La società fondata da David Clementoni, della nota famiglia di industriali, ribalta il paradigma della delocalizzazione e punta sugli artigiani del territorio
Di sé, dice di non sembrare italiano (e ha ragione) e di essere un imprenditore atipico. E in effetti, con quell’aspetto da rocker e la chioma fino alle spalle non si può dire che gli manchi il physique du rôle.
David Clementoni, figlio d’arte e ceo di Italian Artisan, intepreta il ruolo di manager con qualche licenza poetica. “Formalmente’ non potevo tenere i capelli lunghi nelle aziende precedenti” – raccontava in un’intervista qualche anno fa. Ora che il capo è lui, la musica è cambiata.
L’idea alla base della sua scommessa è mettere in contatto designer internazionali con le piccole botteghe artigiane italiane – e più sono minuscole, meglio è –, ed entrambi con i distributori. Il focus, in questo caso è la produzione. Un’inversione di paradigma. Proviamo a capire perché.
Aggredire l’Oceano Blu lasciato libero dalla concorrenza
Sui prodotti Apple scrive “designed in California”, realizzandoli poi in Estremo Oriente. Si vende il progetto, non la realizzazione.
Da noi non funziona troppo diversamente: non sono pochi i brand nostrani – quasi tutti, per la verità – che producono all’estero, lasciando in Italia solo le rifiniture. Tutto questo per poter apporre la dicitura “Made in Italy”, che consente di vendere di più e strappare prezzi più alti.
Ma chi avrebbe mai scommesso su un business online volto a far realizzare nella Penisola prodotti pensati al di fuori dei confini nazionali? Perché funziona pressappoco così: un designer australiano carica gli schizzi sulla piattaforma, sceglie un artigiano – mettiamo – di Arezzo, e lo fa realizzare comunicando con lui tramite web. Semplice.
Il ritorno ai valori tradizionali è il nuovo lusso
La società nasce nel 2015 da questo ragionamento, e cerca di sfruttare l’Oceano Blu lasciato libero dagli altri business online, valorizzando al contempo il territorio.
Clementoni ha avuto l’intuizione, la storia dirà se avrà ragione. Ma l’idea c’è, ed è premiata nei giorni a Sofia (Bulgaria) come Best European Startup in the Fashion category agli StartUp Europe Awards (SEUA). Il premio è stato organizzato dalla Commissione Europea e dalla Finnova Foundation in collaborazione con StartupEurope.
Il CEO ha dedicato il riconoscimento alle piccole e medie imprese italiane. “In un’era digitale – dice – in cui l’innovazione corre sui binari dell’intelligenza artificiale e della clonazione umana, il ritorno ai valori tradizionali è il nuovo lusso”. Non si può dargli torto.