La Russia alle prese con la pandemia sta pensando di utilizzare i detenuti nelle catene di montaggio e nella posa dei binari. L’amministrazione carceraria nazionale: “Nulla a che vedere coi Gulag”
Negli USA non si fanno troppi problemi: abbiamo tutti in mente le immagini, viste migliaia di volte nei film, di interminabili file di uomini in divisa arancione, o a torso nudo, in catene, intenti a spaccare massi ai bordi di strade che si perdono negli sterminati deserti degli Stati centrali, quelli che coi carcerati non ci vanno certamente leggeri.
Da tutt’altra parte del mondo, invece, i carcerati potrebbero invece presto entrare in fabbrica. Kamaz, colosso russo dell’automotive, specializzato nella produzione di camion, per il 47% del conglomerato statale Rostec e per il 15% da Daimler, sta infatti valutando di portare chi sta scontando una pena in galera nelle sue più grandi fabbriche per compensare un deficit di forza lavoro. Lo ha dichiarato il CEO Sergei Kogogin: “Stiamo valutando come applicare il programma (di lavoro) sviluppato dal Servizio penitenziario federale”, ha detto Kogogin ai giornalisti.
L’azienda si trova ad affrontare una carenza di 4.000 dipendenti nei suoi impianti di produzione a Naberezhnye Chelny, una città industriale a più di 900 chilometri a est di Mosca, dove ha 24.000 tute blu. Non è la prima volta che le iniziative di Kamaz fanno discutere: aveva infatti già “importato” centinaia di lavoratori provenienti dall’Uzbekistan.
Il piano di Kamaz si integra con quanto richiesto dal governo in un documento dello aprile in cui veniva ordinato ai funzionari di valutare la fattibilità dell’utilizzo di detenuti per costruire le ferrovie e potrebbe subire una accelerazione proprio ora che la pandemia sta richiamando ai Paesi d’origine molte tute blu. Il Servizio penitenziario federale all’inizio del 2021 aveva proposto un piano per utilizzare i detenuti così da integrare la forza lavoro venuta meno con la pandemia. In quell’occasione l’ente aveva più volte insistito sul fatto che il nuovo sistema non assomiglierebbe al vasto sistema dei campi di lavoro Gulag dell’era sovietica. Intanto, però, non sono state rese note le condizioni economiche e lavorative cui sarebbero sottoposti i carcerati.