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Per massimizzare il tasso di conversione è importante conoscere le preferenze degli utenti. Ma l’analisi quantitativa non basta.
La Digital Disruption ha cambiato il modo di fare impresa. Le aziende, complice il digitale, si sono trovate improvvisamente esposte a una piazza “virtuale”, senza più alcuna barriera a separarle dal loro pubblico. Per la prima volta la voce dell’audience ha cominciato a “tornare indietro”, a volte soddisfatta, a volte scontenta e con richieste ben precise.
Come parte di una comunità, i brand devono quindi rendere operativo il loro ruolo mettendo al centro i bisogni degli stakeholders perché con la disintermediazione e la socializzazione della comunicazione la realtà e la sua percezione vengono costruite collettivamente.
In questa realtà “raccontata” il marchio non si valuta bensì si preferisce in base alla connessione emotiva che riesce a creare con i suoi interlocutori: questo significa saper cogliere gli interessi di chi ascolta, interpretarli e soddisfarli attraverso la costruzione di contenuti narrativi che abbiano un valore e un’utilità per chi ne fruisce.
Creare contenuti personalizzati: King-Size vs One-Size
Sappiamo però che è difficile creare un’unica narrazione statica in grado di influenzare un vasto pubblico in un modo “specifico”. Mentre fino a poco tempo fa il compito del pubblicitario era rendere la verità di marca “più bella possibile”, la vera sfida di oggi è renderla il “più pertinente possibile”. Cosa si intende?
Fino a pochi anni fa, per costruire l’esperienza del consumatore, si ricorreva a un’unica storia nella speranza che avvincesse milioni di persone. Ma ognuno degli utenti a cui si rivolge il marchio si trova ad avere gusti diversi: un unico messaggio King-Size può andar bene a tutti?
La chiave sta nella differenziazione e al giorno d’oggi, in cui tutti hanno qualcosa da dire, è la storia che parla al cuore del singolo quella che fa la differenza.
Marketing che converte: l’Intelligenza Artificiale, una valida alleata
Avete mai provato a chiedere a Siri, l’assistente digitale della Apple, di raccontarvi una storia? La scelta ricadrà su quella del suo ingresso in Apple come “umile assistente”. Adesso gli assistenti digitali usano risposte preconfezionate ma stanno diventando sempre più intelligenti.
E se un giorno potessero creare le loro storie su ciò che sanno su di noi? E di dati ne hanno parecchi a disposizione. In quel caso quale sarebbe la nostra reazione? Dire “effetto wow” sarebbe poco. Saremmo in preda a quella che viene definita “sospensione dell’incredulità”, grati al marchio che ci sta facendo vivere quell’esperienza unica.
Ma noi già adesso con l’Intelligenza Artificiale e i dati che raccoglie possiamo creare milioni di storie uniche su misura per ogni singolo utente e garantirgliele al momento giusto del suo customer journey.
Questo è possibile con la Content Intelligence, ovvero l’Intelligenza Artificiale applicata ai contenuti.
Cos’è un sistema DAM (Digital Asset management) e come può aiutarti
Prendiamo ad esempio THRON, il DAM Intelligente. I suoi motori AI, grazie a potenti algoritmi che classificano i contenuti, riescono ad associarli a chi li ha visualizzati. In questo modo si ha un dataset che consente di identificare le opportunità per i clienti e determinare il modo migliore per comunicare con loro su più canali e dispositivi. L’AI di THRON, dopo aver riconosciuto gli interessi di ciascun utente, crea proposte personalizzate automatizzando la scelta del contenuto giusto da proporre.
Se su un sito di un negozio di animali navigano due utenti con gusti differenti (uno ama i cani, l’altro i gatti), man mano che sono online, l’AI di THRON acquisisce informazioni sulle loro preferenze e propone automaticamente a uno articoli, immagini, eventi relativi ai cani, mentre all’altro quelli relativi ai gatti.
E questo è il punto di partenza per creare storie che realmente risuonino con le persone. Ma per farlo, non bisogna dimenticarsi di integrare i dati raccolti dalla CI al CRM in modo da avere un profilo clienti completo: con informazioni costantemente aggiornate (per esempio comportamenti, contesto, transazioni, interazioni etc.) riusciamo a dar vita a storie uniche che sono profondamente legate all’identità di una singola persona. E a quel punto l’engagement raggiungerà vette stratosferiche.