La startup parigina La Vie (che vanta tra i suoi business angel anche l’attrice Natalie Portman) ha chiuso all’inizio dell’anno un round di serie A da 25 milioni di euro. Il suo obiettivo? Commercializzare una pancetta realizzata con ingredienti esclusivamente vegetali, che risulti gustosa come quella tradizionale ma più sana e sostenibile. E anche negli Stati Uniti quello del fake bacon si conferma un trend in ascesa.
In Italia molti la usano per preparare la pasta alla carbonara, mentre in molti altri Paesi (in particolare quelli anglosassoni) non può mancare a colazione. Stiamo parlando naturalmente della pancetta. Anche questo prodotto è stato messo nel mirino delle aziende e delle startup foodtech che lavorano nel campo delle proteine alternative.
Una delle più promettenti è la parigina La Vie, nata nel 2019 e conosciuta prima dell’ottobre 2021 con il nome di 77 Foods, che ha lanciato quest’anno una pancetta 100% vegetale. Al momento è disponibile nei supermercati Carrefour in Francia e lo scorso maggio la startup ha siglato una collaborazione di sei mesi con Burger King, che servirà (su richiesta dei clienti) il bacon vegano nei suoi 430 ristoranti presenti sul territorio francese. Che la strada sia quella giusta per La Vie lo dimostra anche il fatto che a gennaio ha completato un round di investimenti di serie A, riuscendo a raccogliere 25 milioni di euro. Un ottimo trampolino di lancio in vista dell’espansione nel resto d’Europa.
Tra i nomi degli investitori figurano diverse società di venture capital come Oyster Bay, Entrepreneur First, Bleu Capital, Partech e Capagro. Ci sono poi personalità di spicco che stanno supportando La Vie, a livello economico e non solo. Tra questi Frédéric Mazzella, fondatore del servizio di car pooling BlaBlaCar, e Thomas Lodewijk Plantenga, ceo della piattaforma online per lo scambio di vestiti e accessori di seconda mano Vinted.
Ma anche Eric Melloul, managing director del fondo di private equity belga Verlinvest, nonché presidente di Oatly, azienda svedese specializzata nella produzione di alternative a base di avena al latte e ai suoi derivati. Senza dimenticare infine l’attrice hollywoodiana Natalie Portman, che in varie interviste ha dichiarato di essere diventata una convinta vegana dopo aver letto il libro di Jonathan Safran Foer Eating Animals (tradotto in italiano “Se niente importa. Perché mangiamo gli animali?”).
Ceci n’est pas bacon
Tutto il buono del maiale, rispettando la salute, il pianeta e gli animali. Suona grosso modo così lo slogan della startup francese. Ma come è prodotta la pancetta di La Vie? L’elemento principale è costituito dalle proteine della soia.
A queste vengono aggiunti tapioca e konjac (una radice di origine asiatica) per riprodurre la consistenza della pancetta tradizionale, ovvero quella che gli inglesi chiamano “texture”. Completano la lista degli ingredienti alginato di sodio (un agente gelificante ottenuto dalle alghe brune, spesso impiegato in vari prodotti di pasticceria e gelateria), acqua, sale, olio di semi di girasole e aromi naturali.
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Il risultato finale è un composto del tutto simile all’aspetto e anche al gusto – così per lo meno giurano i produttori – alla pancetta a cui siamo tutti abituati, ma senza che nessun maiale sia stato ucciso. Le differenze però sono anche a livello nutrizionale.
Il bacon vegano ha un buon contenuto proteico, il 33% in meno di calorie e il 60% in meno di grassi rispetto al suo gemello di origine animale. In particolare, la quantità di acidi grassi saturi è inferiore di 11 volte rispetto a quella presente nella pancetta di maiale. E, come è risaputo, un consumo eccessivo di grassi saturi è associato a un maggiore rischio di sviluppare patologie cardiocircolatorie. L’intenzione di La Vie è dunque quella di proporre non solo un prodotto green e cruelty free, ma anche più salutare.
Intanto in California…
La pancetta senza maiale sarà la prossima frontiera nel settore plant-based, titolava Forbes nel febbraio 2020, mentre si stava per abbattere sul mondo intero la tempesta del Covid-19. Ed effettivamente in California, nel tempio mondiale dell’AgriFoodTech, non sono rimasti a guardare.
Basti pensare che due giganti come Impossible Foods e Beyond Meat, che offrono già una grande varietà di prodotti vegetali alternativi alla carne, ci stanno lavorando da tempo e si preparano a lanciare sul mercato la loro interpretazione del bacon vegano.
Nel frattempo, altre realtà più piccole sono già sbarcate nei negozi di alimentari e nei ristoranti americani. È il caso di Prime Roots, che per ottenere il suo “fake bacon” si serve del koji, un fungo filamentoso considerato un superfood che trova largo impiego nella cucina tradizionale giapponese.
Troviamo poi la pancetta a base di proteine estratte dalle alghe rosse sviluppata da Umaro Foods. O ancora, c’è quella di Hooray Foods, in cui gli ingredienti principali sono farina di riso, amido di tapioca e olio di cocco, e il sapore della pancetta deriva dall’aggiunta di sale, funghi e sciroppo d’acero.
Tutte queste soluzioni sono accomunate da un elemento: la ricerca del perfetto sostituto del bacon dal punto di vista delle caratteristiche organolettiche. Questa è la sfida tecnologica principale. L’offerta è già ricca di alternative vegetali a base di tempeh, seitan o tofu. Tuttavia, l’obiettivo non è solo quello di rivolgersi a chi ha scelto di seguire una dieta vegana o vegetariana, ma anche quello di conquistare il palato delle persone “onnivore” più sensibili alle questioni ambientali.
Gli Stati Uniti sono il secondo produttore e consumatore a livello globale di carne suina, dopo la Cina. Ma è pur vero che nei Paesi occidentali l’industria alimentare deve fare i conti con una crescente platea di consumatori, soprattutto giovani, sempre più consapevole delle problematiche legate al consumo di carne e di altri prodotti di origine animale.
Ci riferiamo in particolare al sistema degli allevamenti intensivi, che incide pesantemente sia in termini di emissioni di gas serra sia in termini di consumo di risorse naturali (in primis acqua). La domanda allora è: il bacon vegano possiede davvero le potenzialità per imporsi come un alimento popolare nel prossimo futuro, oppure è destinato a rimanere confinato in un settore di nicchia?