Intervista a Gianvittorio Abate, napoletano, partito da zero ha creato Innovery, un’azienda nel campo della cybersecurity con sedi in Italia, Spagna e Messico
«Agli inizi degli anni 2000 quando andavo in banca a parlare di sicurezza informatica, i manager rispondevano: “Perché dovremmo pagare lei se spendiamo già soldi per le assicurazioni?”», racconta a Startupitalia Gianvittorio Abate, Ceo di Innovery, azienda specializzata in cybersecurity.
Di strada da quegli anni, ne ha percorsa tanta Gianvittorio. Oggi può contare su un’azienda che nel 2018 ha fatturato 27 milioni di euro, ha sedi in Italia, Spagna, Messico e ha, recentemente, ottenuto un nuovo aumento di capitale con l’ingresso del fondo Wise Equity Sgr, entrato nel capitale di Innovery con il 69%.
Abbiamo raggiunto Gianvittorio, in foto con il direttore tecnico, Guido Moscarella, che ci racconta come è cambiata negli anni la consapevolezza delle aziende, e soprattutto delle banche, sul tema sicurezza.
Abbandona la carriera universitaria per Innovery
Dopo la laurea in ingegneria, Gianvittorio inizia il dottorando e ambisce a una carriera universitaria. Abbandona però gli studi per un percorso lavorativo che lo porta prima in Pirelli, poi in Telecom. Il ritorno a Napoli, la sua città natale, sancirà la fondazione di Innovery, con quattro soci: «Gli inizi sono stati molto difficili: quando parlavi di sicurezza alle aziende sul finire degli anni Novanta, la prima reazione era la noia, la seconda era “non abbiamo soldi”. Abbiamo avuto il merito di credere che il mercato sarebbe cresciuto esponenzialmente, quando nessuno, o pochi, ci avrebbero scommesso».
La scommessa è stata vinta da Gianvittorio e dal suo team: dopo aver conquistato alcune aziende e banche in Italia, si fanno notare all’estero quando il gruppo di servizi finanziari Santander diventa uno dei loro clienti. Grazie a loro, aprono anche un centro in Messico, allargando il business fuori dall’Europa: «La crescita di Innovery non è stata lineare. Fino al 2005/2006 l’azienda era sostenibile, ma non riusciva a fare un balzo in avanti. C’è stato poi un boom nel 2007 – 2008, mentre cresceva anche la domanda di sicurezza. L’impatto dei ransomware è stato devastante per molte aziende. La percezione della necessità di sistemi di sicurezza si trasmetteva quindi dagli esperti anche ai manager. Il rischio per le aziende soggette ad attacchi era sempre più grosso: perdere credibilità sul mercato».
L’analisi dei livelli di copertura
Innovery nel tempo si specializza su competenze trasversali nell’ambito della cybersecurity: dai servizi IAM (identity access management), per controllare le identità di accesso ai servizi delle aziende, a piattaforme per il monitoraggio delle frodi, fino a software per la sicurezza dei dati e delle infrastrutture dei clienti: «La protezione di un cliente oggi non è garantita da soluzioni verticali, ma con un piano di implementazione della sicurezza che tocca tutti i punti di rilevanza di un’azienda. Quello che facciamo, in una prima fase, è di analizzare il livello di copertura e capire come intervenire».
Gianvittorio ci racconta quali sono i rischi che le grosse aziende e PMI oggi corrono in materia di sicurezza informatica: «Non parliamo più di ragazzini: dietro gli attacchi diretti ci sono vere e proprie strutture organizzate. Identificano la vittima per motivi ideologici o economici e analizzato le scoperture dei sistemi di sicurezza e ne compromettono la struttura».
Discorso diverso è per realtà più piccole, fino a centinaia di milioni di fatturato, dove gli attacchi sono perlopiù indiretti: «Nel caso di attacchi indiretti, parliamo di azioni massive che sparano nel mucchio: è il caso delle email per il phishing o i ransomware. Alcuni clienti si sono rivolti a noi dopo che hanno perso fino a tre anni di contabilità, dopo un attacco. Il problema più grande è che il 99% delle PMI di questo tipo gestiscono la loro sicurezza solo tramite l’installazione di antivirus, spesso fatta da società informatiche che non hanno nessuna competenza specifica nella sicurezza».
Tanto spazio per le startup nella cybersecurity
La torta della cybersecurity è molto appetibile per le startup. Secondo Statista, il mercato varrà 248 miliardi entro il 2022. Per capirne la crescita basta un dato: nel 2018 il valore è stato di 151 miliardi.
C’è quindi tanto spazio per le startup, come conferma Gianvittorio: «Oggi nel nostro settore mancano competenze. C’è tanta gente che millanta di averle, ma in realtà non conosce bene neanche Microsoft. Il consiglio che do agli startupper è di identificare le competenze in cui sono carenti e formarsi, soprattutto in aree verticali e prendere certificazioni. Bisogna investire almeno due anni per accrescere le competenze interne, trascurando l’aspetto economico. I guadagni arriveranno poi solo con la crescita delle skill del team».
I mercati del Middle East
Innovery negli ultimi tre anni ha raddoppiato il suo fatturato e ha accresciuto l’organico (oggi può contare su 240 persone). Con l’investimento del fondo Wise Equity Sgr (la cifra è undisclosed), Gianvittorio e il team ambiscono a proseguire questo trend: «Abbiamo tracciato due linee di crescita da qui ai prossimi anni. Un’espansione sui mercati molto promettenti dell’est del mondo e la costruzione di nuove relazioni attraverso una strategia di M&A».