società del comparto tech, con i fondi di investimento tra gli azionisti.
L’attuale clima economico sta influenzando la vostra strategia presente e futura di investimenti?
Abbiamo aumentato l’attenzione sulle capacità latenti dei team che incontriamo di fare fund raising. In generale questo contesto di incertezza generale, di frenata su investimenti e valutazioni che prosegue dagli Usa, di fatto fa si che tutti noi investitori siamo più cauti e magari meno disposti a prenderci rischi. Ciò nonostante, considerando le ancora limitate dimensioni del mercato italiano, il perdurare di valutazioni mediamente basse rispetto ad altri paesi e il trend positivo di crescita del deepTech a livello europeo, le opportunità di investimento sono ancora rilevanti.
Questo scenario vi porterà a investire di più o a rivedere budget e startup?
Come detto, saremo più cauti nel definire round di investimento, ci aspettiamo infatti che i tempi di fund raising si allungheranno di qualche mese.
Cosa ne pensa degli ultimi licenziamenti massivi di alcune big tech?
Era inevitabile. Mi spiego, in alcuni casi hanno dovuto correre ai ripari per le mancate promesse delle rivoluzioni annunciate e mai realizzatesi come il metaverso, in altri casi la naturale conseguenza del rialzo impressionante dei tassi d’interesse e la frenata inevitabile sui consumi del retail, a cui molte delle big tech sono esposte, ha portato ai massivi licenziamenti. D’altro canto, dai numerosi fuorusciti ci aspettiamo anche un nuovo batch di promettenti startup.
Si dice che tempi difficili creino i migliori founder dai quali nascono startup longeve, cosa ne pensa?
Orami sono anni che lavoriamo in cicli, più o meno espansivi. Certamente in tempi difficili aumentano le opportunità di rendimento per chi ha veramente idee e capitali per fare la differenza. Lo stesso vale per i fondi di investimento, che in tempi di crisi tipicamente investono a valutazioni più contenute, per poi approfittare del ciclo espansivo che solitamente segue a quello precedente di flessione. Il problema è che ormai questi cicli cominciano a essere sempre più brevi, rapidi e imprevedibili. Diciamo che nel 2022 abbiamo avuto la tempesta perfetta e ancora ne stiamo subendo le numerose conseguenze.
Dopo la caduta di noti Unicorni US, i VC pensano che alcuni unicorni non valgano più 1 miliardo di dollari. Qual è il suo punto di vista?
In US sembra esserci inceppato il meccanismo che ha alimentato la crescita del VC degli ultimi anni, con abbondanza di capitali e valutazioni crescenti. Secondo un’analisi di CBinsights, se si prendono le 50 top tech IPO dal 2020, c’è stato un crollo di capitalizzazione del 59%, da oltre 1 trilione di dollari a 443 bilioni di dollari a metà marzo. Sulle 20 top tech IPO dal 2020, il 90% (18 su 20) scambia abbondantemente sotto il prezzo di quotazione. Decisamente una correzione al ribasso impressionante, a causa della quale poche realtà saranno in grado di ritornare ai valori precedenti. Secondo il mio punto di vista molte tech company falliranno ora, altre saranno costrette ad accettare inevitabilmente dei down-round.
Quale percentuale di unicorni non vale effettivamente 1 miliardo di dollari in questo momento?
Difficile dirlo, potenzialmente tutte. In un contesto come quello attuale, qualunque investitore (soprattutto se non già presente in captable) cercherebbe di investire a valutazioni inferiori rispetto al precedente round.
Quanti unicorni perderanno il loro status nel 2023?
Molti. A spanne direi almeno il 50%.
Quanti di loro pensa che falliranno nel 2023?
Tra il 5 e il 10%, come minimo.
Rientrando nei confini italiani, il numero di round nel primo trimestre 2023 è calato. Siamo solo all’inizio dell’anno, è auspicabile una ripresa?
Purtroppo il mercato italiano, essendo ancora molto piccolo, dipenderà dagli investitori internazionali e dall’avere almeno due, tre deal da qualche centinaio di milioni di round. Ricordo che i 2 miliardi di euro circa investiti nel 2022 hanno tre deal (Satispay, Newcleo e Scalapay) che pesano per 832milioni di euro, ossia per oltre il 40% del totale.
Una previsione sullo scenario?
A livello globale mi aspetto una continua riduzione degli ammontare investiti, per almeno i prossimi due quarter. C’è da sperare che a ridosso dell’estate l’azione delle banche centrali cominci a dare i primi risultati in termini di contenimento dell’inflazione, per poi avviare una riduzione dei tassi. Ciò libererebbe nuove energie, entusiasmo e fiducia degli operatori e del retail in generale.
Cosa ne pensa del mercato delle crypto, secondo alcuni sarebbe appeso a un filo?
Non è la mia materia, certo è che per il momento rimane un’area molto grigia, soggetta a numerose speculazioni e fenomeni poco chiari. Certo che la messa a bando dalle principali autorità monetarie e paesi del mondo non aiuta lo sviluppo di tecnologie che di per se potrebbero essere molto interessanti.
Infine una battuta su fenomeno ChatGTP?
Una rivoluzione, per molti campi, che metterà ulteriormente a rischio numerose professioni. E’ ancora troppo presto, per lo meno per me, per avere una visione chiara. Ciò che impressiona è sicuramente la rapidità con cui si sta diffondendo (considerando il milione di utenti in pochi giorni) e la quantità di denaro che sta raccogliendo l’area della generative AI. Potrebbe di fatto sostituire quello che era il peso del fintech sul totale investito nel 2021 a livello globale.