Gabriel e German Araneda della startup videoludica Dual Effect Games vogliono riportarci alle origini dei survival horror. Ci saranno riusciti?
Mentre qui in Italia si attende con trepidazione l’arrivo di Daymare: 1994 Sandcastle, videogame tutto italiano, sequel del convincente Daymare 1998, che il nostro Alessandro ha recensito qui, c’è un altro titolo indipendente che si ripromette di recuperare le atmosfere dei vecchi Resident Evil e Silent Hill, riesumando dalla bara ciò che resta di Alone in the Dark: Tormented Souls.
Benvenuti nell’ospedale di Tormented Souls
Non aspettatevi dunque chissà quale innovazione, chissà quale impeto rivoluzionario: Tormented Souls fa esattamente ciò che si era riproposto, recuperando le atmosfere dei primi capitoli della saga degli orrori di Capcom che, è noto, dal quarto in poi ha cercato di battere altre strade, reinventandosi.
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E lo fa in modo plateale, se si pensa che per salvare il gioco qui non ci sono macchine da scrivere, come nei Resident Evil, ma registratori audio e non servono i nastri bensì bobine…
Del resto la decisione di Capcom di rendere via via ogni capitolo sempre più action, fino al reboot del settimo episodio, ha lasciato insoddisfatta parte della platea di riferimento, ancora vogliosa di giochi meno improntati all’azione e più alla riflessione, con telecamere statiche che nascondono i nemici al di là dell’inquadratura e la necessità di ritornare più volte sui propri passi ogniqualvolta si mettano le proprie mani su un oggetto nuovo, utile a sbloccare una porta prima invalicabile.
Tormented Souls è proprio tutto questo: un titolo vecchia scuola, di quelli che non prendono per mano il giocatore, ma preferiscono sia lui stesso a farsi le ossa, sbagliando e riprovando.
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Non è particolarmente difficile, ma vi metterà alla prova con enigmi di discreta fattura senza troppi suggerimenti e vi consegnerà oggetti senza che debbano essere usati di lì a poco, voltato l’angolo.
Tormented Souls si prende insomma tutto il tempo che gli occorre per impalcare la propria struttura, il che lo rende poco adatto a partite mordi e fuggi, magari dilazionate nel tempo, perché se un oggetto appena rinvenuto (tipo il lucchetto… giocando capirete) non può essere usato subito ma dopo svariate sessioni, abbandonando il gioco per qualche giorno potreste dimenticare di averlo nell’inventario e brancolare nel buio.
A proposito di buio, l’oscurità è parte fondamentale nel gameplay tessuto dai due fratelli che hanno sviluppato il progetto: Gabriel e German Araneda della startup videoludica Dual Effect Games. Non solo perché incornicia ogni stanza dell’ospedale che dovrete visitare, ma soprattutto in quanto nasconde creature invincibili, che potrebbero trascinarvi via, causando un game over immediato.
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Voi potrete scegliere se sacrificare l’accendino per tenere nell’inventario altri oggetti, ma è chiaro che, in quel caso, avventurarsi per le zone più buie diventerà particolarmente rischioso e vi costringerà alla strenua, disperata e continua ricerca di fonti di luce in gradi di salvarvi la vita.
Gli orrori di Tormented Souls
La nostra povera protagonista, Caroline Walker, risvegliatasi nuda, in una vasca da bagno, legata a strani attrezzi e senza più un occhio, dovrà sfuggire ad orrori e atrocità di ogni tipo, se vuole saperne di più sulla scomparsa di due gemelle nell’ospedale di Winterlake. Come nei vecchi Resident Evil e Alone in the Dark, armi e munizioni verranno disseminati col contagocce: potrete fare affidamento su uno sparachiodi per rallentare i nemici, da finire a colpi di piede di porco, mentre il fucile a pompa dovrà prima essere rinvenuto e potreste finire il gioco senza nemmeno trovarlo mai.
Il fatto che Tormented Souls si rifaccia a giochi dei primi anni ’90 non significa che il gameplay sia ancorato ai limiti di quegli anni: fortunatamente non si litiga troppo con l’inventario, Caroline Walker non è legnosa nei movimenti come Chris Redfield (i combattimenti risultano lo stesso un po’ goffi, nonostante il saltino all’indietro per liberarsi dalla morsa mortale dei nemici) e qua e là la visuale si “stacca” dal muro, per accompagnarci nell’esplorazione, come nei titoli più moderni. Naturalmente a livello tecnico non siamo di fronte a una produzione capace di competere con team milionari: filmati e sincronizzazione del parlato, per esempio, sono le parti meno convincenti del gioco ma, al netto di qualche bug, possiamo dire che gli amanti dei survival horror potranno godere di un titolo vecchia scuola di buona fattura ed è incredibile pensare che dobbiamo tutto ciò al lavoro di due sole persone.