Pare impossibile, eppure nel 2019 l’acqua sporca è ancora la prima causa di mortalità infantile in diverse zone del mondo. Uccide circa 5.000 bambini al giorno
“L’acqua sporca è ancora la prima causa di mortalità infantile in diverse zone del mondo. Uccide circa 5.000 bambini al giorno. Sono più di 2 miliardi coloro che non hanno accesso a fonti pulite e rischiano di ammalarsi di malaria o infezioni intestinali. GratzUp (qui il sito) nasce con l’intento di risolvere, almeno in parte, questo problema”. Parola del suo chief communication officer, Riccardo Leonardi.
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I due cofounders, Mauro Gazzelli (CEO) e Shairin Sihabdeen si trovavano in un bar di Losanna, nel 2014, quando hanno avuto l’intuizione di creare un piccolo ma rivoluzionario strumento, di bell’aspetto e facile utilizzo. E per non dimenticarsene, lo scarabocchiarono su un pezzo di carta di fortuna.
Si tratta della prima bozza di GBottle: una borraccia che autosterilizza l’acqua contaminata in una ventina di minuti, a contatto con qualsiasi fonte di calore. Si può utilizzare ovunque e non contiene alcun tipo di agente chimico.
Da una borraccia… al primo impianto
«I primi prototipi non erano affatto belli, anzi. Ci è voluto un anno per arrivare al numero 10, il “nostro ragazzo” – afferma il CEO di GratzUp, Mauro Gazzelli – dopo vari test effettuati dall’Università Cattolica avevamo capito di avere per le mani qualcosa di rivoluzionario e molto importante”.
GBottle funziona in maniera semplicissima. Anzitutto, si riempie con mezzo litro di acqua contaminata. All’interno della borraccia in acciaio inox sono inserite due valvole: una di sicurezza e una di esercizio (proprio come quelle di una moka). Qui, attraverso un trasferimento di calore con tecnologia ad induzione 3D (brevettata da GratzUp), l’acqua raggiunge i 138 gradi e mezzo, e una pressione di 3.5 bar per 120 secondi, compiendo un ciclo di sterilizzazione.
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Successivamente, entra in funzione un sistema di raffreddamento, che permette all’acqua trattata di tornare a temperatura ambiente ed essere pronta all’uso. Tramite un microchip, inserito all’interno del tappo, l’utilizzatore sarà avvisato al termine del ciclo. All’estremità di GBottle, in alto, si possono fissare diverse applicazioni, al fine di renderla un biberon, per i piccolissimi, o una comune bottiglia. Questa innovativa invenzione ha la capacità di compiere fino a 10.000 cicli di sterilizzazione. Ma niente paura, perché può essere riutilizzata dopo aver effettuato la dovuta manutenzione.
Lo stesso procedimento di GBottle viene messo a punto anche da GTank, che può contenere 10 litri d’acqua. Entrambi i prodotti, anche questi completamente sterilizzabili, sono firmati dal designer italiano Giulio Iacchetti, che, durante la conferenza di presentazione, ha dichiarato: “A un designer capita raramente la possibilità di progettare qualcosa che concretamente possa essere uno strumento di sopravvivenza. Ma quando ti capita, ti tocca a fondo. E, poi, se una cosa è bella, la si utilizza anche più volentieri”.
Come funziona il sistema di Gratzup
«Il primo test di GBottle lo abbiamo effettuato in Rwanda nel 2018, con un fornello a gas. Ha funzionato e da quel momento non ci siamo più fermati. In un anno siamo arrivati a progettare il primo impianto a pannelli solari, in grado di sterilizzare l’acqua necessaria per gli alunni di una scuola e i pazienti di un ospedale: GPlant – spiega il CEO – l’impianto è modulare e trasportabile con un camion, che può posizionarlo ovunque vi sia necessità».
GPlant è in grado di sterilizzare, in media, 1.000 litri di acqua al giorno grazie ai pannelli fotovoltaici e, oltretutto, la sua manutenzione è a prova di bambino, data la facilità di sostituzione degli elementi con cui è stato progettato. Grazie all’intelligenza artificiale, l’impianto è in grado di quantificare il numero di cicli avvenuti all’interno di ogni contenitore e trasmettere i dati via internet.
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Sfruttando la connessione presente può, inoltre, trasformarsi in un hot spot e offrire prese di ricarica per dispositivi portatili.
Un’invenzione completamente ecosostenibile che, grazie ai pannelli fotovoltaici (molto più grandi di quelli per uso domestico) utilizza l’energia solare a scopo umanitario.
Dal Rwanda al resto del mondo
“Il Rwanda per noi è soltanto un punto di partenza – continua Gazzelli – stiamo per avviare lì i nostri primi due impianti a pannelli solari. Quello che ci auspichiamo è che la nostra tecnologia arrivi anche nel resto del mondo, dove ce ne è bisogno“.
Durante il viaggio di GratzUp c’è stata una figura chiave che ha reso possibile l’aiuto alla società rwandese: il sacerdote Padre Patrice Nitrushwa. Su suo invito, la startup ha sperimentato e e implementato l’idea nel paese africano. Nel 2018, GratzUp, il governo rwandese e la diocesi di Byumba hanno firmato un memorandum per l’installazione dei due impianti, partendo da un progetto pilota (che sarà monitorato dalla un team di biologi dell’ Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza).
Al termine del test, è già pronto un piano di installazione su larga scala non solo in Rwanda ma anche in Tanzania, Etiopia, Egitto e Indonesia.