La particolarità del vaccino Covifenz sviluppato dalla casa farmaceutica Medicago, che ha sede a Quebec City, è quella di sfruttare la tecnologia VLP (virus-like proteins): vengono cioè fatte crescere all’interno di una pianta affine al tabacco delle particelle pseudovirus che sono in grado di mimare il comportamento della proteina Spike ma non sono infettive, dal momento che non contengono materiale genetico virale.
Nell’ambito dell’AgriFoodTech l’espressione “plant-based” è diventata familiare soprattutto per indicare le alternative vegetali a diversi prodotti di origine animale come cotolette, hamburger, nuggets e via discorrendo. Ebbene, in Canada i ricercatori sono riusciti a mettere a punto un vaccino contro il coronavirus SARS-CoV-2 che può fregiarsi di questa etichetta. Si tratta del Covifenz, siero sviluppato nei laboratori dell’azienda farmaceutica canadese Medicago, in collaborazione con GlaxoSmithKline, che impiega proteine virus-simili a base vegetale.
Lo scorso 24 febbraio il Ministero della Sanità canadese ne ha autorizzato la somministrazione, attraverso un regime a due dosi a distanza di 21 giorni l’una dall’altra, per le persone di età compresa tra i 18 e i 64 anni. Questo perché durante i trial clinici non è stato possibile arruolare un numero sufficientemente elevato di individui over 65, dal momento che quella fascia di popolazione era già in buona parte immunizzata contro il Covid-19.
Il Covifenz ha dimostrato un’efficacia del 71% contro l’infezione sintomatica (minore quindi rispetto a quella dei vaccini a mRNA) e del 100% contro le forme più gravi della malattia. Il dato si riferisce a più varianti, fatta eccezione per Omicron. Tuttavia, da un’indagine preliminare emerge che Covifenz sia in grado di stimolare la produzione di anticorpi neutralizzanti anche contro la variante Omicron. Ma qual è più nel dettaglio la tecnologia su cui si basa questo nuovo vaccino?
Utilizzare le piante come bioreattori
Le ricerche sulle modalità per estrarre dei vaccini dalle piante non rappresentano certo una novità. La sigla da memorizzare è VLP, che sta per virus-like proteins. Stiamo parlando di particelle virus-simili in grado di replicare il comportamento di una proteina target ma che hanno la caratteristica di non essere infettive, perché non contengono il materiale genetico che permette al virus di moltiplicarsi all’interno di un organismo.
Le VLP possono essere generate attraverso una vasta gamma di sistemi di coltura cellulare, comprese cellule di mammiferi, di insetti e di lieviti, ma anche di piante. Nel caso del Covifenz, la pianta utilizzata come bioreattore è la Nicotiana benthamiana, un parente stretto del tabacco originario dell’Australia: si tratta di una specie vegetale molto utilizzata dai ricercatori per la produzione di VLP in quanto ha una crescita veloce ed è particolarmente suscettibile alle infiltrazioni da parte di agenti patogeni.
In estrema sintesi, si parte dal selezionare il gene che esprime la proteina Spike (la proteina target in questione), ovvero quella che permette al coronavirus di attaccare le nostre cellule. Dopo di che si inserisce in un agrobatterio vettore che infetta la pianta, inducendone una risposta immunitaria. Le proteine pseudovirus crescono quindi all’interno dell’organismo vegetale e, una volta raggiunta la quantità desiderata, vengono estratte e purificate.
Insomma, il concetto di fondo è semplice: è la pianta a lavorare per noi producendo anticorpi. Gli aspetti interessanti legati alla produzione di vaccini, e più in generale di medicinali, plant-based non finiscono qui: utilizzando una pianta come la Nicotiana benthamiana è possibile infatti avere una resa molto alta, ridurre i tempi di produzione e contenere anche i costi rispetto ai metodi tradizionali.
Eppure, negli anni Big Pharma non sembra aver concentrato più di tanto la sua attenzione sulle soluzioni plant-based. Risultato, la carenza di investimenti ha fatto sì che l’innovazione nel molecular farming non abbia spiccato ancora il volo. Il potenziale è enorme, e l’idea che un domani le piante possano diventare tra i nostri più validi alleati in campo farmaceutico non è affatto da escludere.