Apple ci è tornata proprio durante il keynote della Wwdc del 3 giugno, quando ha definitivamente ucciso iTunes raccontando che, ormai, i contenuti multimediali del suo ecosistema si muovono fra Apple Music, Apple Tv e, nessuna sorpresa, Apple Podcast. Che poi questa nuova fiammata dei podcast sia tutta da verificare nella sua tenuta – è già la seconda incarnazione nell’epoca del web, anche se i nuovi podcaster si spacciano come avventurieri del nuovo – è un altro paio di maniche. Ma in fondo anche Spotify, che ha dato più rilevanza ai contenuti narrati nella piattaforma, acquistato app e siti come Gimlet Media, Parcast, Anchor e lanciato la suite di editing Soundtrap, ci sta scommettendo forte.
Le previsioni economiche
Così, anche le previsioni economiche disegnano per queste trasmissioni radiofoniche on demand, che possono spaziare dalle serie ai doc, dalle pillole quotidiane alle storie fino agli audiolibri strettamente intesi, un mercato da un miliardo di dollari entro il 2021. Lo spiega un nuovo rapporto della Interactive Advertising Bureau insieme al colosso della consulenza PwC. Al momento, nel 2018, la resuscitata industria dei podcast ha generato ricavi per 479,1 milioni di dollari.
Se Spotify ha pianificato di spendere quest’anno 500 milioni in acquisizioni e operazioni legate a questa (per ora ancora) nicchia di mercato, in sostanza tutto ruoterà intorno alle potenzialità pubblicitarie. Intanto, come fa notare The Verge, molte startup stanno tentando di svoltare lavorando su uno dei lati del podcasting. C’è chi, come Luminary e Himalaya, ha già raccolto 100 milioni di dollari di capitale. Altre, come Chartable, si stanno specializzando nel podcast marketing con un buon successo di fundraising mentre alcuni colossi, come Sony Music Entertainment, progettano di invadere questo spazio. Mentre Amazon c’è già con Audible, che pure ha delle sfumature vagamente differenti.
I format pubblicitari
Al momento, le inserzioni dinamiche – che cucite su misura degli utenti in ascolto in base ai loro dati e interessi – occupano il 48,8% della torta pubblicitaria del settore. Anche se, un po’ come nelle vecchie tv locali, pare che la forma di inserzione più diffusa sia ancora quella in stile radiofonico, con lo speaker che promuove o pubblicizza brand, servizi e prodotti schivando così le offerte di sponsorizzazione che le stesse piattaforme, come Anchor, propongono. Pure in questo caso, e al di là dei diversi formati che le piattaforme potranno proporre ai podcaster e agli inserzionisti, molto dipenderà dal pubblico potenziale, dalle modalità di ascolto, dal fatto che i podcast riescano a uscire da un pur motivato recinto di ascoltatori e diventare fenomeno di massa. Al momento, siamo a cavallo di una moda.