Produrli, almeno con i metodi tradizionali, fa parecchio male all’ambiente. Ecco perché bisogna chiedere a gran voce i “green jeans”
Per il compianto Giorgio Gaber, nell’irriverente canzone – requiem che celebrava la fine delle ideologie, i “blue jeans” erano un “segno di sinistra”. Almeno fino a quando non li si accompagna con la giacca. Del resto, i primi a indossarli, addirittura nell’Ottocento, furono i minatori statunitensi. Poi la classe operaia.
Da allora hanno esercitato su tutte le generazioni che si sono succedute un fascino unico, diventando emblema delle classi meno agiate, simbolo persino di moti e rivoluzioni sessuali, politiche e ideologiche. Ma siamo sicuri che questo simbolo oggi rappresenti ancora chi “sta dalla parte giusta” e non sia diventato invece “parte del problema”, almeno dal punto di vista ambientale?
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Jeans, perché ci piacciono tanto…
Comodi sono comodi. Sono anche resistenti. Non c’è nemmeno bisogno di stirarli. Portarli puliti o stracciati, poi, è una scelta. Ci sono paia che durano una vita intera. Del resto, all’inizio, quella stoffa tanto particolare, dura e grezza, a Genova veniva utilizzata per realizzare le vele delle navi e coprire le merci da imbarcare. Infatti blue jeans verrebbe da “Blue de Genes”.
Un particolare dell’infografica
La mania dei jeans è di gran lunga posteriore e tutta statunitense, solo che, secondo i dati raccolti da Visual Meta, il modello produttivo tradizionale è davvero nocivo per il pianeta e per la nostra salute, come viene spiegato in questa interessante infografica.
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…E perché fanno male al pianeta
Anzitutto, il denim oggi è il tessuto che “consuma” più cotone, almeno il 35% della produzione mondiale. Il cotone richiede una enorme quantità d’acqua: solo la Cina e l’India utilizzano oltre 120 miliardi di litri d’acqua ogni anno nelle loro piantagioni. Inoltre, per preservare le piante dagli insetti, l‘industria tradizionale fa largo uso di pesticidi che immettono nel terreno e nelle falde acquifere alte quantità di veleni. Poi c’è il tema della tintura, che presenta tracce di metalli pesanti che, come è noto, sono altamente inquinanti e cancerogeni.
I numeri (negativi) della moda
Naturalmente, i blue jeans non sono l’unico capo sotto accusa. Come qui su Impact abbiamo ricordato spesso, è tutta l’industria della moda nel suo complesso, infatti, ad avere un metodo produttivo insostenibile. Oggi è la seconda più inquinante al mondo. Sembra difficile da credere, ma ogni anno si riversano negli oceani oltre 500mila tonnellate di microfibre, pari a più di 50 miliardi di bottiglie di plastica. In Italia consumiamo 14,6 kg di abiti all’anno, di questi neppure il 5% riesce a essere smaltito.
Le cattive abitudini di chi indossa i jeans
La ricerca di Visual Meta che ha sondato le abitudini di 125 partecipanti di età compresa tra i 25 e 35 anni ha rivelato che il 79% degli intervistati non compra jeans di seconda mano e solamente il 7,3 per cento conserva lo stesso paio di jeans per almeno 10 anni.
Non siate fashion victim!
Insomma, bisogna boicottare i jeans? Riporli una volta per tutti nell’armadio con la naftalina? Assolutamente no perché, come ricorda l’infografica, l’importante è essere consumatori attenti. Occorre optare per le industrie che operano nel modo più sostenibile possibile in tutte le tappe della filiera, dal rispetto dei coltivatori a quello delle terre fino ai processi di lavorazione tessile. Tutti questi passaggi devono avere meno “chimica” possibile (pesticidi, colori tossici, detersivi, ecc…).
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E poi bisogna anche voler bene ai propri jeans: lavarli solo quando è strettamente necessario, tenerli con cura, evitare di sostituirli troppo in fretta. Perché, come si ricordava poco sopra, la particolarità della stoffa è quella di essere altamente resistente e di fare una bella figura soprattutto quando è vissuta: invece di comprare jeans che abbiano già un aspetto rovinato o di tagliuzzarli inseguendo le mode del momento, meglio usarli per più stagioni, consumarli in prima persona indossandoli il più possibile. Solo così si riscopre il fascino autentico del jeans e, forse, anche ciò che per generazioni hanno simboleggiato.